Vecchio rito, stop alle celebrazioni non autorizzate

Saranno i vescovi a consentire l’uso del messale del 1962 verificando caso per caso

rito

A 13 anni di distanza dal motu proprio con cui Benedetto XVI autorizzava una «più ampia possibilità dell’uso del Messale del 1962», Papa Francesco revoca tale disposizione a causa degli abusi che nelle singole diocesi ne sono scaturiti e dispone che siano i singoli vescovi diocesani a stabilire l’opportunità di mantenere gruppi e parrocchie che celebrano con il rito preconciliare, senza autorizzarne di nuovi. Le disposizioni sono contenute nel motu proprio “Traditionis Custodes” che il Papa ha accompagnato con una lunga lettera all’episcopato mondiale.

Una concessione spesso strumentalizzata

Dopo aver ricordato i motivi che avevano spinto i suoi predecessori a concedere l’utilizzo del Messale Romano in uso prima della riforma liturgica del 1970, Francesco spiega di avere “incaricato la Congregazione per la Dottrina della Fede di inviarVi un questionario sull’applicazione del Motu proprio Summorum Pontificum. Le risposte pervenute hanno rivelato una situazione che mi addolora e mi preoccupa, confermandomi nella necessità di intervenire.

Purtroppo, l’intento pastorale dei miei Predecessori, i quali avevano inteso «fare tutti gli sforzi, affinché a tutti quelli che hanno veramente il desiderio dell’unità, sia reso possibile di restare in quest’unità o di ritrovarla nuovamente» (il riferimento è allo scisma di mons. Lefebvre, ndr), è stato spesso gravemente disatteso. Una possibilità offerta da san Giovanni Paolo II e con magnanimità ancora maggiore da Benedetto XVI al fine di ricomporre l’unità del corpo ecclesiale nel rispetto delle varie sensibilità liturgiche è stata usata per aumentare le distanze, indurire le differenze, costruire contrapposizioni che feriscono la Chiesa e ne frenano il cammino, esponendola al rischio di divisioni”.

Il dolore per gli abusi nelle celebrazioni dopo la riforma

Il Papa però si sofferma anche sugli abusi che vengono perpetrati nelle celebrazioni con rito post conciliare: “Mi addolorano allo stesso modo gli abusi di una parte e dell’altra nella celebrazione della liturgia. Al pari di Benedetto XVI, anch’io stigmatizzo che «in molti luoghi non si celebri in modo fedele alle prescrizioni del nuovo Messale, ma esso addirittura venga inteso come un’autorizzazione o perfino come un obbligo alla creatività, la quale porta spesso a deformazioni al limite del sopportabile». Ma non di meno mi rattrista un uso strumentale del Missale Romanum del 1962, sempre di più caratterizzato da un rifiuto crescente non solo della riforma liturgica, ma del Concilio Vaticano II, con l’affermazione infondata e insostenibile che abbia tradito la Tradizione e la “vera Chiesa”.

Il S. Padre si rifà proprio al Concilio Vaticano II che “illumina il senso della scelta di rivedere la concessione permessa dai miei Predecessori. Tra i “vota” che i Vescovi hanno indicato con più insistenza emerge quello della piena, consapevole e attiva partecipazione di tutto il Popolo di Dio alla liturgia”. Allo stesso tempo, sottolinea il Papa, “chi volesse celebrare con devozione secondo l’antecedente forma liturgica non stenterà a trovare nel Messale Romano riformato secondo la mente del Concilio Vaticano II tutti gli elementi del Rito Romano, in particolare il canone romano, che costituisce uno degli elementi più caratterizzanti”.

Una spinta alla divisione

C’è un altro motivo che ha spinto il Papa a prendere questa decisione per limitare l’uso del vecchi rito: “È sempre più evidente nelle parole e negli atteggiamenti di molti la stretta relazione tra la scelta delle celebrazioni secondo i libri liturgici precedenti al Concilio Vaticano II e il rifiuto della Chiesa e delle sue istituzioni in nome di quella che essi giudicano la “vera Chiesa”. Si tratta di un comportamento che contraddice la comunione, alimentando quella spinta alla divisione”.


Pertanto, “è per difendere l’unità del Corpo di Cristo che mi vedo costretto a revocare la facoltà concessa dai miei Predecessori. L’uso distorto che ne è stato fatto è contrario ai motivi che li hanno indotti a concedere la libertà di celebrare la Messa con il Missale Romanum del 1962. Poiché «le celebrazioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è “sacramento di unità”», devono essere fatte in comunione con la Chiesa”.

Abrogate le disposizioni precedenti

Il Papa, quindi, comunica che “rispondendo alle vostre richieste, prendo la ferma decisione di abrogare tutte le norme, le istruzioni, le concessioni e le consuetudini precedenti al presente Motu Proprio, e di ritenere i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, come l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano. San Paolo VI, ricordando che l’opera di adattamento del Messale Romano era già stata iniziata da Pio XII, dichiarò che la revisione del Messale Romano, condotta alla luce delle più antiche fonti liturgiche, aveva come scopo di permettere alla Chiesa di elevare, nella varietà delle lingue, «una sola e identica preghiera» che esprimesse la sua unità. Questa unità intendo che sia ristabilita in tutta la Chiesa di Rito Romano.

La corresponsabilità dei vescovi

Francesco poi chiede la collaborazione di tutti i vescovi: “Mentre, nell’esercizio del mio ministero al servizio dell’unità, assumo la decisione di sospendere la facoltà concessa dai miei Predecessori, chiedo a Voi di condividere con me questo peso come forma di partecipazione alla sollecitudine per tutta la Chiesa. Nel Motu proprio ho voluto affermare come spetti al Vescovo, quale moderatore, promotore e custode della vita liturgica nella Chiesa di cui è principio di unità, regolare le celebrazioni liturgiche. Spetta perciò a Voi autorizzare nelle vostre Chiese, in quanto Ordinari del luogo, l’uso del Messale Romano del 1962, applicando le norme del presente Motu proprio.

Le possibili autorizzazioni al vecchio rito

Spetta soprattutto a Voi operare perché si torni a una forma celebrativa unitaria, verificando caso per caso la realtà dei gruppi che celebrano con questo Missale Romanum. Le indicazioni su come procedere nelle diocesi sono principalmente dettate da due principi: provvedere da una parte al bene di quanti si sono radicati nella forma celebrativa precedente e hanno bisogno di tempo per ritornare al Rito Romano promulgato dai santi Paolo VI e Giovanni Paolo II; interrompere dall’altra l’erezione di nuove parrocchie personali, legate più al desiderio e alla volontà di singoli presbiteri che al reale bisogno del «santo Popolo fedele di Dio».

Vigilanza

Al contempo – conclude il Papa – Vi chiedo di vigilare perché ogni liturgia sia celebrata con decoro e fedeltà ai libri liturgici promulgati dopo il Concilio Vaticano II, senza eccentricità che degenerano facilmente in abusi. A questa fedeltà alle prescrizioni del Messale e ai libri liturgici, in cui si rispecchia la riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II, siano educati i seminaristi e i nuovi presbiteri”.