Il Papa a Mosul: “La pace è più forte della guerra”

“Crudele che questo Paese, culla di civiltà, sia stato colpito da una tempesta così disumana”

Il Papa libera una colomba a Mosul ©️Vatican Media

Erbil è stata la prima tappa del penultimo giorno di Papa Francesco in Iraq. Questa mattina ha lasciato la Nunziatura Apostolica ed è partito da Baghdad a bordo di un aereo delle linee Iraqi Airways.

Al suo arrivo a Erbil il Papa è stato accolto dall’arcivescovo di Erbil dei Caldei, monsignor Bashar Matti Warda, dall’arcivescovo di Hadiab-Erbil dei Siri, monsignor Nizar Semaan, dal Presidente della Regione Autonoma del Kurdistan Iracheno Nechirvan Barzani, dal Primo Ministro Masrour Barzani e da alcune autorità civili e religiose.

Dopo un breve incontro nella Presidential VIP Lounge dell’aeroporto, Papa Francesco si è trasferito in elicottero da Erbil a Mosul. Ad accoglierlo l’Arcivescovo di Mosul e Aqra dei Caldei, monsignor Najeeb Michaeel, O.P., e il Governatore di Mosul. In auto ha poi raggiunto Hosh-al-Bieaa, la piazza delle quattro chiese (siro-cattolica, armeno-ortodossa, siro-ortodossa e caldea) distrutte tra il 2014 e il 2017 dagli attacchi terroristici, per la preghiera di suffragio per le vittime della guerra.


Questo il saluto del Papa dopo le testimonianze di un sacerdote, padre Raid Kallo, e di un sunnita, Gutayba Aagha:

“Cari fratelli e sorelle, cari amici! Ringrazio l’Arcivescovo Najeeb Michaeel per le sue parole di benvenuto e sono particolarmente grato a Padre Raid Kallo e al Sig. Gutayba Aagha per le loro toccanti testimonianze. Grazie tante, Padre Raid. Lei ci ha raccontato dello sfollamento forzato di molte famiglie cristiane dalle loro case. Il tragico ridursi dei discepoli di Cristo, qui e in tutto il Medio Oriente, è un danno incalcolabile non solo per le persone e le comunità interessate, ma per la stessa società che si lasciano alle spalle. In effetti, un tessuto culturale e religioso così ricco di diversità è indebolito dalla perdita di uno qualsiasi dei suoi membri, per quanto piccolo. Come in uno dei vostri tappeti artistici, un piccolo filo strappato può danneggiare l’insieme.

Lei, Padre, ha parlato anche dell’esperienza fraterna che vive con i musulmani, dopo essere ritornato a Mosul. Lei ha trovato accoglienza, rispetto, collaborazione. Grazie, Padre, per aver condiviso questi segni che lo Spirito fa fiorire nel deserto e per averci indicato che è possibile sperare nella riconciliazione e in una nuova vita. Signor Aagha, Lei ci ha ricordato che la vera identità di questa città è quella della convivenza armoniosa tra persone di origini e culture diverse. Per questo, accolgo con grande favore il suo invito alla comunità cristiana a tornare a Mosul e ad assumere il ruolo vitale che le è proprio nel processo di risanamento e di rinnovamento.

Oggi eleviamo le nostre voci in preghiera a Dio Onnipotente per tutte le vittime della guerra e dei conflitti armati. Qui a Mosul le tragiche conseguenze della guerra e delle ostilità sono fin troppo evidenti. Com’è crudele che questo Paese, culla di civiltà, sia stato colpito da una tempesta così disumana, con antichi luoghi di culto distrutti e migliaia e migliaia di persone – musulmani, cristiani, yazidi e altri – sfollati con la forza o uccisi! Oggi, malgrado tutto, riaffermiamo la nostra convinzione che la fraternità è più forte del fratricidio, che la speranza è più forte della morte, che la pace è più forte della guerra. Questa convinzione parla con voce più eloquente di quella dell’odio e della violenza; e mai potrà essere soffocata nel sangue versato da coloro che pervertono il nome di Dio percorrendo strade di distruzione”.