Così si possono conciliare lavoro e preghiera

La catechesi del S. Padre durante l’udienza nel cortile di San Damaso

Lavoro e preghiera
© Vatican Media

“Perseverare nell’amore” è stato il tema della meditazione del S. Padre che durante l’udienza generale che si è svolta questa mattina nel cortile di S. Damaso ha continuato il suo ciclo di catechesi sulla preghiera, che, come ha annunciato lui stesso, si concluderà la prossima settimana. Perché è importante la perseveranza nella preghiera, pur in mezzo alle mille occupazioni quotidiane? Come è possibile pregare sempre? E come è possibile conciliare lavoro e preghiera? Basta anche un pensiero rivolto a Dio perché “la preghiera è il respiro di tutto” dice il Papa. Ecco il testo completo del suo discorso:

Cari fratelli e sorelle, buongiorno! In questa penultima catechesi sulla preghiera parliamo della perseveranza nel pregare. È un invito, anzi, un comando che ci viene dalla Sacra Scrittura. L’itinerario spirituale del Pellegrino russo comincia quando si imbatte in una frase di San Paolo nella Prima Lettera ai Tessalonicesi: «Pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie». La parola dell’Apostolo colpisce quell’uomo ed egli si domanda come sia possibile pregare senza interruzione, dato che la nostra vita è frammentata in tanti momenti diversi, che non sempre rendono possibile la concentrazione. Da questo interrogativo comincia la sua ricerca, che lo condurrà a scoprire quella che viene chiamata la preghiera del cuore.

Respiro della vita

Lavoro e preghiera
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Essa consiste nel ripetere con fede: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore!”. Una semplice preghiera, ma molto bella. Una preghiera che, a poco a poco, si adatta al ritmo del respiro e si estende a tutta la giornata. In effetti, il respiro non smette mai, nemmeno mentre dormiamo; e la preghiera è il respiro della vita. Come è dunque possibile custodire sempre uno stato di preghiera? Il Catechismo ci offre bellissime citazioni, tratte dalla storia della spiritualità, che insistono sulla necessità di una preghiera continua, che sia il fulcro dell’esistenza cristiana. Ne riprendo alcune.

Afferma il monaco Evagrio Pontico: «Non ci è stato comandato di lavorare, di vegliare e di digiunare continuamente – no, questo non è stato domandato -, mentre la preghiera incessante è una legge per noi». Il cuore in preghiera. C’è dunque un ardore nella vita cristiana, che non deve mai venire meno. È un po’ come quel fuoco sacro che si custodiva nei templi antichi, che ardeva senza interruzione e che i sacerdoti avevano il compito di tenere alimentato. Ecco: ci deve essere un fuoco sacro anche in noi, che arda in continuazione e che nulla possa spegnere. E non è facile, ma deve essere così.

Pregare è sempre possibile

San Giovanni Crisostomo, un altro pastore attento alla vita concreta, predicava così: «Anche al mercato o durante una passeggiata solitaria è possibile fare una frequente e fervorosa preghiera. È possibile pure nel vostro negozio, sia mentre comperate sia mentre vendete, o anche mentre cucinate». Piccole preghiere: “Signore, abbi pietà di noi”, “Signore, aiutami”. Dunque, la preghiera è una sorta di rigo musicale, dove noi collochiamo la melodia della nostra vita. Non è in contrasto con l’operosità quotidiana, non entra in contraddizione con i tanti piccoli obblighi e appuntamenti, semmai è il luogo dove ogni azione ritrova il suo senso, il suo perché, e la sua pace.

Certo, mettere in pratica questi principi non è facile. Un papà e una mamma, presi da mille incombenze, possono sentire nostalgia per un periodo della loro vita in cui era facile trovare tempi cadenzati e spazi di preghiera. Poi, i figli, il lavoro, le faccende della vita famigliare, i genitori che diventano anziani… Si ha l’impressione di non riuscire mai ad arrivare in capo a tutto. Allora fa bene pensare che Dio, nostro Padre, il quale deve occuparsi di tutto l’universo, si ricorda sempre di ognuno noi. Dunque, anche noi dobbiamo sempre ricordarci di Lui!

L’importanza del lavoro

Possiamo poi ricordare che nel monachesimo cristiano è sempre stato tenuto in grande onore il lavoro, non solo per il dovere morale di provvedere a sé stessi e agli altri, ma anche per una sorta di equilibrio, un equilibrio interiore: è rischioso per l’uomo coltivare un interesse talmente astratto da perdere il contatto con la realtà. Il lavoro ci aiuta a rimanere in contatto con la realtà. Le mani giunte del monaco portano i calli di chi impugna badile e zappa. Quando, nel Vangelo di Luca, Gesù dice a Santa Marta che la sola cosa veramente necessaria è ascoltare Dio, non vuol affatto disprezzare i molti servizi che lei stava compiendo con tanto impegno.

Preghiera e lavoro

Nell’essere umano tutto è “binario”: il nostro corpo è simmetrico, abbiamo due braccia, due occhi, due mani… Così anche il lavoro e la preghiera sono complementari. La preghiera – che è il “respiro” di tutto – rimane come il sottofondo vitale del lavoro, anche nei momenti in cui non è esplicitata. È disumano essere talmente assorbiti dal lavoro da non trovare più il tempo per la preghiera.


Nello stesso tempo, non è sana una preghiera che sia aliena dalla vita. Una preghiera che ci aliena dalla concretezza del vivere diventa spiritualismo, oppure, peggio, ritualismo. Ricordiamo che Gesù, dopo aver mostrato ai discepoli la sua gloria sul monte Tabor, non volle prolungare quel momento di estasi, ma scese con loro dal monte e riprese il cammino quotidiano. Perché quella esperienza doveva rimanere nei cuori come luce e forza della loro fede; anche una luce e forza per i giorni che sarebbero stati prossimi venturi: quelli della Passione.

Fede, vita e preghiera

Così, i tempi dedicati a stare con Dio ravvivano la fede, la quale ci aiuta nella concretezza del vivere, e la fede, a sua volta, alimenta la preghiera, senza interruzione. In questa circolarità fra fede, vita e preghiera, si mantiene acceso quel fuoco dell’amore cristiano che Dio si attende da ciascuno di noi. E ripetiamo la preghiera semplice che è tanto bello ripetere durante il giorno, tutti insieme: “Signore Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore”.

I saluti in italiano

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai giovani comunicatori che hanno aderito all’iniziativa del Dicastero per la Comunicazione, ai ragazzi del gruppo “Contatto” di Torino, ai ragazzi di Grottaferrata che hanno raccolto fondi per i vaccini ai più bisognosi, agli studenti della Regione Abruzzo che hanno partecipato al concorso sul presepe. Dopodomani celebreremo la Solennità del Sacro Cuore di Gesù, nel quale l’amore di Dio s’è fatto incontro all’intera umanità. Invito ciascuno di voi a guardare con fiducia al Sacro Cuore di Gesù e a ripetere spesso, soprattutto durante questo mese di giugno: Gesù mite e umile di cuore, trasforma i nostri cuori ed insegnaci ad amare Dio e il prossimo con generosità. Il mio pensiero va infine, come di consueto, agli anziani, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Il Cuore di Cristo, fonte dell’amore che ha redento il mondo, vi accompagni e vi sostenga sempre. A tutti la mia Benedizione.