“Lo sport è uno dei fattori che ci fa sentire un popolo solo”

Messaggio del Papa per il centenario del Corriere dello Sport-Stadio

Vatican News

Il Papa rievoca i suoi ricordi d’infanzia, volando con la mente in Argentina «quando da bambini giocavamo a calcio con un pallone di stracci» e pensando a tanti campioni che hanno iniziato così. Sottolinea quanto sia bello vivere il senso di fratellanza: “si gioca, si gioca insieme, e si sa che in campo siamo solo avversari, mai nemici”.

Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio che il Santo Padre Francesco ha inviato al Corriere dello Sport-Stadio in occasione del centenario dalla fondazione:

Messaggio del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle,

Auguri! Cento anni sono un traguardo importante, un bel trofeo da mettere nella vostra bacheca! Più grande ancora di quello per la tiratura di due milioni di copie vendute in occasione della vittoria dell’Italia ai mondiali di calcio del 2006! Avete fatto una bella corsa in questi cento anni: del resto, tra coloro che hanno contribuito alla nascita del giornale c’era un certo Enzo Ferrari, che si intendeva di motori e di vittorie!

Ringrazio il Direttore Ivan Zazzaroni per avermi inviato una bella lettera parlando del centenario del giornale, e mi fa piacere essere vicino a voi in questo giorno di festa.

Se penso allo sport, e alla mia patria, l’Argentina, prima ancora che pensare ai grandi impianti calcistici, come la Bombonera, penso a quando da bambini si giocava a calcio con una palla fatta di stracci. Tanti campioni hanno iniziato così, giocando con gli amici in modo spensierato in campi improvvisati tra le case, anche in contesti molto poveri. Quanto è bello sperimentare il senso della fraternità: si gioca, e si gioca insieme, e si sa che si è avversari soltanto sul campo, mai nemici. Si impara la gioia per la vittoria e si conosce il sudore e l’impegno che sono costati, si impara anche dalla sconfitta, cercando di rialzarsi e di far tesoro degli errori commessi per provare a superarli la prossima volta, o semplicemente ad accettare la propria diversità e il proprio limite: siamo tutti preziosi ed unici, ma non siamo perfetti.

Qualcuno dice che io sia tifoso del San Lorenzo, una squadra argentina: rimane un segreto, però una cosa mi pare bella nella storia di quella squadra. Quando i ragazzi che giocavano in strada all’inizio del novecento erano in cerca di uno spazio sicuro dove poter giocare a calcio, un sacerdote discendente di italiani, un salesiano, don Lorenzo Massa, aprì le porte dell’oratorio, e lì inizio una bella avventura. Abbiamo bisogno anche oggi di spazi per poter fare sport, soprattutto nei contesti più poveri ed isolati, ma soprattutto abbiamo bisogno di adulti che accolgano in modo autentico i bambini e i ragazzi, sappiano ascoltare i loro sogni, desiderino insieme a loro un futuro migliore. Pensiamo anche qui in Italia quanto bene è stato fatto tramite i campi delle parrocchie e degli oratori, e quanti giovani ora campioni dello sport spesso ricordino di aver iniziato dai campi della parrocchia.


Il vostro giornale ha lunga storia, e nella sua intenzione intende abbracciare tutta l’Italia, per gli eventi sportivi che la riguardano all’interno dei confini e all’estero: lo sport è uno dei fattori che ci fa sentire un popolo solo, come quando ci si alza per cantare l’inno, a casa, allo stadio o nei palazzetti dello sport. Quanto è importante camminare uniti, sentirsi parte di una unica famiglia, e di una famiglia di nazioni durante le olimpiadi o i campionati mondiali o continentali: in questi anni troppo spesso abbiamo visto ancora popoli vicini, o gruppi all’interno di medesimi paesi, alzarsi gli uni contro gli altri armati. La competizione dello sport è sana, perché chiede pazienza, ascolto dell’allenatore, rispetto per gli avversari, per le regole e per gli arbitri, coordinamento con i compagni: nel mondo invece spesso si mira alla distruzione dell’avversario, al farsi le regole da soli, a rifiutare chi vuole moderare il confronto tra le parti secondo il diritto internazionale. Diffondere una sana cultura dello sport in questo senso significa far crescere l’umanità nei suoi valori più belli e autentici e per questo vi ringrazio.

Per quanto purtroppo anche negli ultimi anni abbiamo assistito ad episodi di intolleranza, che vanno condannati, sono certo che siano molti di più gli esempi in cui nello sport si è stati capaci di “fare squadra”, senza che la razza, il ceto, o la confessione religiosa siano ostacoli o barriere: vi incoraggio a favorire questo clima di umanità autentica ed accogliente. Dobbiamo respingere ogni logica di esclusione e violenza, e per questo sappiamo bene che la parola ha il suo valore, per educare al bene e al bello, piuttosto che distruggere. Un articolo di giornale, anche sportivo, può fare molto bene, ma può anche danneggiare o fomentare un clima di sfiducia: voi non siate così però, mi raccomando!

A proposito di accoglienza e promozione umana integrale: soltanto per questioni organizzative non è possibile vivere in contemporanea le Olimpiadi e le Paralimpiadi. Nelle recenti edizioni a Parigi abbiamo gioito per tanti successi di ragazzi e ragazze incredibili: per alcuni di loro la medaglia d’oro l’aveva data la vita, per come hanno saputo vincere, grazie alla forza interiore e all’aiuto di tutti, le sfide della propria disabilità. Le loro gare sono un inno alla vita! Che il vostro giornale racconti di vittorie e sconfitte, ma sia un modo di pensare e vivere lo sport come un inno alla vita!

Grazie per quello che siete e per quello che fate. Non dimenticatevi di pregare per me.

Roma, San Giovanni in Laterano, 19 ottobre 2024

 

FRANCESCO