Dopo Erbil e Mosul, Papa Francesco ha raggiunto in elicottero Qaraqosh, terza tappa dell’intensa mattinata del suo viaggio in Iraq. Ad accogliere il Santo Padre c’erano l’Arcivescovo di Mosul dei Siri,monsignor Yohanna Petros Moshe, l’Arcivescovo di Baghdad dei Latini, monsignor Jean Benjamin Sleiman, O.C.D., e alcune autorità civili e religiose.
Il Papa ha raggiunto in auto la Chiesa dell’Immacolata Concezione, la più grande del paese, che l’Isis utilizzò come poligono di tiro, al punto che il chiostro è ancora crivellato di colpi.
Il S. Padre ha incontrato la Comunità di Qaraqosh, la più principale dell’Iraq (circa il 90% dei residenti sono cristiani). All’ingresso della chiesa, Sua Beatitudine Ignace Youssif III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri, l’Arcivescovo e il parroco hanno offerto al S. Padre il crocifisso e l’acqua benedetta per l’aspersione, per poi incamminarsi insieme lungo la navata centrale, in una basilica gremita di fedeli e con un servizio di sicurezza imponente.
Dopo il saluto del Patriarca siro-cattolico e le testimonianze di una laica e di un sacerdote, incentrate sul tema del perdono, il Santo Padre ha pronunciato il suo discorso concluso con la recita dell’Angelus. Anche Francesco nelle sue parole ha sottolineato l’importanza del perdono:
“Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Sono grato al Signore per l’opportunità di essere in mezzo a voi questa mattina. Ho atteso con impazienza questo momento. Ringrazio Sua Beatitudine il Patriarca Ignace Youssif Younan per le sue parole di saluto, come pure la signora Doha Sabah Abdallah e padre Ammar Yako per le loro testimonianze. Guardandovi, vedo la diversità culturale e religiosa della gente di Qaraqosh, e questo mostra qualcosa della bellezza che la vostra regione offre al futuro. La vostra presenza qui ricorda che la bellezza non è monocromatica, ma risplende per la varietà e le differenze.
Allo stesso tempo, con grande tristezza, ci guardiamo attorno e vediamo altri segni, i segni del potere distruttivo della violenza, dell’odio e della guerra. Quante cose sono state distrutte! E quanto dev’essere ricostruito! Questo nostro incontro dimostra che il terrorismo e la morte non hanno mai l’ultima parola. L’ultima parola appartiene a Dio e al suo Figlio, vincitore del peccato e della morte. Anche in mezzo alle devastazioni del terrorismo e della guerra, possiamo vedere, con gli occhi della fede, il trionfo della vita sulla morte.
Avete davanti a voi l’esempio dei vostri padri e delle vostre madri nella fede, che hanno adorato e lodato Dio in questo luogo. Hanno perseverato con ferma speranza nel loro cammino terreno, confidando in Dio che non delude mai e che sempre ci sostiene con la sua grazia. La grande eredità spirituale che ci hanno lasciato continua a vivere in voi. Abbracciate questa eredità! Questa eredità è la vostra forza! Adesso è il momento di ricostruire e ricominciare, affidandosi alla grazia di Dio, che guida le sorti di ogni uomo e di tutti i popoli. Non siete soli! La Chiesa intera vi è vicina, con la preghiera e la carità concreta. E in questa regione tanti vi hanno aperto le porte nel momento del bisogno.
Carissimi, questo è il momento di risanare non solo gli edifici, ma prima ancora i legami che uniscono comunità e famiglie, giovani e anziani. Il profeta Gioele dice: “I tuoi figli e le tue figlie profetizzeranno, i tuoi vecchi sogneranno e i tuoi giovani avranno visioni”. Quando gli anziani e i giovani si incontrano, che cosa succede? Gli anziani sognano, sognano un futuro per i giovani; e i giovani possono raccogliere questi sogni e profetizzare, portarli avanti. Quando gli anziani e i giovani si uniscono, preserviamo e trasmettiamo i doni che Dio dà. Guardiamo i nostri figli, sapendo che erediteranno non solo una terra, una cultura e una tradizione, ma anche i frutti vivi della fede che sono le benedizioni di Dio su questa terra.
Vi incoraggio a non dimenticare chi siete e da dove venite! A custodire i legami che vi tengono insieme, a custodire le vostre radici! Sicuramente ci sono momenti in cui la fede può vacillare, quando sembra che Dio non veda e non agisca. Questo per voi era vero nei giorni più bui della guerra, ed è vero anche in questi giorni di crisi sanitaria globale e di grande insicurezza. In questi momenti, ricordate che Gesù è al vostro fianco. Non smettete di sognare! Non arrendetevi, non perdete la speranza! Dal Cielo i santi vegliano su di noi: invochiamoli e non stanchiamoci di chiedere la loro intercessione. E ci sono anche “i santi della porta accanto” «che, vivendo in mezzo a noi, riflettono la presenza di Dio». Questa terra ne ha molti, è una terra di tanti uomini e donne santi. Lasciate che vi accompagnino verso un futuro migliore, un futuro di speranza.
Una cosa che ha detto la Signora Doha mi ha commosso: ha detto che il perdono è necessario da parte di coloro che sono sopravvissuti agli attacchi terroristici. Perdono: questa è una parola chiave. Il perdono è necessario per rimanere nell’amore, per rimanere cristiani. La strada per una piena guarigione potrebbe essere ancora lunga, ma vi chiedo, per favore, di non scoraggiarvi. Ci vuole capacità di perdonare e, nello stesso tempo, coraggio di lottare. So che questo è molto difficile. Ma crediamo che Dio può portare la pace in questa terra. Noi confidiamo in Lui e, insieme a tutte le persone di buona volontà, diciamo “no” al terrorismo e alla strumentalizzazione della religione.
Padre Ammar, ricordando gli orrori del terrorismo e della guerra, ha ringraziato il Signore che vi ha sempre sostenuto nei tempi buoni e in quelli cattivi, nella salute e nella malattia. La gratitudine nasce e cresce quando ricordiamo i doni e le promesse di Dio. La memoria del passato plasma il presente e ci porta avanti verso il futuro. In ogni momento, rendiamo grazie a Dio per i suoi doni e chiediamogli di concedere pace, perdono e fraternità a questa terra e alla sua gente.
Non stanchiamoci di pregare per la conversione dei cuori e per il trionfo di una cultura della vita, della riconciliazione e dell’amore fraterno, nel rispetto delle differenze, delle diverse tradizioni religiose, nello sforzo di costruire un futuro di unità e collaborazione tra tutte le persone di buona volontà. Un amore fraterno che riconosca «i valori fondamentali della nostra comune umanità, valori in nome dei quali possiamo e dobbiamo cooperare, costruire e dialogare, perdonare e crescere».
Mentre arrivavo con l’elicottero, ho visto la statua della Vergine Maria su questa chiesa dell’Immacolata Concezione, e ho affidato a lei la rinascita di questa città. La Madonna non solo ci protegge dall’alto, ma con tenerezza materna scende verso di noi. La sua effigie qui è stata persino ferita e calpestata, ma il volto della Madre di Dio continua a guardarci con tenerezza. Perché così fanno le madri: consolano, confortano, danno vita. E vorrei dire grazie di cuore a tutte le madri e le donne di questo Paese, donne coraggiose che continuano a donare vita nonostante i soprusi e le ferite. Che le donne siano rispettate e tutelate! Che vengano loro date attenzione e opportunità!
E ora preghiamo insieme la nostra Madre, invocando la sua intercessione per le vostre necessità e i vostri progetti. Vi pongo tutti sotto la sua protezione. E vi chiedo, per favore, di non dimenticarvi di pregare per me”.
Il Papa ha donato alla chiesa dell’Immacolata Concezione un’immagine mariana. È un’elegante icona di moderna manifattura, dalla riza in lamina d’argento, copia della veneratissima e miracolosa Madonna Odigitria di Smolensk, che secondo un’antica tradizione sarebbe stata dipinta dallo stesso evangelista san Luca per la comunità cristiana di Antiochia.
Al termine dell’incontro a Qaraqosh il Papa ha raggiunto in auto il Seminario Patriarcale di St. Peter di Erbil per il pranzo in privato.