Ultimo appuntamento a Košice dell’intensa giornata del Papa prima del suo rientro in aereo a Bratislava, dove Francesco cenerà in privato e trascorrerà l’ultima notte in Slovacchia prima del suo ritorno a Roma, domani. Il Pontefice, dopo aver visitato la comunità rom nel distretto Luník IX, ha incontrato i giovani slovacchi riuniti allo Stadio Lokomotiva. Il Papa ha compiuto un giro in papamobile tra i fedeli, poi lo hanno accolto nei pressi del palco il responsabile della Pastorale Giovanile e due giovani. Dopo il canto d’ingresso, l’indirizzo di saluto dell’Arcivescovo di Košice dei latini, mons. Bernard Bober, e la testimonianza di tre giovani seguita da un altro momento musicale, il Pontefice ha pronunciato il suo discorso in cui ha risposto a domande sull’amore di coppia, sulla confessione e sul valore della croce.
Come avvicinare i giovani alla confessione
La prima testimonianza è stata quella di Petra Filová, di Košice, 29 anni, studentessa di educazione religiosa presso la Facoltà di Teologia di Košice, Università Cattolica di Ružomberok. Partecipa attivamente alle attività del Centro Pastorale Universitario di Košice. Ha raccontato come la Confessione sacramentale ha cambiato la sua vita. “Come un giovane dovrebbe superare gli ostacoli sulla via verso la misericordia di Dio?” ha chiesto al Papa.
La bellezza di un amore casto
Peter Lešak, 37 anni, di Brezno. Ha studiato all’Università Matej Bel di Banská Bystrica, come sua moglie Zuzana che ha 36 anni e viene da Zvolen. Hanno tre figlie: Sofia (9 anni), Lujza (7 anni) e Mária Anna (4 anni) e stanno aspettando la nascita di un bambino in questo mese. Peter è attualmente il manager di un’azienda chiamata LAUDATOSI, che si occupa di costruzioni ecologiche. Ha raccontato come durante un pellegrinaggio abbiano compreso il valore di un amore casto. “Come dovremmo sollecitare i giovani a credere nel valore dell’amore casto?” è stata la sua domanda.
Senza paura della croce
Infine, Peter Liška, 33 anni, dentista, e la moglie Lenka, 35 anni, insegnante, vivono a Banská Bystrica, dove si sono trasferiti per lavoro. Hanno tre figli: Eliška (7 anni), Emanuel (5 anni) e Lenka (2 anni). Sono attivamente coinvolti in varie comunità spirituali. Hanno chiesto al S. Padre “come si devono incoraggiare i giovani a non temere di abbracciare la croce nella loro vita?”.
Le risposte del Papa
Ecco le parole del S. Padre: Cari giovani, cari fratelli e sorelle, dobrý večer! [buonasera!] Mi ha dato gioia ascoltare le parole di mons. Bernard, le vostre testimonianze e le vostre domande. Ne avete fatte tre e io vorrei provare a cercare delle risposte con voi. Inizio da Peter e Zuzka, dalla vostra domanda sull’amore nella coppia. L’amore è il sogno più grande della vita, ma non è un sogno a buon mercato. È bello, ma non è facile, come tutte le cose grandi della vita. È il sogno, ma non è un sogno facile da interpretare. Vi rubo una frase: «Abbiamo cominciato a percepire questo dono con occhi totalmente nuovi». Davvero, come avete detto, servono occhi nuovi, occhi che non si lasciano ingannare dalle apparenze.
Non banalizziamo l’amore
Amici, non banalizziamo l’amore, perché l’amore non è solo emozione e sentimento, questo semmai è l’inizio. L’amore non è avere tutto e subito, non risponde alla logica dell’usa e getta. L’amore è fedeltà, dono, responsabilità. La vera originalità oggi, la vera rivoluzione, è ribellarsi alla cultura del provvisorio, è andare oltre l’istinto e oltre l’istante, è amare per tutta la vita e con tutto sé stessi. Non siamo qui per vivacchiare, ma per fare della vita un’impresa. Tutti voi avrete in mente grandi storie, che avete letto nei romanzi, visto in qualche film indimenticabile, sentito in qualche racconto toccante. Se ci pensate, nelle grandi storie ci sono sempre due ingredienti: uno è l’amore, l’altro è l’avventura, l’eroismo. Vanno sempre insieme. Per fare grande la vita ci vogliono entrambi: amore ed eroismo.
Guardiamo a Gesù, guardiamo al Crocifisso, ci sono entrambi: un amore sconfinato e il coraggio di dare la vita fino alla fine, senza mezze misure. C’è qui davanti a noi la Beata Anna, un’eroina dell’amore. Ci dice di puntare a traguardi alti. Per favore, non facciamo passare i giorni della vita come le puntate di una telenovela. Perciò, quando sognate l’amore, non credete agli effetti speciali, ma che ognuno di voi è speciale. Ognuno è un dono e può fare della vita un dono. Gli altri, la società, i poveri vi aspettano.
Sognate senza paura
Sognate una bellezza che vada oltre l’apparenza, al di là delle tendenze della moda. Sognate senza paura di formare una famiglia, di generare ed educare dei figli, di passare una vita condividendo tutto con un’altra persona, senza vergognarsi delle proprie fragilità, perché c’è lui, o lei, che le accoglie e le ama, che ti ama così come sei. I sogni che abbiamo ci dicono la vita che desideriamo. I grandi sogni non sono l’auto potente, il vestito alla moda o la vacanza trasgressiva. Non date ascolto a chi vi parla di sogni e invece vi vende illusioni: sono manipolatori di felicità. Siamo stati creati per una gioia più grande: ciascuno di noi è unico ed è al mondo per sentirsi amato nella sua unicità e per amare gli altri come nessuno può fare al posto suo.
Non lasciatevi omologare
Non si vive seduti in panchina a fare la riserva di qualcun altro. No, ciascuno è unico agli occhi di Dio. Non lasciatevi “omologare”; non siamo fatti in serie, siamo unici e liberi, e siamo al mondo per vivere una storia d’amore con Dio, per abbracciare l’audacia di scelte forti, per avventurarci nel rischio meraviglioso di amare. Credete a questo? E sognate questo? Vorrei darvi un altro consiglio. Perché l’amore porti frutto, non dimenticate le radici. Quali sono le vostre radici? I genitori e soprattutto i nonni: loro vi hanno preparato il terreno. Innaffiate le radici, andate dai nonni, vi farà bene: fate loro domande, dedicate tempo ad ascoltare i loro racconti.
Oggi c’è il pericolo di crescere sradicati, perché siamo portati a correre, a fare tutto di fretta: quello che vediamo in internet può arrivarci subito a casa; basta un clic e persone e cose compaiono sullo schermo. E poi succede che diventino più familiari dei volti che ci hanno generato. Pieni di messaggi virtuali, rischiamo di perdere le radici reali. Disconnetterci dalla vita, fantasticare nel vuoto, non fa bene, è una tentazione del maligno. Dio ci vuole ben piantati per terra, connessi alla vita; mai chiusi, ma sempre aperti a tutti! Sì, ma – mi direte voi – il mondo la pensa diversamente. Si parla tanto d’amore, ma in realtà vige un altro principio: ciascuno pensi per sé.
Non lasciatevi imprigionare dallo scoraggiamento
Cari giovani, non lasciatevi condizionare da questo, da ciò che non va, dal male che imperversa. Non lasciatevi imprigionare dalla tristezza o dallo scoraggiamento rassegnato di chi dice che nulla mai cambierà. Se si crede a questo ci si ammala di pessimismo. Si invecchia dentro. E si invecchia giovani. Oggi ci sono tante forze disgregatrici, tanti che incolpano tutti e tutto, amplificatori di negatività, professionisti della lamentela. Non ascoltateli, perché la lamentela e il pessimismo non sono cristiani, il Signore detesta tristezza e vittimismo. Non siamo fatti per tenere la faccia a terra, ma per alzare lo sguardo al Cielo.
Confessione, un rimedio infallibile
E quando siamo giù, che cosa possiamo fare? C’è un rimedio infallibile per rialzarci. È quello che ci hai raccontato tu, Petra: la Confessione. Mi hai chiesto: «Come può un giovane oltrepassare gli ostacoli sulla via verso la misericordia di Dio?». Anche qua è questione di sguardo, di guardare a quello che conta. Se io vi domando: “A che cosa pensate quando andate a confessarvi?”, sono quasi certo della risposta: “Ai peccati”. Ma – vi chiedo – i peccati sono davvero il centro della Confessione? Dio vuole che ti avvicini a Lui pensando a te, ai tuoi peccati, o a Lui? Qual è il centro, i peccati o il Padre che perdona tutti i peccati? Non si va a confessarsi come dei castigati che devono umiliarsi, ma come dei figli che corrono a ricevere l’abbraccio del Padre. E il Padre ci risolleva in ogni situazione, ci perdona ogni peccato.
Custodite la pace del perdono dopo la Confessione
Vi do un piccolo consiglio: dopo ogni Confessione, rimanete qualche istante a ricordare il perdono che avete ricevuto. Custodite quella pace nel cuore, quella libertà che provate dentro. Non i peccati, che non ci sono più, ma il perdono che Dio vi ha regalato. Quello custodite, non lasciatevelo rubare. E quando la volta dopo andate a confessarvi, ricordatelo: vado a ricevere ancora quell’abbraccio che mi ha fatto tanto bene. Non vado da un giudice a regolare i conti, vado da Gesù che mi ama e mi guarisce. Diamo a Dio il primo posto nella Confessione.
Confessione sacramento della gioia
Se Lui è il protagonista, tutto diventa bello e confessarsi diventa il Sacramento della gioia. Sì, della gioia: non della paura e del giudizio, ma della gioia. Ed è importante che i preti siano misericordiosi. Mai curiosi, mai inquisitori, per favore, ma fratelli che donano il perdono del Padre, che accompagnano in questo abbraccio del Padre. Ma qualcuno potrebbe dire: “Io comunque mi vergogno, non riesco a superare la vergogna di andare a confessarmi”. Non è un problema, è una cosa buona. Se ti vergogni, vuol dire che non accetti quello che hai fatto. La vergogna è un buon segno, ma come ogni segno chiede di andare oltre. Non rimanere prigioniero della vergogna, perché Dio non si vergogna mai di te. Lui ti ama proprio lì, dove tu ti vergogni di te stesso. E ti ama sempre.
Un ultimo dubbio: “Io non riesco a perdonarmi, quindi neanche Dio potrà perdonarmi, perché cadrò sempre negli stessi peccati”. Ma – senti – Dio, quando si offende? Quando vai a chiedergli perdono? No, mai. Dio soffre quando noi pensiamo che non possa perdonarci, perché è come dirgli: “Sei debole nell’amore!”. Invece Dio gioisce nel perdonarci, ogni volta. Quando ci rialza crede in noi come la prima volta, non si scoraggia. Siamo noi che ci scoraggiamo, Lui no. Non vede dei peccatori da etichettare, ma dei figli da amare. Non vede persone sbagliate, ma figli amati; magari feriti, e allora ha ancora più compassione e tenerezza. E ogni volta che ci confessiamo – non dimenticatelo mai – in Cielo si fa festa. Che sia così anche in terra!
L’amore trasforma il dolore
Infine, Peter e Lenka, nella vita avete sperimentato la croce. Grazie per la vostra testimonianza. Avete chiesto come «incoraggiare i giovani a non temere di abbracciare la croce». Abbracciare: è un bel verbo. Abbracciare aiuta a vincere la paura. Quando veniamo abbracciati riacquistiamo fiducia in noi stessi e nella vita. Allora lasciamoci abbracciare da Gesù. Perché quando abbracciamo Gesù riabbracciamo la speranza. La croce non si può abbracciare da sola; il dolore non salva nessuno. È l’amore che trasforma il dolore.
Quindi, è con Gesù che si abbraccia la croce, mai da soli! Se si abbraccia Gesù, rinasce la gioia. E la gioia di Gesù, nel dolore, si trasforma in pace. Vi auguro questa gioia, più forte di ogni cosa. Vi auguro di portarla ai vostri amici. Non prediche, ma gioia. Non parole, ma sorrisi, vicinanza fraterna. Vi ringrazio per avermi ascoltato e vi chiedo un’ultima cosa: non dimenticatevi di pregare per me. Ďakujem! [Grazie!]