“Ai genitori che hanno problemi con i figli dico: non spaventatevi”

La catechesi del Papa sui sogni di San Giuseppe. La battuta sul ginocchio infiammato

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(C) Vatican Media

“San Giuseppe, uomo che sogna”. È stato questo il tema della riflessione di Papa Francesco nel corso dell’udienza generale di questa mattina nell’Aula Paolo VI. Il Santo Padre ha proseguito la sua catechesi su San Giuseppe ricordando i quattro sogni narrati nel Vangelo. E ha sottolineato che davanti a un problema il Signore non ci abbandona, “non ci butta lì nel forno da soli”. Ai genitori che hanno problemi con i figli il Papa ha detto “Non spaventatevi”. Il Pontefice, colpito da un’infiammazione al legamento del ginocchio destro, non è passato a salutare i pellegrini presenti e ha scherzato su questo disturbo “passeggero”: “Dicono che questo viene solo ai vecchi, e non so perché è arrivato a me…”. Il Pontefice ha anche ricordato la Giornata della Memoria di domani e ha invitato a pregare per la pace in Ucraina. Ecco le sue parole:

Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Oggi vorrei soffermarmi sulla figura di San Giuseppe come uomo che sogna. Nella Bibbia, come nelle culture dei popoli antichi, i sogni erano considerati un mezzo attraverso cui Dio si rivelava. Il sogno simboleggia la vita spirituale di ciascuno di noi, quello spazio interiore, che ognuno è chiamato a coltivare e a custodire, dove Dio si manifesta e spesso ci parla. Ma dobbiamo anche dire che dentro ognuno di noi non c’è solo la voce di Dio: ci sono tante altre voci. Ad esempio, le voci delle nostre paure, delle esperienze passate, le voci delle speranze. E c’è pure la voce del maligno che vuole ingannarci e confonderci. È importante quindi riuscire a riconoscere la voce di Dio in mezzo alle altre voci.

Il silenzio di Giuseppe

San Giuseppe dimostra di saper coltivare il silenzio necessario e, soprattutto, prendere le giuste decisioni davanti alla Parola che il Signore gli rivolge interiormente. Ci farà bene oggi riprendere i quattro sogni riportati nel Vangelo e che hanno lui come protagonista, per capire come porci davanti alla rivelazione di Dio. Il Vangelo ci racconta quattro sogni di Giuseppe.

Nel primo sogno, l’angelo aiuta San Giuseppe a risolvere il dramma che lo assale quando viene a conoscenza della gravidanza di Maria: «Non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti, il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli, infatti, salverà il suo popolo dai suoi peccati». E la sua risposta fu immediata: «Quando si destò dal sonno, fece come gli aveva ordinato l’angelo». Molte volte la vita ci mette davanti a situazioni che non comprendiamo e sembrano senza soluzione. Pregare, in quei momenti, significa lasciare che il Signore ci indichi la cosa giusta da fare.

Il Signore non ci butta nel forno da soli

Infatti, molto spesso è la preghiera che fa nascere in noi l’intuizione della via d’uscita, come risolvere quella situazione. Cari fratelli e sorelle, il Signore non permette mai un problema senza darci anche l’aiuto necessario per affrontarlo. Non ci butta lì nel forno da soli. Non ci butta fra le bestie. No. Il Signore quando ci fa vedere un problema o svela un problema, ci dà sempre l’intuizione, l’aiuto, la sua presenza, per uscirne, per risolverlo.

E il secondo sogno rivelatore di Giuseppe arriva quando la vita del bambino Gesù è in pericolo. Il messaggio è chiaro: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Giuseppe, senza esitazione, obbedisce: «Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode». Nella vita tutti noi facciamo esperienza di pericoli che minacciano la nostra esistenza o quella di chi amiamo. In queste situazioni, pregare vuol dire ascoltare la voce che può far nascere in noi lo stesso coraggio di Giuseppe, per affrontare le difficoltà senza soccombere.

In Egitto, Giuseppe attende da Dio il segno per poter tornare a casa; ed è proprio questo il contenuto del terzo sogno. L’angelo gli rivela che sono morti quelli che volevano uccidere il bambino e gli ordina di partire con Maria e Gesù e ritornare in patria. Giuseppe «si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele». Ma proprio durante il viaggio di ritorno, «quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi».

Ecco allora la quarta rivelazione: «Avvertito in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nazaret».

La paura fa parte della vita

Anche la paura fa parte della vita e anch’essa ha bisogno della nostra preghiera. Dio non ci promette che non avremo mai paura, ma che, con il suo aiuto, essa non sarà il criterio delle nostre decisioni. Giuseppe prova la paura, ma Dio lo guida anche attraverso di essa. La potenza della preghiera fa entrare la luce nelle situazioni di buio.

Ai genitori: non spaventatevi

Penso in questo momento a tante persone che sono schiacciate dal peso della vita e non riescono più né a sperare né a pregare. San Giuseppe possa aiutarle ad aprirsi al dialogo con Dio, per ritrovare luce, forza e pace aiuto. E penso anche ai genitori davanti ai problemi dei figli. Figli con tante malattie, i figli ammalati, anche con malattie permanenti: quanto dolore lì. Genitori che vedono orientamenti sessuali diversi nei figli; come gestire questo e accompagnare i figli e non nascondersi in un atteggiamento condannatorio. Genitori che vedono i figli che se ne vanno, muoiono, per una malattia e anche – è più triste, lo leggiamo tutti i giorni sui giornali – ragazzi che fanno delle ragazzate e finiscono in incidente con la macchina. I genitori che vedono i figli che non vanno avanti nella scuola e non sanno come fare… Tanti problemi dei genitori. Pensiamo a come aiutarli.


E a questi genitori dico: non spaventatevi. Sì, c’è dolore. Tanto. Ma pensate come ha risolto i problemi Giuseppe e chiedete a Giuseppe che vi aiuti. Mai condannare un figlio. A me fa tanta tenerezza – me lo faceva a Buenos Aires – quando andavo nel bus e passavo davanti al carcere: c’era la coda delle persone che dovevano entrare per visitare i carcerati. E c’erano le mamme, lì che mi facevano tanta tenerezza: davanti al problema di un figlio che ha sbagliato, è carcerato, non lo lasciavano solo, ci mettevano la faccia e lo accompagnavano.

Il coraggio dei genitori

Questo coraggio; coraggio di papà e di mamma che accompagnano i figli sempre, sempre. Chiediamo al Signore di dare a tutti i papà e a tutte le mamme questo coraggio che ha dato a Giuseppe. E poi pregare perché il Signore ci aiuti in questi momenti. La preghiera però non è mai un gesto astratto o intimistico, come vogliono fare questi movimenti spiritualisti più gnostici che cristiani. No, non è quello. La preghiera è sempre indissolubilmente legata alla carità. Solo quando uniamo alla preghiera l’amore, l’amore per i figli per il caso che ho detto adesso o l’amore per il prossimo riusciamo a comprendere i messaggi del Signore. Giuseppe pregava, lavorava e amava – tre cose belle per i genitori: pregare, lavorare e amare – e per questo ha ricevuto sempre il necessario per affrontare le prove della vita. Affidiamoci a lui e alla sua intercessione.

Preghiera a S. Giuseppe

San Giuseppe, tu sei l’uomo che sogna, insegnaci a recuperare la vita spirituale come il luogo interiore in cui Dio si manifesta e ci salva. Togli da noi il pensiero mai che pregare sia inutile; aiuta ognuno di noi a corrispondere a ciò che il Signore ci indica. Che i nostri ragionamenti siano irradiati dalla luce dello Spirito, il nostro cuore incoraggiato dalla Sua forza e le nostre paure salvate dalla Sua misericordia. Amen

La battuta del Papa sul ginocchio infiammato

Il Papa, come di consueto, ha salutato i pellegrini. Nei suoi saluti in italiano ha scherzato sull’infiammazione che lo ha colpito al ginocchio destro: “Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i Vigili del fuoco di Potenza e i rappresentanti della Lega Nazionale di Calcio Serie B. Il mio pensiero va infine – come di solito – agli anziani, agli ammalati, ai giovani e agli sposi novelli. Oggi la liturgia fa memoria dei Santi Timoteo e Tito che, formati alla scuola dell’apostolo Paolo, annunciarono il Vangelo con instancabile ardore. Il loro esempio vi incoraggi a vivere in modo coerente la vocazione cristiana, trovando nel Signore la forza per affrontare le difficoltà dell’esistenza.

E mi permetto di spiegarvi che oggi non potrò venire fra voi per salutarvi, perché ho un problema alla gamba destra; si è un infiammato un legamento del ginocchio. Ma scenderò e vi saluterò lì e voi passate per salutarmi. È una cosa passeggera. Dicono che questo viene solo ai vecchi, e non so perché è arrivato a me… A tutti sempre la mia benedizione”.