Servono “passi concreti” e coraggiosi per una “cultura della cura globale” in grado di dare risposte alle emergenze generate dalla pandemia. Ma anche per affrontare con tutta la solidarietà possibile le crisi umanitarie che derivano da cambiamento climatico e migrazioni. Senza dimenticare quello che sta accadendo in Terra Santa, dove domani sera, vigilia di Pentecoste, si terrà a Gerusalemme una veglia per la pace. Sono alcuni dei temi toccati da Papa Francesco nel suo discorso ai nuovi ambasciatori di alcuni Paesi che hanno presentato le loro credenziali. Di seguito il discorso del Papa diffuso dalla Sala Stampa vaticana:
I nuovi ambasciatori
Eccellenze, Signore e Signori! Sono lieto di accogliervi per la presentazione delle Lettere con le quali venite accreditati come Ambasciatori Straordinari e Plenipotenziari dei vostri Paesi presso la Santa Sede: di Singapore, Zimbabwe, Bangladesh, Algeria, Sri Lanka, Barbados, Svezia, Finlandia e Nepal. Poiché gli effetti del coronavirus continuano a farsi sentire, viaggiare rimane difficile, e per questo ringrazio vivamente ciascuno di voi per la presenza qui oggi. Vi chiedo gentilmente di trasmettere ai Capi di Stato che rappresentate i miei sentimenti di stima e di gratitudine per loro e per la nobile missione che adempiono al servizio del loro popolo.
Attenzione alle famiglie
A causa della pandemia, la crisi sociale ed economica è diventata in tutto il mondo ancora più grave. Sul piano personale, molti hanno perso persone care e mezzi di sussistenza. Le famiglie, in particolare, si trovano ad affrontare gravi difficoltà economiche e spesso non dispongono di un’adeguata protezione sociale. La pandemia ci ha resi più consapevoli della nostra interdipendenza in quanto membri dell’unica famiglia umana, come pure della necessità di essere attenti ai poveri e agli indifesi che ci sono tra noi.
Passi concreti e coraggiosi
Mentre cerchiamo di uscire dalla crisi attuale, le nostre società sono poste di fronte alla sfida di compiere passi concreti, veramente coraggiosi, per sviluppare una «cultura della cura» globale, che possa ispirare il sorgere di nuove relazioni e strutture di cooperazione al servizio della solidarietà, del rispetto della dignità umana, dell’assistenza reciproca e della giustizia sociale. Purtroppo, la pandemia ci ha reso anche consapevoli che la comunità internazionale sta vivendo «una crescente difficoltà, se non l’incapacità, di cercare soluzioni comuni e condivise ai problemi del nostro mondo».
Crisi umanitarie e giustizia tra generazioni
A questo proposito, penso alla necessità di affrontare questioni globali urgenti come quelle delle migrazioni e del cambiamento climatico, nonché le crisi umanitarie che spesso ne derivano. Penso anche al debito economico che grava su molti Paesi che lottano per sopravvivere, e al “debito ecologico” che dobbiamo alla natura stessa, nonché ai popoli e ai Paesi colpiti dal degrado ambientale causato dall’uomo e dalla perdita di biodiversità. Questi problemi non sono semplicemente politici o economici; sono questioni di giustizia, una giustizia che non può più essere ignorata o rinviata. Si tratta infatti di un dovere morale intergenerazionale, perché la serietà con cui rispondiamo a tali questioni determina il mondo che lasciamo ai nostri figli.
Nello sviluppo di un consenso globale, in grado di rispondere a queste sfide etiche che la nostra famiglia umana deve affrontare, la vostra opera di diplomatici è di fondamentale importanza. Da parte sua, la Santa Sede, attraverso le sue rappresentanze diplomatiche e la sua attività all’interno della comunità internazionale, sostiene ogni sforzo per costruire un mondo in cui la persona umana sia al centro, la finanza al servizio di uno sviluppo integrale e la Terra, la nostra casa comune, sia protetta e curata. Attraverso le sue opere di educazione, carità e assistenza sanitaria in tutto il mondo, la Chiesa si adopera in favore del bene comune, promuovendo lo sviluppo delle persone e dei popoli, e in questo modo cerca di contribuire alla causa della pace.
Veglia per la pace in Terra Santa
A questo proposito, il mio pensiero va a quanto sta accadendo in questi giorni in Terra Santa. Ringrazio Dio per la decisione di fermare gli scontri armati e auspico che si percorrano le vie del dialogo e della pace. Domani sera, gli Ordinari Cattolici di Terra Santa celebreranno insieme ai loro fedeli la Veglia di Pentecoste nella chiesa di Santo Stefano a Gerusalemme, implorando il dono della pace. Colgo l’occasione per chiedere a tutti i pastori e i fedeli della Chiesa Cattolica di unirsi a loro in preghiera. Che si elevi in ogni comunità la supplica allo Spirito Santo «affinché israeliani e palestinesi possano trovare la strada del dialogo e del perdono, per essere pazienti costruttori di pace e di giustizia, aprendosi, passo dopo passo, ad una speranza comune, ad una convivenza tra fratelli».
Signori Ambasciatori, nell’offrirvi queste riflessioni, formulo i miei voti augurali per le responsabilità che ora assumete e vi assicuro la collaborazione e l’aiuto degli Uffici della Santa Sede nell’adempimento dei vostri doveri. Su di voi e sulle vostre famiglie, sui vostri colleghi e collaboratori e su tutti i vostri connazionali, invoco di cuore da Dio i doni di sapienza, di fortezza e di pace.