Sulla tomba di Paolo, alle origini del cristianesimo romano

Una lastra romana con l’iscrizione “Paulo apostolo mart”; un’area sepolcrale di un’importante comunità cristiana. Recenti ricerche scientifiche attribuiscono i resti mortali rinvenuti all’interno di un sarcofago di marmo grezzo ad un uomo vissuto tra il I ed il II secolo. Sono questi i dati materiali che attestano la presenza dell’Apostolo delle genti sotto l’altare della Basilica di San Paolo fuori le Mura. Un luogo ricco di fede, storia e mistero

Il sarcofago di San Paolo

Primi anni 2000 rinasce l’interesse per la figura di Paolo di Tarso. Scoperte sensazionali portano alla luce, prima, il più antico ritratto dell’Apostolo delle Genti nelle catacombe romane di Santa Tecla e, poi, un rozzo sarcofago marmoreo sotto l’altare papale della basilica che risale all’autore delle tredici epistole di il Nuovo Testamento.

Basilica di San Paolo Extramuros

 

 

 

 

 

 

Riconoscimento scientifico

La conferma è stata data con profonda emozione il 29 giugno 2009, nella prima vigilia di chiusura dell’Anno Paolino, da Benedetto XVI. In quell’occasione, l’allora Pontefice annunciò i risultati delle meticolose analisi scientifiche effettuate sulla tomba duemila anni dopo la nascita di Paolo: una speciale sonda introdotta nel sarcofago rivelò resti di un prezioso tessuto di lino tinto di viola, laminato d’oro zecchino, un tessuto azzurro con filamenti di lino, grani di incenso rosso e sostanze proteiche e calcaree. Sono stati rinvenuti anche frammenti ossei molto piccoli.Questi ultimi, sottoposti all’esame al carbonio 14 da esperti che ne ignoravano l’origine, risalgono ad un personaggio vissuto tra il I ed il II secolo. “Ciò sembra confermare la tradizione unanime e indiscutibile secondo cui si tratta delle spoglie mortali dell’apostolo Paolo”, ha commentato con preoccupazione Benedetto XVI.

Riproduzione della lastra sulla tomba

Una tomba mai aperta

Quindici anni dopo quell’annuncio, ci siamo recati alla tomba accompagnati da padre Ludovico Torrisi, maestro dei novizi dell’abbazia di San Paolo fuori le Mura, retta fin dall’VIII secolo dai monaci benedettini. “La tomba non è mai stata aperta”, spiega, “perché le vibrazioni per rimuovere il coperchio, il contatto con la luce e l’ossigeno potrebbero distruggere, disintegrare, ciò che restava del corpo di Pablo”.

Ai piedi dell’altare, sotto lo splendido ciborio realizzato nel 1285 dal celebre scultore Arnolfo di Cambio, sono visibili le pietre del sarcofago, riportate alla luce nel 2006 dai ricercatori. Una fiamma arde continuamente, giorno e notte, ad indicare la sacralità del luogo. Accanto ad essa è ben visibile un’urna in bronzo e vetro contenente la catena della prigionia romana dell’Apostolo, presente nella basilica fin dal IV secolo e portata in processione nell’aula ogni 29 giugno, festa dei Santi Pietro e Paolo.

La fiamma paolina posta vicino alla tomba e alle catene dell’apostolo Paolo

 

 

 

 

 

 

Attraverso una grata è possibile vedere, sotto il livello del suolo, una lastra di marmo composta da due pezzi: misura 2,12 x 1,27 metri. Su di esso appare la scritta PAULO APOSTOLO MART e presenta tre fori: uno tondo e due quadrati. Risale al IV-V secolo e testimonia il culto che si sviluppò nel luogo fin dalle origini, ancor prima che fosse edificata una chiesa. I fori avevano la funzione di ricavare reliquie di contatto, cioè strisce di stoffa che venivano inserite fino a toccare la tomba.

La lastra di marmo con la scritta PAULO APOSTOLO MART.

Martirio extramurale

“La decapitazione di San Paolo – prosegue padre Ludovico Torrisi – avvenne molto vicino al luogo di sepoltura. A circa quattro chilometri dalla Basilica, in località Acque Salvie, dove oggi sorge l’Abbazia delle Tre Fontane. Lì Paolo fu prelevato dal carcere Mamertino , dove fu imprigionato. Gli storici non hanno ancora capito perché lì avvenne il suo martirio. Fu decapitato fuori dalle mura aureliane, in un luogo dall’aria malsana, nei pressi della via Ostiense, tra gli anni 65 e 67. sotto l’imperatore Nerone.

Abbazia delle Tre Fontane

 

 

 

 

 

 

Le tre fonti

La testa cadde a terra per tre volte e, secondo la tradizione, in quei tre punti sgorgarono miracolosamente tre sorgenti: la prima calda, la seconda tiepida e la terza fredda. Sul viale che costeggia l’abbazia trappista è stato recentemente ricostruito un pavimento simile a quelli dell’antica Roma per evocare il percorso compiuto dal Santo prima della sua esecuzione. Un’iscrizione marmorea sulla facciata della chiesa di San Paolo del Martirio, edificata nel V secolo, ristrutturata nel 1599 dall’architetto Giacomo Della Porta, e che fa parte del complesso abbaziale, recita: “S. Pauli Apostoli mightii locus ubi tre fonti mirabiliter eruperunt”. All’interno del tempio sono ben visibili tre edicole, costruite su ciascuna delle fontane allineate alla stessa distanza, ma a livelli diversi. Dal 1950, a causa dell’urbanizzazione e della conseguente contaminazione della falda freatica, il flusso dell’acqua è stato chiuso e la sua distribuzione ai fedeli è cessata.

Chiesa del Martirio di San Paolo alle Tre Fontane

La spada

Imprigionato dai Giudei, Paolo era arrivato a Roma nel 61 per esservi processato come cittadino romano. Nato ebreo con il nome di Saulo, godeva della cittadinanza romana come tutti gli abitanti di Tarso, sua città d’origine, in Cilicia, a sud dell’odierna Turchia. Trasferitosi a Gerusalemme, divenne un uomo fidato del Sinedrio e in seguito un feroce persecutore dei cristiani. Sulla via di Damasco, nell’anno 36, avvenne la sua conversione.

La Conversione di Paolo nell’affresco della Cappella Paolina di Michelangelo

 

 

 

 

 

 

“San Paolo – sottolinea padre Ludovico – è rappresentato con la spada per indicare come difese la Parola di Dio. Per difendere il Vangelo morì di spada con una morte atroce, come un valoroso combattente”.

La colonna del martirio nelle Tre Fontane

Le teste di Pietro e Paolo

“Si racconta che dopo la decapitazione una matrona romana, cristiana, si fece carico del corpo, lo pose in un sarcofago e lo seppellì sulla via Ostiense”, aggiunge padre Torrisi. Secondo i racconti giunti fino a noi, questa donna si chiamava Lucina: a tre chilometri dalle Acque Salvie esisteva un’area sepolcrale all’interno di un cimitero pagano che contava circa 5.000 tombe. Gli scavi hanno confermato l’esistenza di questa necropoli con nicchie e tombe per i poveri e gli schiavi liberati. La testa di Paolo fu poi ritrovata e conservata nel ciborio della Basilica di San Giovanni in Laterano insieme a quella di Pietro, sepolto nelle Grotte Vaticane. Secondo il Martirologio Romano entrambi furono assassinati lo stesso giorno.

Una delle tre edicole realizzate nelle Tre Fontane

 

 

 

 

 


 

Anche i loro resti mortali sono uniti perché durante le persecuzioni entrambi furono riparati all’interno delle Catacombe di San Sebastián. Ciò è attestato dai graffiti e dagli ex voto rinvenuti nel sito archeologico della Via Appia. Successivamente le spoglie dei due santi patroni di Roma furono ricollocate nelle loro tombe originarie.

Alle origini della Chiesa di Roma

Il luogo della sepoltura di Paolo divenne subito luogo di pellegrinaggio per i fedeli, che vi si recavano per pregare e, in omaggio al Santo, costruirono una cella memoriae. Fin dai primi anni numerosi battezzati decisero di farsi seppellire nei dintorni e la necropoli passò progressivamente da pagana a cristiana.

Il chiostro dell’Abbazia di San Paolo Extramuros

“Molti scelsero di collocare la loro tomba vicino a quella dell’Apostolo”, ricorda l’abate benedettino, mostrandoci le numerose epigrafi in latino, greco ed ebraico poste sulle pareti del chiostro dell’abbazia di San Paolo fuori le Mura, disegnato e decorato di Pietro Vassalletto.

Il lapidario del chiostro di San Pablo Fuori le Mura

 

 

 

 

 

 

“Durante i vari lavori di ricostruzione, scavo o consolidamento delle fondamenta, qui furono rinvenuti numerosi reperti, tombe pagane e cristiane. Probabilmente si trattava di persone di un certo livello sociale. In questa stessa zona nacque il cristianesimo romano.” Tra gli oggetti di maggior valore rinvenuti in questa zona nel 1838 c’è il Sarcofago Dogmatico, del IV secolo, attualmente ai Musei Vaticani.

Sarcofago dogmatico, marmo bianco, 325-.250, ritrovato nel 1838 nelle fondazioni del baldacchino del f.l.m. di San Paolo; nella Basilica fino al 1854, © Musei Vaticani

Le tre Basiliche

Dopo aver sancito la libertà di culto nell’anno 313 d.C. Con l’Editto di Milano, l’imperatore Costantino volle onorare degnamente la memoria dell’Apostolo delle genti monumentalizzando il luogo della prima sepoltura con una basilica nell’anno 324, il cui basamento è ancora oggi visibile ai piedi della chiesa pontificia. altare. Il corpo del Santo fu dapprima racchiuso in una bara di rame. Il tempio, inizialmente non molto grande, fu successivamente ampliato dagli imperatori Teodosio, Arcadio e Valentiniano II, divenendo così una grandissima basilica, a cinque navate, detta “Teodosiana” o “dei tre imperatori”.

Baldacchino di Arnolfo di Cambio

 

 

 

 

 

 

I capolavori sopravvissuti all’incendio

Tra il XII e il XIII secolo grandi personalità artistiche come Pietro Cavallini, i cui affreschi andarono purtroppo perduti, e Arnolfo di Cambio, autore del ciborio sopravvissuto, insieme ai preziosi candelabri per il cero pasquale di Vassalletto, al devastante incendio che distrusse la basilica Teodosiana nel luglio 1823 in una sola notte.

L’incendio e la ricostruzione

Non si conoscono le cause dell’incendio, che alcuni attribuiscono ad una torcia lasciata incustodita dagli operai che riparavano il tetto. Il giorno dopo la catastrofe i romani accorsero in massa per vedere ciò che restava della chiesa. La scena era desolante e straziante. Testimone d’eccezione, lo scrittore francese Stendhal lo descrisse come “uno degli spettacoli più sorprendenti” che avesse mai visto: “Ebbi un’impressione di severa bellezza, triste come la musica di Mozart. Le vestigia dolorose e terribili della catastrofe erano ancora vive “La chiesa era ancora piena di travi nere, fumanti e semibruciate; i fusti delle colonne, spezzati per tutta la loro lunghezza, minacciavano di cadere da un momento all’altro.”

Particolare del candelabro del cero pasquale

Il 25 gennaio 1825, con l’enciclica “Ad plurimas”, Leone fu consacrato da Pio IX il 10 dicembre 1854. In San Paolo fuori le mura prende vita l’opera più imponente della Chiesa di Roma nel XIX secolo. quegli anni. La Basilica che ne emerse è esattamente quella che vediamo oggi.

San Paolo e la gente ovunque

Non solo i cattolici, ma il mondo intero rispose in massa all’appello di Leone XII: blocchi di malachite e lapislazzuli furono donati dallo zar Nicola I, così come colonne e finestre del miglior alabastro dal re Fouad I d’Egitto. Paolo di Tarso si è confermato punto di riferimento universale sia per i credenti che per i gentili. Evocativi il coro di popolo raccolto attorno a questo gigante della cristianità sono i pannelli marmorei sulle pareti dell’abside su cui sono incisi i nomi dei numerosi cardinali e vescovi presenti il ​​giorno della consacrazione. Erano a Roma per la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione. L’hanno celebrato insieme al Successore di Pietro, simbolicamente sotto lo sguardo di tutti i Papi della storia ritratti in mosaico nei grandi medaglioni che decorano le sale dell’Aula.

Copertina de L’Osservatore Romano del giorno in cui Giovanni XXIII comunicò ai cardinali la sua intenzione di convocare il Concilio Vaticano II

 

 

 

 

 

 

 

L’apostolo dell’unità dei cristiani

Come è noto, l’apostolato di Paolo si estese dai Giudei a tutti i popoli: in Arabia, Asia Minore, Macedonia, Cipro e Grecia fondò numerose comunità cristiane. Emblematica delle avventure dell’Apostolo delle genti è la reliquia del bastone utilizzato durante i suoi viaggi, conservata nel Museo della Basilica Romana.

La reliquia del bastone di San Paolo

“Paolo è venerato dalla popolazione mondiale, cristiana e non cristiana”, aggiunge padre Ludovico Torrisi. È una figura fondamentale per l’unità dei cristiani. Nella Basilica si svolgono celebrazioni ed eventi ecumenici. A questo luogo sono legati episodi ed oggetti particolarmente significativi da questo punto di vista. Qui, sull’aula dell’Abate, Giovanni XXIII annunciò ai cardinali, il 25 gennaio 1959, la sua intenzione di convocare il Concilio Ecumenico Vaticano II.

Le catene dell’Apostolo nella Basilica di San Paolo Extramuros

Nel 2006 Benedetto XVI ha esaudito anche il desiderio di san Giovanni Paolo II di donare due anelli della catena dell’Apostolo delle genti al patriarca di Atene Christodoulos.

Porta Santa della Basilica di San Paolo Extramuros

San Paolo e il Giubileo

Infine, nel cammino verso la piena comunione tra i cristiani, un posto di rilievo occupa la Porta Santa della Basilica di San Paolo, che si aprirà il 5 gennaio:

Particolare della Porta Santa

“Ha un valore molto importante. Fu costruito a Costantinopoli e donato nel 1070. In origine era collocato presso l’ingresso principale. Un incendio lo danneggiò riducendone le dimensioni. Pertanto fu spostato in un ingresso laterale. In vista di Giubileo – conclude padre Lodovico – ci auguriamo che fedeli, pellegrini e turisti provenienti da tutto il mondo vivano qui una bella esperienza di profonda conversione e di fede, di unione e di contatto con il Signore attraverso la testimonianza dell’apostolo Paolo. ”

Fonte: Vatican Media – Paolo Ondarza – Città del Vaticano