Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti al Convegno formativo della “Cattedra dell’Accoglienza” promosso dalla Fraterna Domus di Sacrofano.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha pronunciato nel corso dell’incontro:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!
Ringrazio per le sue parole Suor Milena Pizziolo e saluto tutti voi che partecipate al convegno formativo della Cattedra dell’Accoglienza, promossa dalle sorelle della Fraterna Domus. E voglio anzitutto congratularmi con voi, care sorelle, per questa iniziativa, con la quale avete messo il vostro carisma, la vostra esperienza e anche le vostre strutture al servizio di quanti in diversi modi operano nel campo dell’accoglienza: un ambito ricco di valori e di spiritualità, ma anche attraversato dai drammi del nostro tempo. Vi ringrazio per il vostro impegno; e ringrazio anche le altre associazioni, istituti, fondazioni e comunità che collaborano alla Cattedra dell’Accoglienza.
Condivido con voi alcune riflessioni facendo riferimento all’Enciclica Fratelli tutti (FT).
L’accoglienza è uno dei tratti che caratterizzano quello che ho chiamato “un mondo aperto” (cfr FT, cap. III). L’Enciclica è un appello a «pensare e generare un mondo aperto» (ibid.) – contro la chiusura “da sagrestia”, che a volte abbiamo noi! –; e voi rispondete a questo appello: lo fate con il lavoro che portate avanti ogni giorno, senza clamori, senza accendere riflettori, e lo fate anche con questi incontri formativi. Infatti, per poter operare, per poter generare accoglienza, bisogna anche pensare l’accoglienza. Ecco il grande valore di momenti come questo che state vivendo, nei quali insieme approfondite i diversi aspetti: antropologico, etico, religioso, storico, e così via. Ma la vostra “Cattedra” non è un laboratorio asettico in cui si elaborano formule astratte: è un momento di riflessione inseparabile dal lavoro sul campo, vanno insieme. Mentre ascoltate e studiate, voi tenete presenti i volti, le storie, i problemi concreti e li condividete con i relatori e nei gruppi di confronto. E questo è tanto importante.
Torniamo all’Enciclica. Ci sono due passaggi che mi pare possano essere particolarmente interessanti per voi. Mi concentro su questi.
Il primo lo trovate nel capitolo terzo, sotto il titolo della “progressiva apertura dell’amore”. Lo cito: «L’amore ci fa tendere verso la comunione universale. Nessuno matura né raggiunge la propria pienezza isolandosi. Per sua stessa dinamica, l’amore esige una progressiva apertura, maggiore capacità di accogliere gli altri, in un’avventura mai finita che fa convergere tutte le periferie verso un pieno senso di reciproca appartenenza. Gesù ci ha detto: “Voi siete tutti fratelli” (Mt 23,8)» (FT, 95). L’accoglienza è un’espressione dell’amore, di quel dinamismo di apertura che ci spinge a porre l’attenzione sull’altro, a cercare il meglio per la sua vita (cfr FT, 91-94) e che nella sua purezza è la carità infusa da Dio. Nella misura in cui viene permeata da questo atteggiamento di apertura e di accoglienza, una società diventa capace di integrare tutti i suoi membri, anche quelli che per vari motivi sono “stranieri esistenziali”, o “esiliati occulti”, come a volte, ad esempio, si trovano ad essere le persone con disabilità, o gli anziani (cfr FT, 97-98). Su questo aspetto dell’amore il riferimento fondamentale è la prima Enciclica di Benedetto XVI Deus caritas est (25 dicembre 2005).
Il secondo passaggio di Fratelli tutti che vi propongo è il numero 141. Lo cito per intero: «La vera qualità dei diversi Paesi del mondo si misura da questa capacità di pensare non solo come Paese, ma anche come famiglia umana, e questo si dimostra specialmente nei periodi critici. I nazionalismi chiusi manifestano in definitiva questa incapacità di gratuità, l’errata persuasione di potersi sviluppare a margine della rovina altrui e che chiudendosi agli altri saranno più protetti. L’immigrato è visto come un usurpatore che non offre nulla. Così, si arriva a pensare ingenuamente che i poveri sono pericolosi o inutili e che i potenti sono generosi benefattori. Solo una cultura sociale e politica che comprenda l’accoglienza gratuita potrà avere futuro». Siamo nel capitolo quarto, intitolato «Un cuore aperto al mondo intero», là dove si parla della «gratuità che accoglie» (cfr nn. 139-141). L’aspetto della gratuità è essenziale per generare fraternità e amicizia sociale. Per voi sottolineo l’ultima frase: «Solo una cultura sociale e politica che comprenda l’accoglienza gratuita potrà avere futuro» (n. 141). L’accoglienza gratuita. Spesso si parla dell’apporto che i migranti danno o possono dare alle società che li accolgono. Questo è vero ed è importante. Ma il criterio fondamentale non sta nell’utilità della persona, bensì nel valore in sé che essa rappresenta. L’altro merita di essere accolto non tanto per quello che ha, o che può avere, o che può dare, ma per quello che è.
Mi ha sempre colpito, nell’Antico Testamento, la ricorrenza – nei Profeti, nei Libri storici – delle tre persone per le quali si deve avere una speciale attenzione: la vedova, l’orfano e il migrante. E si ripete nel Deuteronomio, nell’Esodo – nell’Esodo non tanto, ma nel Deuteronomio – nel Levitico, si ripete questo: l’attenzione, la cura per le vedove, per i migranti, per gli orfani. È ricorrente. Per esempio: “Se tu stai facendo il raccolto, non passare un’altra volta: quello che resta lì, che avanza lì, lascialo per la vedova, l’orfano, il migrante”. Sempre c’è questo. È importante riprendere questa tradizione dell’accoglienza, del modo di accogliere coloro che non hanno o che vivono una situazione difficile.
Cari fratelli e sorelle, vi lascio questi spunti di riflessione, e vi incoraggio a portare avanti il vostro cammino di formazione, per poter sempre meglio vivere l’accoglienza e promuovere una cultura dell’accoglienza. La Madonna vi accompagni. Di cuore vi benedico, e vi chiedo per favore di pregare per me. Grazie!