La dottoressa Maria Elizabeth de los Rios Uriarte docente e ricercatrice della facoltà di Bioetica dell’università Anahuac del Messico condivide con i lettori di Exaudi il suo articolo intitolato “Solidarietà globale”, intesa come nuovo principio dell’etica.
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Se sia stato il neoliberalismo capitalista o l’eccesso di sorveglianza comunista, se il virus sia stato creato in un laboratorio o sia un salto dal mondo animale all’essere umano, non lo sappiamo e poco interessa per discutere su un principio che ha preso forza in questo tempo di pandemia e che, alcuni, già si spingono ad elevare come parte del corpus di principi etici e bioetici che devono guidare la condotta umana nei suoi interventi nell’ambito delle scienze della vita e della salute: il principio della solidarietà globale.
Il principio di solidarietà, d’altronde, non è una novità e si trova già formulato, definito e praticato in diverse istituzioni e piani educativi a livelli basici e avanzati; affonda le sue radici nella Dottrina Sociale della Chiesa ma non rimane circoscritto al cristianesimo ed è stato ripreso e rilanciato nell’ultima enciclica di Papa Francesco Fratelli Tutti, dove viene esteso a tutte le nazioni e fedi religiose a modo di amicizia sociale che invita all’azione permanente di accoglienza e fraternità di tutti gli esseri umani.
In questa pandemia, fin dall’inizio, continuiamo a discutere su quale debba essere il ruolo che dobbiamo avere gli uni con gli altri, dal livello locale a quello globale, e abbiamo verificato che la miglior misura di protezione personale è l’altro che ho davanti a me: se lui ha cura di se stesso, ha cura di me, e viceversa. Sebbene all’inizio sembrasse uno scioglilingua, le azioni degli uni influenzano gli altri e quello che succede a un estremo del pianeta, l’abbiamo verificato, influenza il polo opposto. Come affermava l’attuale pontefice nella sua enciclica Laudato Si’, “tutto è interconnesso”.
In questo senso vale la pena accompagnare il principio di solidarietà con l’aggettivo globale perché la pandemia non ha confini e, quindi, non dovrebbero averle nemmeno le nostre azioni per contrastarla.
È certo che alcuni paesi sono stati più colpiti di altri dal virus, sia per condizioni endemiche che per decisioni politiche, ma nessuno è rimasto estraneo ai contagi e ai decessi; per questo le strategie disegnate per far fronte alla pandemia devono essere fondate sulla cura di tutti gli esseri umani e non solo dei nostri connazionali.
Tuttavia, la solidarietà globale deve tenere in conto non solo la comune responsabilità di alcuni paesi verso gli altri ma anche la considerazione ulteriore delle disuguaglianze esistenti tra paesi, sapendo che da essa deriva, innegabilmente, una maggiore responsabilità dei paesi più sviluppati nei confronti di quelli meno sviluppati. È proprio qui dove il principio assume maggiore rilevanza, perché comporta la pianificazione delle risorse con una prospettiva sussidiaria ma non paternalista e che tali misure non provengano da pianificazioni e decisioni politiche e politicizzate, che coprano interessi economici o di potere, ma dalla comprensione dei legami fraterni tra cittadini che si uniscono più nel dolore che nella gioia e più nel bisogno che nell’abbondanza.
La solidarietà globale è il principio che segnerà i limiti di questa pandemia nella misura in cui si comprenda che risorse come i vaccini, sia quelli già sviluppati che quelli in fase di studio, sono un bene comune da condividere. Nessuno dovrebbe avvantaggiarsi dei vaccini necessari in questo momento storico, non basta nemmeno, né basterà in futuro, donare centinaia di vaccini a paesi con minor potere d’acquisto se non saranno dotati delle strutture necessarie perché siano loro stessi a riuscire a svilupparli.
È così che la solidarietà globale come nuovo principio dell’etica deve dotarsi di almeno due caratteristiche: uno sguardo che vada oltre i propri confini, ma senza trascurarli, e una sensibilità che si prenda cura dei bisogni degli altri e passi ad un’azione non accaparratrice né vorace, e nemmeno utopica o totalitaria, ma fraterna, reale, pratica e continua, che faccia proprie le necessità altrui e comprenda che nessuno si salverà da solo da questa crisi: l’unico modo di salvarci è con gli altri.