“Chi non agisce spreca le opportunità offerte dalla crisi”, un’azione che sia frutto di una “conversione ecologica” per contribuire a costruire “un modello di ripresa capace di generare soluzioni più inclusive e sostenibili”. E servono soprattutto “decisioni che convertano la morte in vita, le armi in cibo”, per uno sviluppo che “ponga al centro l’uomo”. Lo ha detto Papa Francesco nel video-messaggio che ha inviato ai partecipanti alla 16.ma edizione del GLOBSEC Bratislava Forum dedicato al tema: “Rebuild the World Back Better”. Ecco il testo integrale:
Signor Presidente, grazie per il suo cortese invito a partecipare, tramite questo video-messaggio, alla 16° edizione del GLOBSEC Bratislava Forum, dedicata al tema: «Rebuild the World Back Better». Saluto Lei, tutti gli organizzatori e i partecipanti a questa conferenza. Vorrei esprimere la mia gratitudine per la piattaforma che il Bratislava Forum offre all’importante dibattito sulla ricostruzione del nostro mondo dopo l’esperienza della pandemia, che ci costringe a confrontarci con una serie di questioni socio-economiche, ecologiche e politiche gravi e tutte tra loro correlate. Al riguardo, vorrei proporvi alcuni spunti, prendendo ispirazione dal metodo del trinomio vedere – giudicare – agire.
Vedere
Un’analisi seria ed onesta del passato, che include il riconoscimento delle carenze sistemiche, degli errori commessi e della mancanza di responsabilità verso il Creatore, il prossimo e il creato, mi pare indispensabile per sviluppare un’idea di ripresa che miri non solo a ricostruire quello che c’era, ma a correggere ciò che non funzionava già prima dell’avvento del Coronavirus e che ha contribuito ad aggravare la crisi.
Chi vuole rialzarsi da una caduta, deve confrontarsi con le circostanze del proprio crollo e riconoscere gli elementi di responsabilità. Vedo, dunque, un mondo che si è fatto ingannare da un illusorio senso di sicurezza fondato sulla fame del guadagno. Vedo un modello di vita economica e sociale, caratterizzato da tante disuguaglianze ed egoismi, in cui un’esigua minoranza della popolazione mondiale possiede la maggioranza dei beni, spesso non esitando a sfruttare persone e risorse. Vedo uno stile di vita che non si prende abbastanza cura dell’ambiente.
Ci si è abituati a consumare e a distruggere senza ritegno ciò che appartiene a tutti e va custodito con rispetto, creando un “debito ecologico” a carico anzitutto dei poveri e delle generazioni future.
Giudicare
Il secondo passo è valutare ciò che si è visto. Salutando i miei collaboratori della Curia Romana in occasione dello scorso Natale, ho fatto una breve riflessione sul significato della crisi. La crisi apre possibilità nuove: è infatti una sfida aperta per affrontare la situazione attuale, per trasformare il tempo di prova in un tempo di scelta. Una crisi, infatti, costringe a scegliere, per il bene o per il male. Da una crisi, come ho già ripetuto, non si esce uguali: o si esce migliori o si esce peggiori. Ma uguali mai. Giudicare ciò che abbiamo visto e vissuto ci sprona a migliorare.
Approfittiamo di questo tempo per muovere passi in avanti. La crisi che ha colpito tutti ci ricorda che nessuno si salva da solo. La crisi ci apre la strada verso un futuro che riconosca la vera uguaglianza di ogni essere umano: non un’uguaglianza astratta, ma concreta, che offra alle persone e ai popoli opportunità eque e reali di sviluppo.
Agire
Chi non agisce spreca le opportunità offerte dalla crisi. Agire, di fronte alle ingiustizie sociali e alle emarginazioni, richiede un modello di sviluppo che ponga al centro “ogni uomo e tutto l’uomo” «come il pilastro fondamentale da rispettare e proteggere, adottando una metodologia che includa l’etica della solidarietà e la “carità politica”». Ogni agire ha bisogno di una visione, una visione che sia d’insieme e di speranza: una visione come quella del profeta biblico Isaia, che vedeva le spade tramutarsi in aratri, le lance in falci. Agire per lo sviluppo di tutti è porre in atto un’opera di conversione. E anzitutto decisioni che convertano la morte in vita, le armi in cibo.
Ma abbiamo tutti bisogno di intraprendere anche una conversione ecologica. La visione d’insieme include infatti la prospettiva di un creato inteso come “casa comune” e richiede con urgenza di agire per proteggerlo. Cari amici, animato dalla speranza che viene da Dio, auspico che i vostri scambi di questi giorni contribuiscano a un modello di ripresa capace di generare soluzioni più inclusive e sostenibili; un modello di sviluppo che si fondi sulla convivenza pacifica tra i popoli e sull’armonia con il creato.