San Michele Arcangelo, patrono e protettore della Polizia di Stato

Omelie del Santo Padre Francesco

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Questo pomeriggio, alle ore 17.00, presso la Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani, il Santo Padre Francesco ha presieduto la Celebrazione Eucaristica per il Corpo della Gendarmeria Vaticana, in occasione della ricorrenza di San Michele Arcangelo, patrono e protettore della Polizia di Stato Italiana e del Corpo della Gendarmeria Vaticana, che si celebra il 29 settembre.

Riportiamo di seguito il testo dell’omelia che il Papa ha pronunciato a braccio nel corso della Santa Messa:

Omelia del Santo Padre

È interessante lo spirito di questa celebrazione. È interessante vederlo come un rinnovamento, vederlo come un riprendere… che cos? La nostra vocazione, la vostra di gendarmi, il servizio. Oggi la Parola di Dio ci parla proprio di questo: “Ravviva” – dice -, ravviva il dono, ravviva la tua vocazione (cfr 2 Tm 1,6); “accresci,” fa crescere (cfr Lc 17,6). Cioè, questa è una celebrazione per pregare in modo tale che il Signore ravvivi la vocazione di ognuno di noi, oggi la vostra di gendarmi, e la faccia crescere.

Quando una cosa non si ravviva si spegne, quando una cosa non cresce, non si muove, si corrompe. L’acqua ferma è la prima a corrompersi. Per questo sempre nella vita bisogna andare avanti, bisogna crescere, ravvivare, riprendere, riprendere l’“illusione” [il sogno, il desiderio] della vocazione. Quasi tutti voi, ciascuno – voglio pensare bene -, è entrato nella Gendarmeria per una vocazione, una voglia di fare qualcosa di buono, come servizio, come crescita. E poi, come succede anche a noi preti, a tutti, uno si abitua; e quando uno si abitua, invece di crescere, va giù, scende, scende… E lì nasce quella cosa tanto brutta nella nostra vita di preti, che è di servizio: nasce la tiepidezza, l’essere tiepidi. Ci si abitua. E succede lo stesso anche a voi. Se non ravvivate la vostra vocazione, se voi non la fate crescere tutti i giorni, quella vocazione di servizio che è molto bella, alla fine – questa non è una maledizione, no, succede a tutti – alla fine le cose che non crescono si corrompono. Per questo mi è piaciuto, quando ho letto le Letture. Questo sarà un invito a rinnovare: tutti i giorni essere migliore, tutti i giorni fare un passo avanti nella propria vocazione alla quale siamo stati chiamati.


E Paolo dice al discepolo: “Rinnova” (cfr v. 6), “custodisci” (v. 14), prenditi carico del dono che ti è stato dato, prendi a carico la tua vocazione – lo dico a voi gendarmi – non con spirito di timidezza, non con lo spirito che ti porti giù, no, con spirito di fede, di carità e di forza (cfr v. 7). Tre cose che sono importanti. La fede. La nostra vita, se noi non la viviamo alla luce della fede, è meglio andare a fare un altro mestiere. La mia vita, la vita di tutti i preti, e la vita vostra di gendarmi. Perché voi andate avanti con uno spirito di fede; importante è vivere questa fede in servizio, un vero servizio. Poi di carità e di forza. È difficile, in mestieri come il vostro, avere tutti i giorni quella carità del servizio: c’è l’impazienza, la rabbia di qualcosa che non va, le ingiustizie che si vedono e non si possono sistemare… E questo può spegnere la carità, e ci dà quello spirito di timidezza, di abbassare le cose… No. Il Signore ci chiede uno spirito di forza, ravvivare con forza, con carità e con forza, non con timidezza, così dice Paolo al discepolo. È questo che auguro per voi: non avere la timidezza che ti butta giù. Una cosa è il timore di Dio, quello sì. Ma la timidezza no. Avanti, coraggio, si fanno le cose. “E se sbaglio?”. Chiedi perdono e vai avanti, perché lo sbaglio non è definitivo. Tutti sbagliamo, tutti! Se qualcuno non sbaglia alzi la mano, perché così lo faccio venire a predicare. Tutti sbagliamo. E non avere paura di questo, ma andare con forza nel servizio, e sempre avanti. Ravvivare la vostra vocazione di servizio, di gendarmi, di gendarmeria è una cosa buona. È vero che tante volte voi dovere fare lavori non belli: mettere ordine qui, cacciare via quelli di là… Tante cose. Ma lo fate per amore e per trovare un’armonia più grande, lo fate per il servizio. Tornate alle radici delle vostre vocazioni. Il servizio. Servire, così, senza timidezza, con carità, con forza, con “illusione”, il servizio sempre in questo modo.

E poi, alla fine, cosa devo fare? Passo il conto per il mio servizio? Questo si può fare, lo stipendio c’è, è poco, si lamentano ma c’è, ma questo non è il premio, questo non è l’atteggiamento, l’orgoglio. L’atteggiamento è quella frase tanto bella: «Siamo servi inutili» (Lc 17,10). Questo nasce dall’umiltà. Ho fatto quello che dovevo, ho fatto crescere la mia vocazione, l’ho fatta andare avanti.

Oggi chiedo a San Michele Arcangelo, per tutti voi gendarmi, la grazia di poter ravvivare la vostra vocazione, riprendere con forza il dono che avete avuto, perché ogni vocazione è un dono. E riprenderlo con autenticità, con voglia di andare più avanti. Ravvivare il dono che avete ricevuto, con spirito di carità, di forza di servizio e non di timidezza, sicuri di sé stessi. E così i diversi problemi che voi troverete nella vita, vivendo così una vocazione in pienezza, si scioglieranno da soli. I problemi si sciolgono quando c’è una forza che porta avanti.

Oggi in modo speciale prego per voi e chiedo che San Michele vi dia la grazia, la grazia di andare avanti nel servizio: servizio con forza, con carità, senza doppio comportamento, chiaro, diretto. E se sbaglio? Sbaglio, mi alzo e avanti. Ma tutto in pienezza, tutto con gioia. Che il Signore vi dia questa grazia di rinnovare la vocazione che avete, rinnovare il vostro servizio. E questo chiediamo tutti noi accompagnando i nostri fratelli gendarmi. Grazie.