Nacque da una nobile famiglia tedesca di Colonia, in Lotaringia, Bruno o Brunone, nel 1030. Fu un periodo di grande fermento e mobilità in tutta Europa, quindi non sorprende che la sua vita trascorse tra Germania, Francia e Italia. Frequentò la scuola di San Cuniberto e fu subito accolto dal vescovo che lo nominò canonico della sua chiesa; Si trasferisce poi a Reims per studiare e poi per insegnare. Lì si trovò faccia a faccia con la simonia, quella piaga nata all’interno della Chiesa che consisteva nel vergognoso commercio di compravendita di uffici ecclesiastici. Da quella triste esperienza dei vizi del clero corrotto che commerciava nei santi ministeri – che dovrebbero essere per il servizio spirituale e non per imitare il potere mondano – cominciò a nascere in lui un forte rifiuto dell’ipocrisia di quel mondo.
Meglio un eremita che un vescovo
Mentre dirigeva la scuola che lo aveva visto studente, morì il vescovo di Reims. Per logica naturale, Bruno fu nominato suo successore, ma fu scelto Manasses de Gournay, che Bruno aveva accusato di simonia. Naturalmente le cose si complicarono per Bruno, che ebbe un crollo totale e fu costretto a fuggire. Fu il periodo in cui Bruno maturò la decisione radicale di abbandonare il mondo secolare. Per un certo periodo si pose sotto la direzione di san Roberto nell’eremo di Molesme, ma poi capì che il Signore lo chiamava altrove. Insieme a sei compagni che condividevano i suoi stessi ideali, si presentò al vescovo di Grenoble che, confidando nella sua buona reputazione, concesse loro terre ostili e inesplorate nella Chartreuse, a quasi 1.200 metri di altitudine.
Pietra e paglia
Bruno, in quel luogo isolato, era felice. Con i suoi compagni iniziò la costruzione delle capanne, tutte di paglia, nelle quali sarebbero andati ad abitare, e la costruzione della chiesa, unico edificio in pietra, secondo i criteri della consacrazione di un luogo sacro, consacrazione che arrivò nel 1085. Qui Bruno cominciò a trascorrere la sua vita nel silenzio, parlando solo nel suo cuore con Dio, che trovava nella preghiera e nella meditazione, mentre la vita comunitaria, pur presente, era ridotta al minimo. Lui e i suoi compagni non erano consapevoli di fondare qualcosa di nuovo – non era questa la loro intenzione – volevano solo stare lontani dai mercanti del sacro e vivere radicalmente il Vangelo. Ma la volontà di Dio doveva compiersi, e questa nuova esperienza di vita cristiana decisamente ascetica e contemplativa, col tempo, si trasformerà in un nuovo Ordine monastico: i monaci certosini. Anche se Bruno scriverà molte lettere e riflessioni, sarà solo il quinto priore, Guigo, a realizzare la stesura definitiva della Regola.
A Roma non si ragionava allo stesso modo
Solo sei anni dopo la nascita della Certosa, Bruno fu chiamato a Roma: un suo ex allievo fu eletto Papa con il nome di Urbano II e lo volle al suo fianco come consigliere. Bruno non osava disobbedire al Papa, ma gli era difficile abbandonare la vita monastica. A Roma, infatti, durò solo pochi mesi, poi riuscì a farsi trasferire dal Papa in Calabria: Urbano credeva di poterlo eleggere vescovo di Reggio, ma Bruno, invece, ricevette provvidenzialmente in dono da un nobile un bellissimo bosco in località de Torre dove iniziò a costruire una nuova comunità eremitica, esattamente dove oggi è situata la città che in suo onore viene chiamata Sierra San Bruno. Lì trascorse gli ultimi anni della sua vita, vivendo come aveva sempre desiderato: in continua penitenza, carità e preghiera contemplativa fino alla morte avvenuta nel 1101.
Il culto di San Bruno
Bruno fu canonizzato ufficialmente nel 1623 da Gregorio XV, ma il suo culto era già stato autorizzato da Leone. Il monaco, lasciando tutto, per così dire, corre il rischio di esporsi alla solitudine e al silenzio per vivere solo dell’essenziale, e proprio vivendo dell’essenziale, trova anche una comunione profonda con i suoi fratelli, con ogni uomo”.