25 Marzo, 2025

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Riflessione di Monsignor Enrique Díaz: Beati

Sesta domenica del tempo ordinario

Riflessione di Monsignor Enrique Díaz: Beati
Pixabay

Monsignor Enrique Díaz Díaz condivide con i lettori di Exaudi la sua riflessione sul Vangelo di questa domenica, 16 febbraio 2025, intitolato: “Beati”

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Geremia 17, 5-8: “Maledetto chi confida nell’uomo; Beato chi confida nel Signore

Salmo 1: “Beato l’uomo che confida nel Signore

1 Corinzi 15, 12. 16-20: “Se Cristo non è risuscitato, vana è la vostra fede

Luca 6,17.20-26: “Beati i poveri – Guai a voi ricchi!”

L’ammirazione per la persona di Gesù, la sua chiamata e il suo sguardo amorevole vogliono suscitare nel profondo del cuore del discepolo una risposta consapevole e libera, un’adesione di tutta la sua persona e un invito esultante alla santità. Le Beatitudini danno vero senso e pienezza a questa sequela e santità, come ci insegna il Papa in “Gaudete et exultate”. Raccolgono un’intera tradizione dell’Antico Testamento dove ci viene presentato il beato che si mette nelle mani del Signore, che ascolta le sue parole, che segue i suoi comandamenti.

Le Beatitudini, anche se è vero che sono contrarie a tutto il nostro mondo e a tutte le tendenze dell’uomo moderno, sono la via per trovare la vera felicità. Se ci fermiamo a riflettere su ciascuno di essi, scopriremo una grande vena di spiritualità.

Tutto il Vangelo è una buona notizia, ma ci sono parti centrali che sostengono tutta la vita del discepolo. Le Beatitudini, sia in san Matteo che in san Luca, costituiscono il nucleo che rende diversa la proposta di Gesù. Mentre San Matteo colloca questa predicazione su un monte volendo elevare lo spirito e presentare Gesù come un nuovo Mosè, con una legge nuova e diversa; San Luca lo colloca in un luogo pianeggiante per mostrare Gesù insieme alla gente, molto vicino alla gente. Matteo ci ricorda otto o nove beatitudini, Luca ne presenta solo quattro e sono legate ai “guai” o “maledizioni” che il profeta Geremia ci aveva già annunciato. Mentre Matteo insiste su un aspetto più spirituale e sentito, con un senso esortativo, Luca ci mette di fronte alla dura realtà della povertà, della miseria, del dolore e della fame. Vale la pena tenere a mente coloro che Gesù chiama “felici” e coloro di cui si lamenta, perché potremmo cercare la felicità immediata e dimenticare ciò che Lui apprezza. Gesù chiama “felici e beati” quattro tipi di persone: i poveri, coloro che hanno fame, coloro che sono nel pianto e coloro che sono perseguitati per la loro fede. E si lamenta e dedica i suoi “guai”, che alcuni chiamano maledizioni, a quattro classi di persone: i ricchi, coloro che sono sazi, coloro che ridono e coloro che sono adulati dal mondo. Quanto sono diversi i nostri valori e concetti! L’ambizione e la motivazione dell’uomo di oggi, o forse di sempre, sono molto diverse. E noi, dove siamo? Dove mettiamo la nostra felicità?

Gesù destabilizza la scala di valori prevalente nella società. Le Beatitudini esprimono un cambiamento radicale nei valori che la presenza del Regno esige. Inoltre, sono segno della presenza di quel Regno: annunciano l’avvento delle promesse messianiche. Chi dice sì a Gesù trova la gioia di sentirsi amato da Dio e diventa partecipe della storia della salvezza insieme ai profeti e a Gesù stesso. Qualcuno mi ha chiesto come una persona possa essere felice se è povera. È difficile rispondere con delle teorie. Vi invito a contemplare Gesù. Credo che Gesù sia immensamente felice e tuttavia sia povero. Le beatitudini da lui proclamate sono intimamente legate alla sua persona e sono la dimostrazione che si può essere veramente felici. In una società dove il profitto e l’interesse sono sempre al primo posto, dove il denaro è l’idolo davanti al quale ci si inchina, in un ambiente dove si ricercano tutte le sicurezze, ma dove non c’è spazio per la vera libertà, solo “l’Uomo delle Beatitudini” è veramente libero da ogni legame. Le beatitudini non sono separate da chi le ha pronunciate. Se ci dice che i poveri e gli affamati sono felici, è perché Lui è felice e vuole farci partecipi della sua stessa felicità.

Le beatitudini non sono leggi, sono Vangelo. La legge lascia l’uomo alle sue forze o alla sicurezza offerta dalla sua proprietà. Il Vangelo pone l’uomo di fronte al dono di Dio e lo invita a fare di tale dono una pienezza di vita. La felicità dei poveri ora risiede proprio nel fatto che il Regno di Dio è già giunto a loro. Sono beati perché “il regno di Dio appartiene a loro” e “perché hanno Dio come Re”. Gesù non promette loro la felicità, li dichiara felici. E questa affermazione viene fatta “in piano”, cioè sullo stesso piano e luogo in cui la società è costruita sui falsi valori della ricchezza e del potere. Le beatitudini non sono la ricompensa per le virtù morali, gli sforzi o la conversione. È la gioia di sapere che Dio si è schierato dalla sua parte e condivide la sorte degli indifesi. Non è un invito a restare nella miseria. Gesù stesso la rifiuta e la combatte perché va contro la volontà di Dio. Il vero discepolo deve rifiutarla e combatterla, e ogni sforzo per reprimerla è un passo avanti nel regno di Dio; è espressione di una vita pienamente condivisa. Non è un invito a vivere con rassegnazione, e magari con risentimento, la situazione di povertà, ma piuttosto a scoprire che al di là del possesso e del potere c’è il riconoscimento della persona come Figlio di Dio che condivide la stessa vita di Gesù.

Questo piccolo passaggio cambia l’intero significato della vita quando decidiamo di renderlo realtà. Risponde in modo chiaro alle domande fondamentali che ognuno di noi si pone e alle quali a volte cadiamo nella tentazione di rispondere con beni materiali. Ma i beni legano e schiavizzano. Oggi Cristo ci offre la risposta a chi è Dio e come è, con chi sta, dove deve collocarsi il discepolo, come trovare gioia e pace, chi è veramente felice… Cosa rispondiamo a Gesù? Siamo felici? Dove abbiamo trovato la felicità? Nella nostra vita, cosa riflettiamo di più: le beatitudini che Gesù proclama o i “guai” che Lui condanna?

Signore nostro, donaci la rettitudine e la sincerità di vita che ci renderanno degni della tua presenza. Purifica i nostri cuori e le nostre intenzioni e facci scoprire la vera felicità che possiamo trovare solo in te. Amen

Enrique Díaz

Nació en Huandacareo, Michoacán, México, en 1952. Realizó sus estudios de Filosofía y Teología en el Seminario de Morelia. Ordenado diácono el 22 de mayo de 1977, y presbítero el 23 de octubre del mismo año. Obtuvo la Licenciatura en Sagrada Escritura en el Pontificio Instituto Bíblico en Roma. Ha desarrollado múltiples encargos pastorales como el de capellán de la rectoría de las Tres Aves Marías; responsable de la Pastoral Bíblica Diocesana y director de la Escuela Bíblica en Morelia; maestro de Biblia en el Seminario Conciliar de Morelia, párroco de la Parroquia de Nuestra Señora de Guadalupe, Col. Guadalupe, Morelia; o vicario episcopal para la Zona de Nuestra Señora de la Luz, Pátzcuaro. Ordenado obispo auxiliar de san Cristóbal de las Casas en 2003. En la Conferencia Episcopal formó parte de las Comisiones de Biblia, Diaconado y Ministerios Laicales. Fue responsable de las Dimensiones de Ministerios Laicales, de Educación y Cultura. Ha participado en encuentros latinoamericanos y mundiales sobre el Diaconado Permanente. Actualmente es el responsable de la Dimensión de Pastoral de la Cultura. Participó como Miembro del Sínodo de Obispos sobre la Palabra de Dios en la Vida y Misión de la Iglesia en Roma, en 2008. Recibió el nombramiento de obispo coadjutor de San Cristóbal de las Casas en 2014. Nombrado II obispo de Irapuato el día 11 de marzo, tomó posesión el 19 de Mayo. Colabora en varias revistas y publicaciones sobre todo con la reflexión diaria y dominical tanto en audio como escrita.