Mons. Enrique Díaz Díaz condivide con i lettori di Exaudi la sua riflessione sul Vangelo di questa domenica 26 novembre 2023, dal titolo: “Siederà sul suo trono glorioso e distaccherà gli uni dagli altri“.
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Ezechiele 34, 11-12. 15-17: “Giudicherò tra pecore e pecore, tra montoni e capri“.
Salmo 22: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla”
I Corinzi 15, 20-26. 28: “Cristo consegnerà il regno al Padre suo perché Dio sia tutto in tutte le cose“.
Matteo 25, 31-46: “Siederà sul suo trono glorioso e separerà gli uni dagli altri“.
Forte, impegnativo e di primaria importanza è il Vangelo di questo giorno. È l’ultima domenica dell’anno liturgico e le viene dato il senso della completezza, coronandola con la parte più importante e centrale di tutto l’insegnamento di Gesù. Ecco perché culmina con questa festa di Cristo Re, che specifica e sottolinea la centralità del suo messaggio. Quando a Gesù veniva chiesto cosa fosse più importante per il Regno, egli dava sempre una risposta chiara che oggi lo evidenzia in modo particolare. Cristo aveva già affermato quale fosse il più grande dei comandamenti, aveva già fatto riferimento alla legge e ai profeti, ma ora, in una descrizione del giudizio finale, arriva a sottolineare che tutti gli altri comandamenti non avranno alcun fondamento se non si scopre l’amore per i più piccoli e insignificanti. È talmente grande questo comandamento che Gesù non esita a identificarsi e a sottolineare l’amore o il disprezzo che si è avuto con loro, con se stesso. Lo stupore e lo sconcerto di chi è stato giudicato favorevolmente o di chi è stato condannato può darci un’idea di quanto sia difficile adempiere a questo comandamento in quel tempo, ma soprattutto nel nostro mondo di oggi.
La festa di Cristo Re è in netto contrasto con un popolo che celebra la sua ricerca di libertà, uguaglianza e giustizia, lontano dai concetti di regalità o di governo aristocratico. È lontano dal concetto di Regno di Dio chiunque cerchi di paragonare Cristo ai re che governano il mondo. In realtà, la narrazione evangelica ci porta a un continuo scambio tra la figura del re e quella del pastore. In certi momenti non è chiaro se sia il Figlio dell’uomo a guidare e separare, o se sia il pastore a giudicare, condannare e premiare. E pastore in senso pieno: colui che va davanti alle pecore, colui che dà la vita per loro, colui che conosce ognuna per nome. Dobbiamo lasciarci alle spalle il falso concetto di re applicato a Gesù, a volte con buone intenzioni, e ricordare ogni sua parola e azione per comprendere la sua vera regalità. Le volte che ha accettato di essere re, o di essere proclamato re, non hanno mai il senso politico di potere o di ricchezza che molti vorrebbero attribuirgli. Egli parla di un’altra regalità, lontana dal modo dei re e dei governanti che opprimono il popolo. Egli si manifesta come il re che dà la vita, che si affretta ad essere il primo a servire, che appare come l’ultimo.
I nostri sensi possono abbagliarci e oscurare il vero volto di questo Re. E Gesù ce lo ricorda in modo drammatico in questa narrazione. Il Re, Dio, può essere raggiunto solo attraverso i volti concreti dei nostri fratelli e sorelle. I volti dei poveri – poveri di pane, poveri di salute, poveri di amore – sono la manifestazione più bella del volto di Dio. Oggi dobbiamo lasciare che lo Spirito parli da dentro di noi e ci aiuti a scoprire questo vero volto di Gesù. Applicando la parabola al nostro mondo di oggi, è chiaro che Gesù non si riferisce solo alle opere di carità che placano la nostra coscienza: un bicchiere d’acqua qui; un tozzo di pane avanzato per gli affamati; un pezzo di stoffa vecchia per una carità. Lo Spirito ci aiuterà a scoprire il volto di Gesù-fratello in ogni persona che soffre e ci spingerà a cercare non solo di alleviare un bisogno momentaneo, ma a impegnarci seriamente nella costruzione del suo Regno. Il vero discepolo del Regno non si lascerà abbagliare dalle apparenze, ma cercherà di costruire una società libera, democratica, giusta e fraterna. Nel momento finale e decisivo per sapere se siamo fedeli al Vangelo di Gesù, i parametri su cui saremo giudicati sono molto chiari. Se siamo veramente partiti dalla contemplazione di Cristo, dobbiamo saperlo scoprire, soprattutto nei volti di coloro con cui lui stesso ha voluto identificarsi.
Il criterio o la misura che Gesù usa per distinguere chi sono i suoi è molto chiaro: è l’atteggiamento di amore o di indifferenza verso i più bisognosi. La Chiesa degli ultimi tempi ha capito che sarà fedele a Gesù solo quando prenderà sul serio questo impegno. Tutta la sua azione e missione si gioca nell’amore per i poveri. L’opzione per i poveri nasce da questa esigenza di Gesù ed è il modo migliore per formulare per la nostra società e il nostro mondo le parole di Gesù. È difficile scoprire Gesù nei poveri, negli affamati e nei bisognosi? Li teniamo lontani dalla nostra vista per non ferirli? C’è chi, cercando di apparire come una società progressista, pulita e accogliente, li “nasconde” e li emargina, perché non siano visti e riconosciuti. Non stiamo forse nascondendo ed emarginando Gesù, perché non tocchi il nostro cuore? Il comandamento di Gesù e i suoi criteri di selezione non sono arbitrari o accomodanti, ma scaturiscono dalla profondità della sua missione. Se è stato inviato per parlarci di un Padre amorevole, se ci insegna che la vita di un piccolo vale la sua stessa vita, se il segno sarà l’amore, noi stessi ci condanniamo per la nostra miopia che non ci permette di scoprire il volto di Dio in ogni fratello. Dovremo abituarci a scoprire il volto di un re in ogni fratello che soffre e a trattarlo come un re, perché in quel volto si manifesta Gesù.
È l’ultimo giorno dell’anno liturgico e siamo invitati a pensare all’ultimo giorno. Ora dobbiamo rivedere bene la nostra vita, se ha il senso e lo sguardo che Gesù ci chiede per essere veramente suoi discepoli. Lo riconosciamo nei nostri fratelli e sorelle? Guardiamo il suo volto nei volti stanchi e senza entusiasmo dei poveri? Stiamo costruendo il Regno con e a partire dai poveri? Siamo capaci di riconoscere il volto di Gesù nei più piccoli? Se così non fosse, mancheremmo il punto nel nostro discepolato e nella nostra sequela di Gesù. Non basta gridare Viva Cristo Re! Dobbiamo riconoscerlo dove Lui ci dice che è più presente: nei poveri.
Padre buono, che hai voluto fondare tutte le cose sul tuo amato Figlio, Re dell’universo, e che ci hai lasciato nei poveri una sua presenza, concedi che ogni creatura, liberata dalla schiavitù, possa servire la tua maestà e lodarti in eterno. Amen