Riflessione di Mons. Enrique Díaz: La fede, se non viene tradotta in opere, è completamente morta

XXIV Domenica Ordinaria

Mons. Enrique Díaz Díaz condivide con i lettori di Exaudi la sua riflessione sul Vangelo di questa domenica, 15 settembre, dal titolo: “La fede, se non viene tradotta in opere, è completamente morta”.

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Isaia 50,5-9: “Ho offerto la mia schiena a coloro che mi percuotevano”

Salmo 114: “Camminerò alla presenza del Signore”

Giacomo 2,14-18: “La fede, se non si traduce in opere, è completamente morta”

San Marco 8,27-35: “Pietro ha detto: ‘Tu sei il Messia’ – Il Figlio dell’uomo deve soffrire molte cose”


Siamo arrivati ​​a una situazione in cui cerchiamo sempre conforto o piacere ed evitiamo sofferenza e fatica a tutti i costi. Le tre letture di questo giorno ci avviano su sentieri difficili e ostili per chi decide di ricercare la volontà di Dio. Isaia riconosce che il dolore e l’incomprensione sono stati la sua compagnia quando ha cercato la volontà di Dio e Lo abbraccia come sua roccia di salvezza. Giacomo, esigente, chiede opere che rendano credibile la fede e ci interpella: “Come puoi dimostrare la tua fede senza le opere?”

Anche Gesù nel vangelo ci interroga seriamente. Lui e i suoi discepoli sono in cammino e lì, camminando, è dove nascono i problemi e le crisi, dove si mette in discussione la meta, dove si rivede il cammino intrapreso. Siamo già a metà del Vangelo di San Marco… Gesù ha compiuto prodigi per la vita e per gli oppressi. Ha liberato i malati e gli indemoniati, ha restituito dignità e valore agli emarginati. Ha denunciato gli atteggiamenti ipocriti e servili degli scribi e dei farisei. Ha annunciato la sua Buona Novella in tutta la Galilea e oltre i confini ed è giunto il momento di chiedersi cosa è stato realizzato. Sembra una cosa da poco: la cecità dei farisei, l’elogio di un popolo che cerca risposte immediate ai propri bisogni, agli interessi dei propri discepoli, allo scandalo e all’allontanamento dalla propria famiglia. È la strada che Gesù vuole? Allora a chi ci sta vicino arriva la domanda: “Chi dice che io sia?”, e le risposte non tardano ad arrivare. Lo paragonano ai personaggi più importanti conosciuti dall’ebreo, e ci si aspetterebbe che Cristo fosse molto contento di queste risposte… ma segue un’altra domanda più incisiva: “E tu, chi dici che io sia?” Non è una domanda accidentale o poco importante, ma la domanda fondamentale nella vita

Le nostre risposte non sarebbero molto lontane da quanto dicono i discepoli. Certamente c’è un’ammirazione per Cristo come uomo, come persona, come fondatore di una religione, come grande maestro. Sono milioni quelli che si dicono suoi seguaci e che in un modo o nell’altro si battezzano e si riconoscono cristiani. Ma è questo ciò che conta per Cristo? Inoltre, c’è chi lo attacca e cerca di infangargli il nome, c’è chi vorrebbe distruggerlo, o che venisse ignorato… ma Cristo continua a insistere sulla sua domanda: “E tu, chi dici che lo sono?” Non si aspetta confessioni o monumenti, non ti chiede se porti una medaglia sul petto o se hai una bella immagine nella tua stanza, ma chiede piuttosto della tua vita. Non con le tue parole, con la tua vita, chi dici che io sia. Certo, siamo in tanti a definirci cristiani, ma forse riceveremmo lo stesso rimprovero rivolto a Pietro: “Vai dietro a me, Satana! Perché tu non giudichi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Perché pur definendoci suoi seguaci, ci adattiamo più ai criteri degli uomini che a quelli di Gesù, perché cerchiamo i primi posti, perché lottiamo duramente per il potere, perché mentiamo e rubiamo, perché voltiamo le spalle al prossimo, perché non abbiamo capito cosa vuole Gesù! Usiamo il tuo nome per i nostri scopi.

Come Pietro, ora diamo qualche consiglio molto pratico a Gesù sul suo modo di essere il Messia, perché la sua proposta ci sembra assurda nel mondo moderno. Gli diremmo che deve adattarsi, che deve rinnovare i suoi schemi. Che non è possibile continuare a sognare un mondo dove tutti siano fratelli, che ci sono differenze e bisogna accettarle, che il sacrificio e la lotta per i piccoli e i poveri non portano alla vittoria, che i grandi successi si ottengono nella un’altra strada… e Gesù ci direbbe ancora che queste non sono le sue vie, ma le vie degli uomini. Se guardiamo attentamente i discepoli, vedremo che seguono Gesù, ma non hanno cambiato idea e mentalità. Resistono a perdere i loro progetti di trionfo, e ora Gesù presenta loro un nuovo modo per seguirlo. Non si tratta più solo di accompagnarlo e di condividere la missione di guarigione e di predicazione. Ora seguirlo rappresenta il conflitto, la sofferenza e la morte. Solo così si potrà difendere la verità e la vita. Perciò, pur correndo il rischio di rimanere solo, ripensa chiaramente la sua proposta: “Chi vuole venire con me, rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. È la stessa proposta che Gesù ci fa. Non c’è altro modo di essere suo discepolo che prendere la sua croce. Dobbiamo rinunciare ai nostri progetti di potere, interessi personali, soddisfazioni e ambizioni. Cristo è radicale. L’unico modo per seguirlo è portare la croce, l’unico modo per preservare la propria vita è perderla per Lui e per il Vangelo.

Non sono superficialità, non è una religione da travestirsi, non sono apparenze, è una dedizione completa e definitiva al suo vangelo. È toccare con la sua parola tutti gli aspetti della nostra vita, è aprire le nostre orecchie e il nostro cuore e lasciarci invadere dai suoi criteri. La questione di Gesù non può essere lasciata da parte. Oggi dobbiamo avere un atteggiamento di ascolto. Devo assorbire ciò che Gesù mi dice. Ruminatelo e assumetelo in tutti i momenti della mia vita, anche quelli più piccoli. Oggi ho bisogno di parlare con tutta onestà con Gesù dei miei sentimenti, dei miei desideri e chiedergli se non sono sbagliati, se non è un modo di pensare allo stile degli uomini. Oggi ho bisogno di confrontare la mia vita con il Vangelo e pormi domande serie: chi è Gesù per me? Fino a che punto sono disposto a seguirlo? Vale la pena vivere la vita come sto facendo io?

Guardaci, Signore, con occhi di misericordia e facci sperimentare vividamente il tuo amore, perché possiamo seguirti con sincerità e servirti con tutte le nostre forze. Amen.