Mons. Enrique Díaz Díaz condivide con i lettori di Exaudi la sua riflessione sul Vangelo di questa domenica, 10 novembre 2024, dal titolo: “Il Signore è sempre fedele alla sua parola”.
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I Re 17,10-16: “Con un pugno di farina la vedova fece un panino e lo portò a Elia”
Salmo 145: “Il Signore è sempre fedele alla sua parola”
Ebrei 9,24-28: “Cristo ha offerto se stesso una volta per togliere i peccati di tutti”
Una rivendicazione e una lode sgorgano dalle labbra di Gesù in questa domenica. Di fronte agli scribi che hanno pervertito il senso della legge, la loro recriminazione arriva forte; Appare luminosa, invece, la generosità della vedova, che con le sue due monete dona la sua vita e tutti i suoi averi. Gesù mette in mostra l’ipocrisia del denaro che fa molto rumore e la bontà apparente, degli scribi; Loda invece la generosità di un’offerta che dona tutto ciò che si possiede. Lo abbiamo sperimentato più di una volta: c’è chi dona ostentatamente e cerca il proprio tornaconto; C’è invece chi, avendo meno, dona tutto con gioia.
Gli insegnamenti di Gesù partono dalla vita, guardando talvolta al positivo, talvolta avvertendo di atteggiamenti che nuocciono alla vita dei suoi discepoli. Oggi San Marco ci presenta Gesù, evidenziando il forte contrasto che esiste tra il comportamento degli scribi e quello della povera vedova. Gesù sa vedere oltre le apparenze e ci fa notare uomini e donne che, apparentemente, non hanno nulla che attiri l’attenzione. Seduto, osservante, non si lascia sfuggire l’ostentazione del ricco, né passa inosservata l’insignificante offerta della vedova. Il contrasto è evidente e Gesù si mostra come giudice implacabile di chi ostenta denaro, potere e generosità e come difensore incorruttibile dei più poveri.
Sarebbe interessante incontrare e parlare con questa povera vedova dei suoi bisogni e desideri. Perché ha depositato nel salvadanaio tutto ciò che gli restava per vivere?Ma soprattutto sarebbe molto interessante chiedergli cosa significa avere fede, cosa significa avere generosità, virtù e atteggiamenti di vita che si intrecciano tra loro e si sostengono a vicenda. Ma temo che non ci spiegherebbe molto: li vive prima di spiegarli. Forse ci direbbe che spetta agli scribi descrivere e spiegare questi atteggiamenti. Sanno tante cose e lo spiegano con belle parole, lei semplicemente dona tutto quello che ha al Signore, è così povera che cos’altro può fare? Ma mette tutto nelle mani del Signore. Ed è lì che inizia la fede: la piena fiducia in Dio. Fede, innanzitutto, significa non fare calcoli, non fare riserve, non prendere misure precauzionali. Si tratta di rischiare tutto, senza nascondere nulla come garanzia. Si tratta di iniziare un’avventura lungo un percorso difficile, senza lasciare possibili vie di fuga. La fede inizia quando troviamo le nostre mani vuote e ci mettiamo nelle mani di Dio.
Ma la generosità di questa vedova è anche la base della solidarietà. Non si tratta di dare ciò che ci avanza o di cui non abbiamo più bisogno; Non si tratta di liberarci della spazzatura che ingombra le nostre case e che “magari qualcun altro” può essere utile. Non si tratta di un aiuto che umilia, ma di un impegno che promuove la fraternità. Seguendo l’esempio di Gesù, e anche quello della vedova, la solidarietà implica uno scambio tra uguali, anche se possediamo beni diversi; una consegna di ciò che dà vita, una donazione del nostro tempo e di tutto ciò che siamo. Uno è generoso non quando si aggrappa a tutti i suoi averi per sentirsi sicuro, ma quando offre ciò che anche gli manca. Certo, è una rivoluzione nel nostro pensiero e nelle nostre ambizioni, ma la proposta di Gesù è rivoluzionaria altrimenti cessa di essere vera. Gesù non propone la mediocrità e l’indifferenza, si è donato pienamente. C’è un altro insegnamento che ci lascia questa povera vedova: svolgere i nostri compiti con pienezza e non nella mediocrità. Sono tanti quelli che “sopravvivono”, “arrangiano”, “si lasciano trasportare dai venti”, ma senza vivere pienamente. Se contempliamo Gesù, lo scopriamo vivere e donarsi senza misura, senza calcoli. Dare tutto quello che ha e darsi tutto; svuotandosi, svuotandosi ed esaurendosi, senza nulla per sé. Per questo viene consegnato in forma di pane: schiacciato, perché tutti possano mangiarlo e avere la vita. Gesù rende visibile il detto del nostro popolo: “buono come il pane”.
Oggi c’è gente che vive così. Amano lasciarsi trasportare dall’esplosione della loro generosità, riempiono ogni momento con il loro entusiasmo e la loro gioia, anche se le loro tasche sono vuote. Non si tratta di fuggire artificialmente da una situazione di crisi, ma è l’unico modo per vivere cristianamente la crisi: condividendo nella fede, nella generosità, e non lasciando morire la speranza. Solo unendo quel poco, quasi nulla, che hanno migliaia di persone generose, sarà possibile creare un mondo nuovo. Conosco persone a cui la crisi e la povertà hanno lasciato un carattere amareggiato e hanno diviso e messo in conflitto le famiglie; e ricordo con ammirazione le famiglie che, grazie ad una crisi economica, hanno scoperto di avere molti più valori da condividere e che il loro amore li sostiene e incoraggia. Il nostro contributo a un mondo migliore, la nostra generosità, perché è così piccola, sembra non risolvere i problemi gravi, ma innesca la speranza e la gioia di fare, mantiene viva la brace dell’amore. Agire sulla realtà e cambiarla, anche poco, è l’unico modo per dimostrare che l’amore sconfigge l’odio, l’indifferenza e l’ingiustizia.
Aiutaci, Signore, a lasciare nelle tue mani paterne tutte le nostre preoccupazioni, per donarci con maggiore libertà e generosità alla costruzione del tuo Regno. Amen.