Mons. Enrique Díaz Díaz condivide con i lettori di Exaudi la sua riflessione sul Vangelo di questa domenica, 26 maggio 2024, dal titolo: “Che siano uno, Padre, come Tu e io siamo uno”.
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Deuteronomio 4, 32-34. 39-40: “Il Signore è il Dio del cielo e della terra, e non ce n’è nessun altro”
Salmo 32: “Beati gli eletti di Dio”
Romani 8,14-17: “Avete ricevuto uno spirito di figli in virtù del quale possiamo chiamare Dio Padre”
San Matteo 28,16-20: “Battezza tutte le nazioni nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.
Oggi la nostra celebrazione ha un significato davvero speciale. È vero che ogni giorno, e soprattutto la domenica, la nostra lode e la nostra contemplazione sono rivolte al nostro Dio, è vero che tutto ciò che facciamo ha sempre in Lui la sua origine e la sua finalità, ma oggi vogliamo farlo in modo più consapevole, fermarci un attimo a contemplarla, sperimentare la sua vita interiore e lasciarci “bagnare”, avvolgere, dal suo amore. Mosè, nella prima lettura di questa domenica, loda e loda un Dio che ha mostrato la sua potenza a favore del popolo, che ha creato l’uomo con amore speciale, che gli parla, che lo accompagna, che lo ha fatto uscire dalla schiavitù per farne il suo popolo. Dio è qualcuno che si è rivelato, ha scoperto se stesso e ha mostrato il suo volto in mezzo al fuoco. È legato all’intera persona; Ha fatto di Israele il suo popolo preferito; È diventato la tua proprietà personale. Tutti questi benefici sono stati gratuiti e immeritati da parte degli ebrei. Ed è per questo che Mosè chiede al popolo di non dimenticare che la sua legge è la legge della vita per mantenere il rapporto con Dio, fonte della felicità.
Quando sento Mosè parlare ed esprimersi così di Dio, mi sembra strano sentire chi afferma che il Dio dell’Antico Testamento è un Dio crudele e punitore… È vero, è geloso, ma per Amore. Ma mi sorprendono di più le immagini che molti di noi hanno di Dio, ridotto a caricatura di ciò che egli non è. Una sorta di tappare i buchi per risolvere ciò che la nostra ignoranza. Qualcuno da incolpare per i nostri complessi e fallimenti. Qualcuno distante e allo stesso tempo curioso. E allora, poiché si ha questo concetto molto errato di Dio, si finisce per negarlo, anche se poi lo si cerca nella bellezza, nella giustizia, nel desiderio di comunità e di amore.
Se già nell’Antico Testamento abbiamo intravisto scorci di questa bontà e bellezza di un Dio vicino, con Cristo, “Verbo fatto carne”, Dio rompe i muri dove lo avevamo rinchiuso, il cielo, il tempio e il santuario, e si fa viandante, compagno, amico e fratello. Un volto che scopre e rivela un mistero grande e che ci chiama a conoscerlo e a viverlo: “Vieni e lo vedrai” “Non vi chiamo servi perché il servo non sa quello che fa il suo padrone, vi chiamo amici perché vi ho fatto conoscere tutto”. E ci invita a partecipare a quella vita, unità e dinamismo che stanno vivendo in compagnia dello Spirito. Il suo desiderio è che «tutti siano uno come tu in me e io in te siamo uno». Il nostro Dio nel suo mistero più intimo non è solitudine, ma famiglia. E il Signore Gesù ci invita a questa unità e vitalità. È il mistero che Egli vuole svelarci, ma non per esaminarlo scientificamente, ma per viverlo nell’amore e nell’amicizia. Gli scienziati ora si preoccupano delle ghiandole e degli ormoni che aiutano od ostacolano il risveglio dell’amore o dell’amicizia, ma chi ama veramente, chi è un vero amico, non ha bisogno di descrizioni, ma piuttosto dell’esperienza dell’amore. Allo stesso modo, Gesù ci chiama e ci invita a vivere in questa armonia dinamica e creativa della Santissima Trinità, dove tutto è unità, creazione ed esplosione di amore.
Questa è la rivelazione più accessibile di Dio e del suo mistero trinitario. La Trinità non è solo l’ideale e il modello di unione, diversità e comunione che la Chiesa è chiamata a realizzare tra i suoi membri. La Trinità è la fonte della nostra vita e identità cristiana. Ci rivela che Dio nel suo mistero più intimo e nella sua rivelazione più profonda non è solitudine, ma famiglia: paternità, filiazione e amore vivo e creativo. È l’espressione migliore per comprendere la nostra vita cristiana come incontro, invio, promessa e presenza. Per questo dobbiamo rompere i nostri muri per seguire Gesù, per questo dobbiamo andare in tutto il mondo e incarnarci e vivere pienamente la comunione e la famiglia umana.
Il messaggio che Gesù ci rivolge oggi nel vangelo non avrebbe alcun senso se non avessimo sperimentato l’amore in prima persona. Non ha senso “farsi battezzare”, immergersi, perdersi nella Trinità, se non siamo pieni dello Spirito d’Amore. Non è questione di imparare, è questione di vita, di lasciarsi andare lasciarsi amare, di perdersi nell’infinito di questo Dio Uno e Trino che ci riempie di tutta la sua vita, del suo amore e del suo Spirito creatore. Il nostro invio ha lo stesso significato e la stessa forza di Gesù: “Come il Padre ha mandato me”. Allora anche noi siamo inviati a proclamare, a vivere e ad annunciare l’amore che è nel nostro Dio. Per dire che l’abbiamo sperimentato e rendere tutti gli uomini partecipi di questo amore. Giorno della Santissima Trinità, giorno in cui dobbiamo vivere pienamente questa comunione con il nostro Dio e con i nostri fratelli. Come la stiamo vivendo?
Dio Padre, che mandando nel mondo la Parola di verità e lo Spirito di santità, hai rivelato agli uomini il tuo mirabile mistero, fa’ che, professando la vera fede, possiamo riconoscere la gloria dell’eterna Trinità e adorare l’unità della sua maestà onnipotente. Amen.