Mons. Enrique Díaz Díaz condivide con i lettori di Exaudi la sua riflessione sul Vangelo di questa domenica, 24 marzo 2024, dal titolo: “Beato colui che viene nel nome del Signore”
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Testo per le Palme: San Giovanni 12,12-16: «Beato colui che viene nel nome del Signore»
Isaia 50,4-7: “Non ho distolto lo sguardo dagli insulti e so che non proverò vergogna”
Salmo 21: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Filippesi 2,6-11: “Cristo umiliò se stesso, perciò Dio lo esaltò”
Passione di Nostro Signore Gesù Cristo secondo San Marco. (14, 1-15, 47)
Un pellegrinaggio speciale.
La Domenica delle Palme è il ricordo e il rinnovamento di un ingresso a Gerusalemme, forse l’unica manifestazione che potremmo chiamare la “potenza” di Gesù, ma non la potenza che schiaccia e opprime, bensì qualcosa di molto diverso. Ci vuole molto più di un asino per impressionare gli abitanti di Gerusalemme. L’asino, i discepoli, i mantelli, i rami e un contingente, provenienti quasi tutti da fuori, compongono l’insolito spettacolo. La semplicità, l’umiltà e la bontà di Gesù la fanno sembrare non l’entrata trionfale di un vincitore, ma piuttosto la manifestazione popolare di pace e di gioia dei poveri del suo Regno che ora si sentono a loro agio tra le acclamazioni. Il grido di “osanna” può esprimere tutto ciò che significa questo movimento: se in origine è la supplica a Dio: “Signore, salvaci ora”, oppure “Salvaci”, con il passare del tempo, lasciando un po’ del suo significato originario , Diventa un’esclamazione di lode. Essa acquista così non solo il significato di preghiera e di supplica, ma si mescola ai sentimenti profondi di un popolo che ripone tutta la sua speranza in un Dio liberatore e nel suo Messia.
Stendere i mantelli e tagliare i rami per preparare e decorare il cammino ha una stretta relazione con le feste di intronizzazione dei re d’Israele, ma Gesù ha chiarito molto chiaramente che il suo regno è lontano dalle aspettative del popolo. Si aspettavano l’apparizione di un Messia potente, guerriero e vittorioso, ma Cristo sconvolge questa ideologia sopprimendo i carri, i cavalli e gli archi per un cavallo preparato e scelto per mostrare i fondamenti del suo Regno: verità, giustizia, amore e servizio. Molte volte ho pensato al significato di quei mantelli che le persone semplici ponevano al passaggio del Signore e li guardo come segno del cammino di costruzione del nuovo regno. Con frammenti di persone semplici si può costruire un nuovo cammino lungo il quale marcia veramente il Regno di Dio. Non è la strada dura e asfaltata che deve sopportare il forte passo del cavallo che schiaccia e distrugge. È un cammino nuovo, apparentemente fragile, composto da un mantello scolorito dal dolore, da un pezzo di stoffa intorpidito dall’ingiustizia, da una toppa che cerca di riparare la nudità, dal pezzo di ramo portato da piccole comunità lontane, dal mantello logoro del vecchio o della tenera coperta del bambino… diventano tutti parte di questo nuovo cammino, intrecciato, intrecciato, unito che può sostenere, incoraggiare e dare nuova forza al cuore.
“Beato il regno che viene” È l’espressione che manifesta allo stesso tempo una realtà e un sogno. Realtà perché Cristo ha già assunto i dolori e le sofferenze delle persone; sognare, perché questo Regno richiede una costruzione quotidiana e uno sforzo continuo per continuare a costruire. I rami sono acclamazione e simbolismo, non del legno che colpisce e distrugge il popolo, ma della dignità di colui che cammina in mezzo ai suoi discepoli e seguaci. I rami non vengono tagliati per distruggere la natura, ma per annunciare nuova vita e nuova speranza. Sono rami per lodare Gesù e annunciare la venuta del suo Regno. Sono rami per costruire una nuova umanità basata sulla pace, sulla giustizia e sulla fratellanza. Anche oggi dobbiamo mettere il nostro manto e il nostro tralcio nella grande costruzione del nuovo regno. Sarà molto povero, sarà logoro, avrà grossi buchi che dovremo rattoppare, ma così si costruisce una nuova storia e una nuova trama, alla sequela di Gesù. Alzeremo il nostro mazzo di fiori proclamando che c’è una nuova speranza, che nonostante un mondo pazzo e scardinato, si possono vedere germogli di vera fede e di vero amore. Questo è ciò che Cristo ha fatto. Non ha rifiutato i mantelli né i rami, ma ha dato loro un significato nuovo.
Quasi a ricordarci che questo grido di “Osanna” implica una decisione seria nella sequela di Gesù, appena terminata la nostra processione delle Palme, viene proclamata la Passione secondo San Marco, con tutta la sua crudezza, con tutto il suo realismo. Costruire il Regno implica donare la propria vita e assumerne le conseguenze. Al ramo e al mantello dobbiamo unire la spalla che porta la croce e solidale con il dolore e la disperazione di un’immensa moltitudine. Cristo non ha rifiutato il dolore né della croce né della morte, né lo ha fatto il suo seguace