Riflessione del vescovo Enrique Díaz: “Questi è il Figlio mio, l’eletto, ascoltatelo”
Seconda domenica di Quaresima

Il vescovo Enrique Díaz Díaz condivide con i lettori di Exaudi la sua riflessione sul Vangelo di questa domenica, 16 marzo 2025, intitolato: “Questi è il Figlio mio, l’eletto, ascoltatelo”.
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Genesi 15, 5-12. 17-18: “Dio fa un patto con Abramo”
Salmo 26: “Il Signore è la mia luce e la mia salvezza”
Filippesi 3:17-4:1: “Cristo trasformerà il nostro umile corpo in un corpo glorioso come il suo”
Luca 9:28-36: “Mentre pregava, il suo volto cambiò”
Siamo giunti alla seconda domenica di Quaresima, e Gesù, come quei tre discepoli, ci invita ad accompagnarlo, a seguirlo, a rimanere con lui. Perché noi? Perché anche noi troviamo la loro missione e la nostra ricerca molto difficili. Pietro fece la grande dichiarazione in risposta alla domanda di Gesù: “Ma voi, chi dite che io sia?” Con saggezza e coraggio dichiarò: “Tu sei il Cristo di Dio”, ma poi rimase sconcertato quando sentì Gesù parlare del Figlio dell’uomo che avrebbe dovuto soffrire ed essere rifiutato, condannato a morte e poi risorgere tre giorni dopo. Gesù aggiunge anche che se qualcuno vuole seguirlo, deve rinnegare se stesso, prendere ogni giorno la sua croce e seguirlo.
Tutto questo è sembrato a Pedro, e anche a noi, una sciocchezza. Si attende un Messia, lo si cerca con ansia come il vero e potente liberatore, e i discepoli non si aspettano che gli tocchi un destino così tragico. Portare croci e rinnegare se stessi sembra incomprensibile nella mentalità di Pietro e dei suoi compagni. È anche difficile per noi comprendere che chi perde la propria vita la troverà e chi vuole salvarsi sarà perduto. Ecco perché c’è confusione tra i discepoli, e anche tra noi che aspiriamo a una vita comoda, pacifica e senza incidenti. Esattamente l’opposto di ciò che propone Gesù. Come capirlo? Solo se ci lasciamo guidare da Gesù, se accettiamo la sua compagnia, potremo comprenderlo.
“Salì su una montagna per pregare.” La montagna è la vicinanza a Dio, è mettersi alla presenza di Dio e vedere le cose come le vede Dio, con «i suoi occhi e il suo cuore». Quando restiamo con i piedi per terra, i nostri scopi e interessi diventano bassi. Dobbiamo scalare la montagna, dobbiamo alzare lo sguardo, dobbiamo staccare i nostri occhi e il nostro cuore dai beni materiali per comprendere il senso della vita. Cristo li porta sul monte perché innalzino la loro meta, perché comprendano il senso del loro “esodo” e della loro ascesa a Gerusalemme. In un clima di preghiera, di condivisione del cuore, potremo esprimere i nostri timori, ma anche ricevere la consolazione e la “spiegazione” che Gesù dà alla sua vita. Le sue spiegazioni sono esperienze vissute in sua presenza. Il suo volto è trasformato, proprio come quello di Mosè quando era alla presenza del Signore. Elia e Mosè stesso appaiono, parlando della morte, “dell’esodo”, che lo attendeva a Gerusalemme. Pedro e i suoi compagni vincono il sonno per contemplare la scena e intendono restare solo a contemplare. Ma il Regno di Dio non è solo contemplazione, è anche costruzione e carico della croce. Trasforma i volti dei nostri fratelli e sorelle sofferenti nei volti di Gesù vivo.
«Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo». È la voce che si sente e il programma che viene offerto a chiunque si avvicini a questa scena. Potremmo dire che è il tema centrale di questa “teofania” o manifestazione di Dio. Sì, Egli ha rivelato la sua gloria e i discepoli sono stati coperti dalla nuvola, ma tutto ha uno scopo: ascoltare la voce del Figlio, ascoltare la sua buona novella. Lasciatevi contagiare dal suo messaggio e trasformate, cambiate le nostre vite. Questa è la chiave del racconto: per stare vicino a Gesù non è necessario piantare tende, ma ascoltarlo, vivere la sua parola. Il pellegrinaggio non è terminato; siamo in cammino, anche se la Trasfigurazione mette brevemente in luce lo scandalo della croce annunciata. Ognuno di noi, nel suo cammino verso l’esodo in cielo, guarda la montagna, come Israele guardò il Sinai nel suo esodo. Su quel monte, nella figura di Gesù, nelle sue parole, nella sua morte e risurrezione, troveremo il cammino della trasfigurazione. Non vorremmo la morte, ma la morte è un segno d’amore. E se la morte è la più grande delle assurdità, da Cristo, fin dalla sua morte e risurrezione, intraviste oggi nella Trasfigurazione, rischiare la propria vita, spenderla nella lotta per la giustizia e la solidarietà, per la verità e la vita, è l’evento fecondo per eccellenza, poiché Cristo associa a sé una moltitudine di fratelli.
Nel contesto della Quaresima, la trasfigurazione di Gesù ci aiuta a comprendere la nostra trasfigurazione e la trasfigurazione del mondo in cui viviamo. Se affermiamo che ogni uomo e ogni donna è il volto di Gesù, dovremo riconoscere che lo abbiamo sfigurato sia in noi stessi che negli altri, e che sarà difficile riconoscere il volto di Gesù nella caricatura di un volto che ci offrono gli uomini del nostro tempo: la miseria, la povertà estrema, l’emarginazione continuano a sfigurare il volto di Gesù. Ma sono anche smorfie di quello stesso volto, i volti coperti dalla ricchezza e dal potere, i volti nascosti sotto i veli del lusso, i volti divorati dall’odio e dalla guerra, i volti deformati dal piacere o dalla compravendita di persone. La nostra sfida oggi è scoprire il volto di Gesù in ogni persona e restituire a ciascuno di loro la vera dignità. Anche il nostro volto oggi deve “riflettere” quella serenità e quella presenza di Dio. La Quaresima sia tempo di preghiera e di ascolto attento della voce del Figlio amato.
Signore, Padre santo, tu ci hai comandato di ascoltare il tuo Figlio diletto, alimenta la nostra fede con la tua parola e purifica gli occhi del nostro spirito, perché possiamo gioire nella contemplazione della tua gloria e scoprire il suo volto in ciascuno dei nostri fratelli. Amen
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