01 Aprile, 2025

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Riflessione del vescovo Enrique Díaz: Il cuore del Padre

Quarta domenica di Quaresima

Riflessione del vescovo Enrique Díaz: Il cuore del Padre
Pixabay

Il vescovo Enrique Díaz Díaz condivide con i lettori di Exaudi la sua riflessione sul Vangelo di questa domenica, 30 marzo 2025, intitolato: “Il cuore del Padre”.

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Giosuè 5:9, 10-12: “Il popolo di Dio celebrò la Pasqua entrando nella Terra Promessa

Salmo 33: “Mettete alla prova e vedete quanto è buono il Signore

2 Corinzi 5, 17-21: “Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo”

Luca 15, 1-3. 11:32: “Tuo fratello era morto ed è tornato in vita

Nessuno può negare che questa sia una delle più belle parabole di Gesù, e che tocchi il cuore perché ne tocca le fibre più intime. È nota come “parabola del figliol prodigo”, perché la figura del figlio è presente in tutto il racconto e, sia nel bene che nel male, suscita in noi sentimenti di condanna, di compassione o di riflessione schietta sulla nostra vita. Alcuni hanno insistito nel chiamarla “la parabola del padre misericordioso” o “la parabola dell’amore del padre”, sostenendo che, mentre è vero che il figlio dissipatore appare in tutta la narrazione e la sua decisione di tornare è un’azione difficile e altamente lodevole, non ha alcun parallelo con l’atteggiamento delle braccia paterne sempre aperte che anelano al figlio, il ripristino della dignità con le vesti e l’anello e la celebrazione festosa attorno alla tavola paterna. Le azioni del padre superano di gran lunga ogni aspettativa e rientrano nelle intenzioni di Gesù per sconvolgere l’immagine distorta di Dio Padre che si è impossessata di quelle persone e che ha un impatto significativo anche sul nostro ambiente.

Ma c’è un altro personaggio che merita attenzione in quanto elemento essenziale di questa storia: il figlio maggiore. E poi c’è chi preferisce chiamarla: “la parabola dei due fratelli”. E san Luca giustifica questo racconto sulla bocca di Gesù perché: «Si avvicinavano a lui i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano tra loro: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”». Cioè, ci presenta due gruppi, due fratelli: pubblicani e peccatori, da una parte; Dall’altro, i farisei e gli scribi. La lotta fratricida che risale a Caino e Abele, i conflitti tra fratelli che si ripetono nella storia biblica, la lotta di popoli e famiglie che si sono squalificati e attaccati a vicenda fin da tempi immemorabili. Gesù, quindi, prende in carico questi conflitti che si verificano all’interno delle famiglie, delle comunità e dei popoli e dà loro una nuova direzione. Se il Padre è andato incontro al figlio dissipatore offrendogli un’accoglienza incredibile, con abbracci e baci che ricordano più quelli di una madre, come direbbe Osea, se gli ha organizzato un grande banchetto con tutto il popolo per restituire l’onore a chi lo aveva perso, con uguale o maggiore affetto va alla ricerca del figlio “buono” che rifiuta il fratello. Lei non gli urla contro, non gli dà ordini, non si comporta come un giudice o un capo, semplicemente, ancora una volta come una madre, lo supplica di andare alla festa. L’esplosione di rabbia e la serie di lamentele sembrano rivelare il vero cuore del fratello maggiore. Esige, conta i servizi, esige attenzioni e dimentica di aver vissuto nella casa del padre, che appartiene alla famiglia. Umilia il padre e denigra il fratello; non comprende l’amore paterno verso il fratello, che non riconosce. Non accoglie né perdona.

Cosa passa nel cuore del padre? Egli guarda con occhi di misericordia, parla con speciale tenerezza e contempla il figlio venuto da lontano, non come una persona depravata, ma come un guarito, «un figlio morto tornato in vita». Ma guarda con immenso amore anche il fratello maggiore perché non è un servo o uno schiavo, ma un figlio amato che può godere di tutti i beni del padre e sedersi a tavola con dignità. Il suo unico desiderio è vedere i suoi due figli seduti allo stesso tavolo, condividendo fraternamente e gioiosamente il banchetto preparato. Non è forse questo il sogno di ogni genitore? Non è forse questo il sogno di ogni mamma? Cosa avrebbero provato, ascoltando questa parabola, quei genitori che avevano chiuso le porte ai figli ribelli che se ne erano andati di casa? Cosa penserebbero coloro che si sentivano così giusti e sicuri da disprezzare i propri fratelli? Forse all’inizio avrebbero giudicato sciocco e codardo il padre che permette la dissolutezza e l’arroganza dei propri figli, ma nel vedere la sua incredibile compassione, nel vederlo perdonare e proteggere maternamente il figlio perduto, nel vederlo andare incontro al fratello maggiore tanto fastidioso, cercando la riconciliazione e la partecipazione alla stessa festa, tutti sono rimasti sorpresi e commossi da un amore così grande. Forse questa è la lezione più grande che Gesù vuole offrirci: al di sopra delle nostre meschinità e miserie, delle nostre lotte fraterne e delle nostre squalifiche, c’è il cuore amorevole del Padre.

I tre personaggi della parabola dovrebbero rappresentarci una forte sfida: possiamo assumere il ruolo di ciascuno di loro e confrontarlo con il nostro comportamento. E così, a volte guarderemo a noi stessi come al figlio che, annegato nella miseria, caduto negli abissi, si ritrova impotente, umiliato dalle proprie ambizioni, e ora ha bisogno di tornare, di tornare alla casa del padre; altre volte ci sentiremo abbracciati e accarezzati dal Padre che ci ha salvati dal peccato; Non assumiamo mai l’atteggiamento del fratello maggiore, della critica dura e del cuore chiuso, che non si converte né accetta la conversione del fratello, che si chiude alla bontà del Padre e che esclude il fratello dalla mensa, con argomenti che lo giustificano. La Quaresima è tempo per rialzarci e ritornare al Padre per risentire tutta la sua tenerezza; È tempo di riconquistare la dignità di figlio e di assumere lo status di fratello. Oseremo, in questa Quaresima, ritornare alla casa del Padre?

Signore, Padre di Misericordia, aiutaci a riconoscere le barriere che abbiamo eretto e che ci allontanano dai nostri fratelli e sorelle, allontanandoci da Te. Donaci la forza di affrontare la nostra miseria, di rialzarci dai nostri peccati e di ritornare tra le tue braccia amorevoli. Amen.

Enrique Díaz

Nació en Huandacareo, Michoacán, México, en 1952. Realizó sus estudios de Filosofía y Teología en el Seminario de Morelia. Ordenado diácono el 22 de mayo de 1977, y presbítero el 23 de octubre del mismo año. Obtuvo la Licenciatura en Sagrada Escritura en el Pontificio Instituto Bíblico en Roma. Ha desarrollado múltiples encargos pastorales como el de capellán de la rectoría de las Tres Aves Marías; responsable de la Pastoral Bíblica Diocesana y director de la Escuela Bíblica en Morelia; maestro de Biblia en el Seminario Conciliar de Morelia, párroco de la Parroquia de Nuestra Señora de Guadalupe, Col. Guadalupe, Morelia; o vicario episcopal para la Zona de Nuestra Señora de la Luz, Pátzcuaro. Ordenado obispo auxiliar de san Cristóbal de las Casas en 2003. En la Conferencia Episcopal formó parte de las Comisiones de Biblia, Diaconado y Ministerios Laicales. Fue responsable de las Dimensiones de Ministerios Laicales, de Educación y Cultura. Ha participado en encuentros latinoamericanos y mundiales sobre el Diaconado Permanente. Actualmente es el responsable de la Dimensión de Pastoral de la Cultura. Participó como Miembro del Sínodo de Obispos sobre la Palabra de Dios en la Vida y Misión de la Iglesia en Roma, en 2008. Recibió el nombramiento de obispo coadjutor de San Cristóbal de las Casas en 2014. Nombrado II obispo de Irapuato el día 11 de marzo, tomó posesión el 19 de Mayo. Colabora en varias revistas y publicaciones sobre todo con la reflexión diaria y dominical tanto en audio como escrita.