Dopo aver appreso che il numero degli aborti dichiarati nel 2023 in Spagna ha superato la soglia dei 100.000, si sta preparando il progetto di protocollo per la registrazione dei professionisti che si dichiarano obiettori alla pratica dell’aborto.
Va chiarito che il numero degli aborti reali supera il numero degli aborti conteggiati, dato che molti aborti chimici non vengono né dichiarati né conteggiati. Il numero di questi aborti non dichiarati, in cui vengono utilizzati farmaci come il mifepristone o il misoprostolo, aumenta ogni anno, perché le pillole abortive possono essere ingerite a casa, senza richiedere cure ospedaliere a meno che non compaiano complicazioni, che possono essere gravi.
La predisposizione di registri degli obiettori con il presunto obiettivo di garantire l’erogazione dell’aborto dai centri pubblici a coloro che ne fanno richiesta, implica un’ingerenza nella loro libertà di pensiero e nella privacy, costringendo alcuni professionisti a rendere pubblica la loro posizione su questioni che lo toccano coscienza.
Si sarebbe potuto invece articolare un elenco del personale sanitario che ha accettato di effettuare aborti, che fosse volontario e non obbligatorio, non obbligando chi si oppone a queste pratiche a rendere pubblici i propri criteri di coscienza.
L’eventuale utilizzo di queste future liste di obiettori per scopi diversi da quello di garantire la fornitura dell’aborto, come escluderli da determinati lavori o applicare qualsiasi altro tipo di discriminazione nei loro confronti, incide sull’ingiustizia di questa misura, promossa dall’attuale ministro La Salute, strenua difesa dell’aborto e della sua estensione.
Occorre chiarire alcune delle espressioni usate dal ministro per difendere la creazione di questi registri.
Innanzitutto, parlare di “aborto libero e sicuro” costituisce una manipolazione che deve essere smascherata. Non è gratuita perché alla donna che chiede di abortire non vengono fornite alternative, né viene informata dei rischi e delle conseguenze; L’ultima riforma della legge sull’aborto ha eliminato l’obbligo di fornire informazioni alle donne prima di abortire. Né è sicuro, perché, come mostrano ricerche correlate, l’aborto aumenta significativamente il rischio di subire conseguenze fisiche e psicologiche nelle donne che abortiscono, essendo più elevato in caso di aborti ripetuti.
Il ministro parla di coloro che si oppongono all’aborto come di coloro che “rimettono nei nostri corpi la battaglia politica”, ignorando sorprendentemente che il corpo su cui si agisce per provocare la morte non è quello della donna incinta, bensì quello di suo figlio, una persona diversa da lei.
La proliferazione di eufemismi e manipolazioni linguistiche quando si parla di aborto cerca di nascondere il dramma intollerabile di giustificare l’uccisione del figlio da parte di una madre. Parlare di interruzione volontaria di gravidanza, di aborto sicuro, di libertà della donna o di salute sessuale e riproduttiva, costituiscono eufemismi dietro i quali si nasconde un atto violento e ingiusto, per il quale lo scorso anno nel nostro Paese hanno perso la vita più di 100.000 esseri umani.
Julio Tudela Cuenca – Direttore dell’Osservatorio di Bioetica – Università Cattolica di Valencia