Il segretario di Stato vaticano cardinale Pietro Parolin ha aperto con il suo intervento l’incontro di alto livello on line “Fraternità, Multilateralismo e Pace”, durante il quale è stata presentata alle Nazioni Unite l’Enciclica “Fratelli tutti” di Papa Francesco. L’evento è stato promosso dalla Missione Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, in collaborazione con Missione dell’Ordine di Malta presso le Nazioni Unite a Ginevra, Commissione Internazionale Cattolica per le Migrazioni, Forum delle Organizzazioni Non Governative Cattoliche, Pontificia Università Lateranense e Fondazione Caritas in Veritate. Ecco l’intervento integrale del cardinale Parolin:
Sono particolarmente lieto dell’invito rivoltomi ad intervenire ad un incontro di riflessione sull’Enciclica “Fratelli tutti” con la partecipazione di alcuni eminenti Direttori Generali presenti nella Ginevra Internazionale. Il vostro impegno nel multilaterale, come quello degli Eccellentissimi Ambasciatori qui presenti, è un modo privilegiato per promuovere il bene comune della famiglia umana e di sviluppare idee originali e strategie innovative, “affinché, con una maggiore audacia creativa, si ricerchino soluzioni nuove e sostenibili”.
Il desiderio del Papa
Per comprendere in pieno il concetto di fratellanza e la sua declinazione nell’azione diplomatica multilaterale della Santa Sede, può essere utile tornare all’avvio del Pontificato di Papa Francesco. Si ricorderà che la fratellanza è il primo tema al quale ha fatto riferimento il Papa nel giorno della sua elezione, più di otto anni fa, quando ha espresso questo desiderio: “Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza”. Tutte le azioni ed attività successive del Pontificato sono state una naturale e coerente conseguenza di un cammino orientato ad essa.
Riflettendo ad un anno dall’inizio della pandemia, vediamo come tale criterio programmatico risulta decisivo se si vuole superare la dicotomia attuale tra “il codice dell’efficienza” e il “codice della solidarietà”. Infatti, la fratellanza ci spinge ad un “codice” ancora più esigente ed inclusivo: “Mentre la solidarietà è il principio di pianificazione sociale che permette ai diseguali di diventare eguali, la fratellanza è quello che consente agli eguali di essere persone diverse. La fratellanza consente a persone che sono eguali nella loro essenza, dignità, libertà, e nei loro diritti fondamentali, di partecipare diversamente al bene comune secondo la loro capacità, il loro piano di vita, la loro vocazione, il loro lavoro o il loro carisma di servizio”.
La fratellanza nell’azione diplomatica
Nell’azione multilaterale, la fratellanza si traduce nel coraggio e nella generosità per stabilire liberamente determinati obiettivi comuni e per assicurare l’adempimento in tutto il mondo di alcune norme essenziali, in virtù della locuzione latina pacta sunt servanda, con la quale si vuole mantenere fede alla volontà legittimamente manifestata, per risolvere le controversie mediante i mezzi offerti dalla diplomazia, dal negoziato, dalle Istituzioni multilaterali e dal più ampio desiderio di realizzare “un bene comune realmente universale e la tutela degli Stati più deboli”. Sulla base di questa breve premessa sulla fratellanza, vorrei profittare di questa occasione per condividere alcune riflessioni sui temi principali di competenza delle Organizzazioni che Voi rappresentate e le priorità della Santa Sede in materia: accesso alla salute, rifugiati, lavoro, diritto internazionale umanitario e disarmo.
Salute
Nell’ambito della salute, quest’ultimo anno la famiglia umana ha sperimentato un indissolubile legame che ha “suscitato per un certo tempo la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti”. Questo sentimento umano di fronte all’ignoto ha in poco tempo ceduto il passo ad una corsa al vaccino e alle cure a livello nazionale, che ha reso manifesto il gap nell’accesso alle cure fondamentali tra i Paesi sviluppati e il resto del mondo. La Santa Sede di fronte ad un problema sistemico, quale quello delle barriere all’accesso alle cure, acuito dall’emergenza attuale, ha offerto una serie di linee guida per affrontare tale questione, ispirate dalla convinzione dell’importanza della fratellanza.
Vaccini per tutti
In ogni momento, dobbiamo concentrarci sul sottostante principio del servizio al bene comune. Tale approccio è ben esemplificato da San Giovanni Paolo II e dalla sua insistenza sull’“ipoteca sociale”, la quale insiste sul principio della destinazione universale dei beni. In quest’ottica, la comunità internazionale ha l’obbligo di garantire che qualsiasi vaccino e trattamento COVID-19 sia sicuro, disponibile, accessibile e conveniente per tutti coloro che ne hanno bisogno.
I rifugiati
L’attenzione per i più bisognosi e coloro che si trovano in situazioni di vulnerabilità, in particolare per i rifugiati, i migranti e gli sfollati interni, non è solo testimonianza di fratellanza, ma una costatazione di un’attenzione al bisogno reale delle nostre sorelle e dei nostri fratelli. Gli appelli incessanti ai leader e agli Organismi Internazionali per una nuova globalizzazione della solidarietà capace di soppiantare quella dell’indifferenza sono una costante del Papa e vengono ripresi sistematicamente anche nell’Enciclica. I rifugiati hanno sempre fatto parte della storia. Purtroppo, ancora oggi il loro numero e le loro sofferenze continuano ad essere una ferita nel tessuto sociale della comunità internazionale.
Nell’anno in cui ricorre il 70° anniversario dell’Istituzione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) continuiamo dolorosamente a constatare che il numero delle persone in cerca di protezione continua a salire inesorabilmente. Ciò sottintende problematiche umanitarie e sociali profonde. In tal senso, la Santa Sede accoglie la visione di fondo del Global Compact sui rifugiati, che mira a rafforzare la cooperazione internazionale attraverso una condivisione della responsabilità più equa e prevedibile, ricordando al contempo che la soluzione duratura ideale e più completa è quella di assicurare i diritti di tutti a vivere e prosperare in dignità, pace e sicurezza nei propri Paesi d’origine.
La pandemia e il lavoro
Nel corso degli ultimi mesi, le strategie di contenimento della pandemia adottate globalmente hanno avuto un significativo impatto su lavoratori, anche informali, piccoli imprenditori e commercianti, che hanno visto un’erosione dei propri risparmi e hanno dovuto sovente fronteggiare delle barriere sistematiche all’accesso all’assistenza sanitaria di base. Nel mondo di oggi, per il bene dei processi di costruzione della pace, il formato tradizionale del dialogo sociale deve essere ampliato e diventare più inclusivo. Il coinvolgimento delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro è fondamentale, ma dovrebbe essere integrato da attori che rappresentano l’economia informale e le preoccupazioni ambientali.
Come la Fratelli tutti ricorda “occorre pensare alla partecipazione sociale, politica ed economica in modalità tali ‘che includano i movimenti popolari e animino le strutture di governo locali, nazionali e internazionali con quel torrente di energia morale che nasce dal coinvolgimento degli esclusi nella costruzione del destino comune’”.
Il diritto umanitario
Forse non è noto a molti che il Sig. Henry Dunant (1828 – 1910), fondatore della Croce Rossa, fortemente impressionato dalle violenze perpetrate e dalla disorganizzazione dei soccorsi ai feriti, adottò anch’egli il grido “Tutti fratelli”, per convincere la popolazione locale e i volontari a prestare soccorso a prescindere dall’appartenenza alle parti in conflitto. Fu proprio da tali drammatiche esperienze che il Sig. Dunant concepì la Croce Rossa. Oggi, purtroppo, c’è un urgente bisogno di rafforzare la diffusione e la promozione del rispetto del diritto umanitario. Esso, infatti, si propone di salvaguardare i principi essenziali di umanità in un contesto, quello della guerra, che è in sé stesso disumano e disumanizzante, proteggendo la popolazione civile e mettendo al bando armi che infliggono sofferenze tanto atroci quanto inutili.
Si potrebbe anche affermare che l’universalità delle Convenzioni di Ginevra del 1949 rappresenti un riconoscimento implicito di quel legame di fratellanza che unisce i popoli, e almeno della necessità di porre limiti ai conflitti. La Santa Sede, inoltre, cosciente di omissioni ed esitazioni, spera che gli Stati possano giungere ad ulteriori sviluppi del diritto internazionale umanitario, al fine di tenere conto adeguatamente delle caratteristiche dei conflitti armati contemporanei e delle sofferenze fisiche, morali e spirituali che ad essi si accompagnano, con l’obiettivo di eliminare i conflitti del tutto.
Pace
Il desiderio di pace, di sicurezza e di stabilità, infatti, è uno dei desideri più profondi del cuore umano, poiché esso è radicato nel Creatore, che fa membri della famiglia umana tutti i popoli. Tale aspirazione non può mai essere soddisfatta soltanto da mezzi militari e meno che mai dal possesso di armi nucleari ed altre armi di distruzione di massa. I conflitti provocano sempre sofferenze, in chi li subisce, certamente, ma anche chi li combatte. Non è retorico affermare che la guerra è l’antitesi della fratellanza
Impegno per il disarmo
È in quest’ottica che la Santa Sede incoraggia con convinzione l’impegno degli Stati nell’ambito del disarmo e del controllo degli armamenti verso accordi duraturi sulla strada della pace e, in modo particolare, sul fronte del disarmo nucleare. Se è valida l’affermazione che siamo tutti fratelli e sorelle, come può la deterrenza nucleare essere alla base di un’etica di fraternità e coesistenza pacifica tra i popoli? Alcuni segnali incoraggianti si notano, come la recente entrata in vigore del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari.
Fanno però riflettere le ingenti somme di denaro e le risorse umane destinate agli armamenti. Quella di legare la sicurezza nazionale all’accumulo di armi è una logica controproducente. La sproporzione tra le risorse materiali e i talenti umani dedicati al servizio della morte e le risorse dedicate al servizio della vita è motivo di scandalo. Sono ben altre le sfide che affliggono la comunità internazionale e tali dovrebbero essere le priorità per gli Stati.
Mete imprescindibili
Eccellenze, Signore e Signori, quelle che ho appena esposto sono solo alcune indicazioni di metodo e sfide che la famiglia umana si trova ad affrontare. Indicazioni e mete che la Santa Sede, sulla scia delle prospettive rinnovate da Papa Francesco con l’Enciclica “Fratelli tutti”, ritiene imprescindibili per un’azione che voglia essere adeguata e protagonista rispetto ai processi in atto nella comunità internazionale. Siamo consapevoli che per far fronte allo scenario delineato non basta proclamare l’impegno o limitarsi ad incoraggiare sforzi, richiamare doveri o concorrere all’agire così da rispondere concretamente alle grandi sfide. Di qui la necessità non più di fronteggiare, ma di preparare un progetto in grado di rispondere a ciò che viene dopo.
Regole efficaci
In questa prospettiva, l’ordinamento giuridico non ha più necessità solo di regole comuni, ma che queste siano efficienti ed efficaci rispetto alle situazioni di oggi. L’elemento in più è la responsabilità individuale e la capacità di sentirsi fratelli, cioè di far propri i bisogni degli altri attraverso una reciprocità di rapporti che superi l’isolamento e coinvolga gli Stati, i singoli e gli organismi internazionali. L’incitamento di Papa Francesco domanda sempre più una presenza e una condotta rispondente all’attualità delle relazioni tra gli Stati e tra i popoli, specialmente quando sembrano prevalere atteggiamenti che abbandonano la visione del bene comune. Mi auguro che questo evento rappresenti un passo in avanti per tutti noi nell’intraprendere il cammino tanto ricco quanto esigente della fratellanza.