Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza una Delegazione dell’Università Sulkhan-Saba Orbeliani di Tbilisi (Georgia).
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti all’Udienza:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle, gamarjobat! [buongiorno!]
Ringrazio Mons. Pasotto per le sue parole – ha iniziato con un adagio malinconico: “Chi avrebbe pensato…”, quella malinconia dei ricordi… Grazie! – e do il benvenuto a tutti voi, professori, studenti e amici dell’Università Sulkhan-Saba Orbeliani, che ha da poco compiuto vent’anni: ghilotsav! [auguri!] È giovane, vent’anni.
Vi ringrazio per la vostra visita e per quello che fate: offrite un bell’esempio di ricerca culturale appassionata e di cura per quel bene inestimabile che è la crescita formativa dei giovani. L’educazione fa proprio questo: aiuta le giovani generazioni a crescere, scoprendo e coltivando le radici più feconde, così che portino frutti. Ciò ben corrisponde all’identità della Georgia, Paese giovane ma dalla storia antica, terra benedetta dal Cielo di cui conservo felici ricordi. Mi viene in mente il Patriarca Ilia – un grande! Sapete, quando io sono un po’ triste ascolto la sua musica, le sue canzoni, fa bene!, bravo –, uomo di Dio che porto nelle mie preghiere e del quale mi piace ascoltare i pregevoli componimenti musicali. Porto nel cuore gli incontri che abbiamo avuto, specialmente quello nella Cattedrale Patriarcale, quando siamo stati l’uno a fianco dell’altro nel segno della tunica di Cristo; quella tunica che il Vangelo descrive «tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo» (Gv 19,23) e che, secondo la tradizione, simboleggia l’unità della Chiesa, Corpo di Cristo. La vostra Università rappresenta un bell’esempio anche in questo senso per la proficua collaborazione tra cattolici e ortodossi in ambito culturale ed educativo. Non dimentico quel buon vino che mi ha fatto assaggiare il Patriarca Ilia, forte, ma molto buono!
Ho saputo che nella nobile lingua georgiana il termine educazione, “ganatleba”, è molto interessante: deriva dalla parola luce ed evoca il passaggio dall’oscurità dell’ignoranza alla luminosità della conoscenza. Educare per voi è venire un’altra volta alla luce, è sinonimo di illuminazione. Ciò è significativo, fa pensare a quando si accende una lampada in una stanza buia: non si modifica nulla di quanto c’è, ma cambia l’aspetto di ogni cosa. Così è la conoscenza che acquisite nella vostra Università, la quale si propone di porre al centro la dignità della persona umana. Attraverso lo studio e l’impegno si può dunque giungere, come recitava l’antico oracolo di Delfi, a conoscere sé stessi – γνῶθι σαυτόν. Ed è importante anche per la fede, tanto che un monaco antico scrisse: «Vuoi conoscere Dio? Comincia a conoscere te stesso» (Evagrio Pontico, Sentenze, Roma 2020, 72).
C’è bisogno di questa benefica illuminazione del conoscere, mentre nel mondo si infittiscono le tenebre dell’odio, che spesso provengono dalla dimenticanza e dall’indifferenza. Sì, sono spesso la dimenticanza e l’indifferenza a far apparire tutto scuro e indistinto, mentre la cultura e l’educazione restituiscono la memoria del passato e fanno luce sul presente. Ciò è indispensabile per la crescita di un giovane, ma anche di una società perché, come diceva un padre della vostra patria, «la caduta del popolo comincia là, dove finisce la memoria del passato» (I. Chavchavadze, Il popolo e la storia, in Iveria, 1888). Al contrario, con l’aiuto di Dio, «tutto è possibile per un uomo istruito» (Id., Lettere di un viaggiatore, Santa Maria di Castellabate 2021, 59). La cultura georgiana invita a tenere accesa la lampada dell’educazione e a tenere aperta la finestra della fede, perché entrambe illuminano le stanze della vita. Non a caso, in georgiano la radice del termine luce compare sia nella parola educazione sia nella parola battesimo, imparentando cultura e fede.
Cari amici, la storia della Georgia racconta tanti passaggi dall’oscurità alla luce, perché il vostro Paese è sempre riuscito a rialzarsi e risplendere, anche quando, più volte lungo i secoli, ha subito invasioni e dominazioni straniere. E penso a quelle terre che ancora vi sono tolte. Il vostro popolo, gioviale e coraggioso, accogliente e innamorato della vita, ha saputo coltivare, pure nei periodi più bui, un’attitudine positiva proprio grazie alla sua fede e alla sua cultura. In ciò il ruolo della Chiesa cattolica è prezioso. Essa ha consentito feconde aperture culturali di cui ha giovato la storia del Paese. Voi rappresentate la continuità di tale apporto ed è bello che, in modo gioioso e costruttivo, alimentiate il servizio in terra georgiana della comunità cattolica, affinché sia un seme che porta frutto per tutti. Vi invito a continuare questo servizio umile e fraterno; so che, alle diverse facoltà già esistenti, state aggiungendo quella di medicina, che potrà fare tanto bene.
Questo ruolo di creare spazi e ponti per il bene di un Paese e della sua gente è inscritto nel nome del vostro Istituto, dedicato al grande Sulkhan-Saba Orbeliani, il diplomatico georgiano per eccellenza, persona di notevole cultura e apertura. I georgiani, a partire dai giovani, meritano di avere opportunità sempre più ampie. E al tempo stesso il tipico umanesimo georgiano, nella sua unicità e bellezza, merita di essere apprezzato altrove, con la sua arte, letteratura, musica e con tante altre espressioni rilevanti, che potranno arricchirsi attraverso il confronto rispettoso con altre culture. La luce ci è d’esempio anche in questo: essa non esiste per essere vista, ma per far vedere, per far vedere attorno e di più: così è la cultura, che dischiude gli orizzonti e dilata i confini.
Vi auguro dunque di essere “luce gentile” per tanti giovani, mentre vi rinnovo la gratitudine per quello che fate. E vi chiedo, per favore, di ricordarmi nelle vostre preghiere. Didi madloba. [Molte grazie].