Papa Francesco: La Custodia di Terra Santa, missione di pace e dialogo tra i conflitti

Pubblichiamo la prefazione di Papa Francesco al libro-intervista “Come un pellegrinaggio – I miei giorni in Terra Santa” (“Come un pellegrinaggio – I miei giorni in Terra Santa”, Ts Edizioni)) scritto dal Custode di Terra Santa , Padre Francesco Patton, con il giornalista dell’Osservatore Romano Roberto Cetera

Papa Francesco: Custodire è il primo compito che il Signore affida all’uomo appena creato. E in Terra Santa, la terra di Gesù, esiste da secoli la Custodia di Terra Santa, al cui responsabile, a sua volta, sono stati affidati compiti non proprio semplici: gestire numerosi santuari che attraversano la vita di Gesù e che ogni anno accoglie più di mezzo milione di pellegrini. Coordinare il lavoro di numerosi frati dislocati in otto diversi Paesi (Israele, Palestina, Giordania, Siria, Libano, Egitto, Cipro e Rodi), frati che, provenienti da diverse nazioni, garantiscono la caratteristica principale della Custodia: la sua internazionalità. Un bene prezioso, un microcosmo rappresentativo della cattolicità della Chiesa, ma che richiede uno sforzo continuo per armonizzare culture e tradizioni diverse.

Un’internazionalità che può costituire un laboratorio per ciò che saranno le Chiese occidentali in futuro, come conseguenza dei grandi movimenti migratori. E poi, non solo un’intensa pratica devozionale nei santuari, ma anche una vivace attività pastorale: si pensi, ad esempio, che le quattro parrocchie più importanti del Patriarcato di Gerusalemme – Nazareth, Betlemme, Giaffa e Gerusalemme – sono guidate dai frati della Custodia. E poi ancora le 16 scuole così importanti per la formazione di una cultura di pace e di incontro tra etnie e religioni diverse. Il dialogo ecumenico e interreligioso, che in Terra Santa va oltre le controversie teologiche ed entra piuttosto nella vita quotidiana di molti, e richiede straordinaria apertura, accoglienza e delicatezza. La complicata gestione di quell’orologio svizzero che è lo Status Quo, essenziale per la presenza ordinata delle diverse confessioni. Ma più di ogni altra cosa mette in luce il tragico conflitto che affligge la Terra Santa da 76 anni.

Insomma, un grande lavoro e una grande responsabilità gravano sulle spalle dei frati francescani e del loro custode. Una responsabilità che, come raccontato all’inizio di questo libro, padre Francesco Patton si è visto piombare sulla testa all’improvviso e inaspettatamente, ma che ha saputo svolgere con efficacia. E di questo non possiamo che esserne grati, perché, come si suol dire, Gerusalemme non appartiene a nessuno, ma appartiene a tutti.


Padre Francesco ha svolto questi difficili compiti con il suo stile, che il lettore attento potrà cogliere in questo libro. Con pazienza, modestia e capacità di ascolto, ma anche con decisione e fermezza, quando gli eventi drammatici di quella terra lo richiedevano. Il mandato di padre Patton fu segnato da eventi straordinari e terribili, che saranno ricordati nel tempo. Gli anni duri della pandemia e poi, a partire dal 7 ottobre, quella terribile guerra che il Patriarca di Gerusalemme, cardinale Pierbattista Pizzaballa, ha giustamente definito “la più lunga e grave” tra le tante, troppe, che hanno afflitto il Santo Terra e Medio Oriente. In queste drammatiche circostanze, padre Francesco ha saputo tenere dritto il timone della nave che gli era stata affidata e, invece, moltiplicare i suoi sforzi per essere vicino alle popolazioni colpite da queste tragedie. Ho davanti agli occhi l’iniziativa più bella che, insieme al suo vicario, padre Ibrahim Faltas, è stata realizzata in questi mesi di atroce guerra a Gaza: il trasferimento in Italia di 150 bambini feriti e malati.

Questo libro, che – mi piace sottolinearlo – è nato dalla collaborazione di due strutture ecclesiali che esprimono efficacemente, attraverso l’internazionalità, la cattolicità della Chiesa: la Custodia e L’Osservatore Romano, ci aiuterà a conoscere meglio padre Patton. Ricordo il suo stile fin dal nostro primo incontro, quando gli dissi ridendo: “Dal tuo cognome pensavo fossi un frate yankee e… invece sei del Triveneto!” Il mio augurio a questo padre yankee trentino, come è consuetudine tra i francescani, è “Il Signore dia la pace”, a lui e soprattutto alla Terra Santa e a tutti coloro che se ne prendono cura.

Francesco Patton