“Noi, non loro”, il Sinodo come via per l’inclusione delle persone con disabilità

I frutti della sessione sinodale di ascolto sono stati consegnati al Papa

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Oggi, al termine dell’Udienza Generale, alcune persone con disabilità hanno incontrato il Santo Padre e gli hanno presentato i frutti più significativi della speciale sessione di ascolto sinodale a cui hanno partecipato in questi mesi.

Il Dicastero per i Laici la Famiglia e la Vita, in accordo con la Segreteria Generale del Sinodo, lo scorso maggio ha invitato alcuni fedeli con disabilità a partecipare attivamente al cammino sinodale portando il loro contributo attraverso un dialogo aperto con la Santa Sede. Si è trattato di persone provenienti dai cinque continenti in rappresentanza di conferenze episcopali ed associazioni internazionali che, in molti casi, avevano già partecipato alle consultazioni sinodali a livello diocesano.

Dopo un incontro on line che ha dato avvio al cammino, ciascuno è stato invitato ad inviare un proprio testo scritto, a partire dal quesito fondamentale del Sinodo sulla Sinodalità. In questi giorni, un’equipe rappresentativa di tutti i partecipanti alla sessione di ascolto si è riunita a Roma per consegnare la sintesi dei lavori alla Segreteria Generale del Sinodo.

Questa iniziativa nasce nel solco della riflessione che il Dicastero ha avviato da circa due anni in merito all’inclusione delle persone con disabilità e alla loro piena partecipazione alla vita della Chiesa: per un’istituzione chiamata ad occuparsi dei fedeli laici, non si tratta semplicemente di un nuovo ambito di azione pastorale, ma dell’affermazione – decisiva – che la vocazione battesimale è davvero per tutti, senza esclusioni.

Il cammino sinodale si è rivelato un momento particolarmente propizio per rispondere alla questione fondamentale che i fedeli con disabilità pongono alla vita della Chiesa: la piena inclusione nella vita del popolo di Dio.


Per raggiungerla, così è emerso dal lavoro di questi mesi di consultazione, è necessario compiere alcuni passi concreti. Innanzi tutto un cambio di mentalità che porti a dire “noi, non loro” quando si parla di persone con disabilità; riconoscere – come ha fatto il Papa di recente – che esiste un vero e proprio “magistero della fragilità”; lavorare perché le nostre comunità ecclesiali divengano accessibili, sia per quello che riguarda l’abbattimento delle barriere architettoniche sia per permettere la partecipazione di chi ha una disabilità
sensoriale o cognitiva; ribadire che “nessuno può rifiutare i Sacramenti alle persone con disabilità”; comprendere che la disabilità non è legata inevitabilmente alla sofferenza e che le società e la Chiesa possono far molto per evitare inutili discriminazioni.

D’altro canto, il cammino sinodale è stata un’occasione per i fedeli con disabilità che lo hanno percorso di comprendere più in profondità come, per vivere la propria vita in pienezza, sia necessario non considerarsi solo persone bisognose ma, come tutti, chiamate a donare agli altri: “non possiamo limitarci a batterci per la giustizia e l’inclusione per noi stessi”.

Anche in questa prospettiva, è emersa la richiesta che almeno una persona con disabilità possa partecipare ai lavori del Sinodo sulla Sinodalità.

Nel consegnare la sintesi al Papa, uno dei partecipanti ha detto: “La ringraziamo perché il Sinodo ci ha dato l’occasione per rendere la Chiesa ancora più inclusiva”. Il Santo Padre ha risposto: “Sono io che ringrazio voi!
Per favore continuate a pregare per me”.

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Pamela Fabiano
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