In questa Giornata Mondiale della Fame (28 maggio), Caritas Internationalis denuncia il drammatico aumento della fame dovuto alla crisi climatica, all’impatto della COVID-19 e ai conflitti, evidenziando in particolare come la guerra in Ucraina stia avendo conseguenze terribili in tutto il mondo, soprattutto per quanto riguarda l’insicurezza alimentare.
Pertanto, la Confederazione Caritas invita i governi e le principali parti interessate a impegnarsi a tutti i livelli e sollecita l’attuazione di strategie di ripresa sostenibile che siano basate sull’affrontare gli impatti del cambiamento climatico e dei conflitti, al fine di migliorare la resilienza della catena di approvvigionamento alimentare ed evitare picchi di carestia.
In tutto il mondo, circa 276 milioni di persone soffrono di insicurezza alimentare acuta, mentre 811 milioni di persone vanno ancora a letto senza aver mangiato. Nelle regioni del Sahel e del Corno d’Africa, diversi milioni di persone stanno affrontando condizioni di siccità e carestia, e si stima che siano 15-16 milioni le persone in Etiopia, Kenya e Somalia che necessitano di assistenza alimentare immediata a causa della siccità. In Venezuela, dove la malnutrizione infantile è salita al 26% durante la pandemia di Covid-19, 9,3 milioni di persone sono in condizioni di insicurezza alimentare e il 96% della popolazione vive in povertà, con meno di 3 dollari al giorno. In Siria, si ritiene che più del 55% della popolazione soffra di insicurezza alimentare. Il numero di bambini siriani malnutriti – oltre 6,5 milioni – è aumentato del sette percento solo nell’ultimo anno.
La Confederazione Caritas implementa una serie di programmi e iniziative comunitarie in tutto il mondo, in particolare nel Sud globale, per affrontare il nesso tra i molteplici fattori che causano la fame, quali la povertà, l’instabilità socio-politica, la guerra, l’accesso a opportunità di lavoro dignitose, l’ingiustizia e il cambiamento climatico.
Le Caritas locali e nazionali hanno lavorato sulla formazione degli agricoltori in materia di agroecologia e sulla crescita delle economie comunitarie locali per aiutare a far fronte ai fattori che minano la sicurezza alimentare e la coesione sociale. Ad esempio, in Burkina Faso, per assistere gli oltre 2,2 milioni di persone che hanno sofferto la fame a causa del conflitto e delle condizioni climatiche estreme, la Caritas Burkina Faso ha fornito alle persone colpite cibo e accesso a servizi sociali ed economici per migliorare l’inclusione. La Caritas locale ha anche facilitato l’accesso alle informazioni e ai servizi per i piccoli agricoltori e altri attori della catena del valore, al fine di migliorare la produzione e la lavorazione di prodotti sostenibili e di alimenti nutrienti.
Nei campi Rohingya in Bangladesh, Caritas ha organizzato e sostenuto una serie di iniziative di microfinanziamento, come progetti relativi ad orti comunitari, pesca, alveari e allevamenti di maiali e capre.
“Per scongiurare il rischio imminente di una crisi alimentare globale senza precedenti, c’è urgente bisogno di soluzioni sostenibili a lungo termine e di volontà e determinazione politica, affrontando le radici del nostro sistema alimentare ingiusto che scatena la fame”, afferma il Segretario Generale di Caritas Internationalis, Aloysius John. Il Segretario generale sottolinea anche il ruolo centrale che le comunità locali possono svolgere nel creare un cambiamento e nel superare i problemi legati alla sicurezza alimentare e alla fame nel mondo. “Un mondo senza fame è possibile se le persone sono motivate e incoraggiate a diventare attori attivi nella produzione alimentare”, aggiunge.
Nella sua enciclica Fratelli Tutti, Papa Francesco sottolinea che “[…] milioni di persone soffrono e muoiono di fame. Dall’altra parte si scartano tonnellate di alimenti. Ciò costituisce un vero scandalo. La fame è criminale, l’alimentazione è un diritto inalienabile”. Ricordando queste parole, in occasione della Giornata Mondiale della Fame, Caritas Internationalis esorta i leader mondiali e i responsabili politici a:
– Stanziare più fondi per i programmi che rafforzano nel lungo termine la resilienza delle comunità, al fine di affrontare i diversi fattori che causano la fame, tra cui i conflitti, il degrado ambientale e i sistemi di cattiva governance.
– Rafforzare i dialoghi politici inclusivi e la trasparenza sulle cause strutturali della fame. Questa risposta dovrebbe essere coordinata per fornire assistenza ai sistemi strutturali locali.
– Dare priorità ai programmi che sostengono in modo olistico i più poveri e gli emarginati, compresi i piccoli agricoltori, e includere i diritti dei poveri in tutte le discussioni. È inoltre fondamentale includere una partecipazione significativa dei produttori e dei consumatori locali, soprattutto delle donne, che sono responsabili del 60-80% della produzione alimentare nei Paesi in via di sviluppo, nella definizione e nell’attuazione delle politiche a livello locale.
– Promuovere l’adozione di pratiche sostenibili nel sistema alimentare, e incrementare l’agricoltura ecologica e sostenibile. Investire nella trasformazione dei sistemi alimentari, soprattutto nell’agroecologia, potrebbe rendere le nazioni più resistenti agli shock geopolitici che accelerano la fame.
– Implementare strategie di recupero sostenibili che si basino sull’affrontare gli impatti del cambiamento climatico e dei conflitti, al fine di migliorare la resilienza della catena di approvvigionamento alimentare ed evitare picchi di fame.