Myanmar, il 1° febbraio giornata di preghiera per la pace

Aiuto alla Chiesa che Soffre: “La repressione dei militari si è intensificata. Parrocchie abbandonate”

Myanmar
Una protesta pacifica contro il golpe a Yangon (C) Vatican Media

La Conferenza episcopale del Myanmar lo scorso 14 gennaio ha lanciato l’invito a una giornata di preghiera per la pace nel martoriato Paese asiatico in occasione, il prossimo 1° febbraio, del primo anniversario del colpo di Stato. “La risposta dei militari alle massicce manifestazioni contro il loro abuso di potere – spiega una nota della Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre – è stata spietata e brutale”. Per questo ACS ha deciso di aderire alla giornata di preghiera.

Dopo quella indetta lo scorso 26 gennaio da Papa Francesco per l’Ucraina, dunque, c’è un’altra occasione concreta di pregare per la pace e la concordia, anche in Paesi lontani da noi ma che hanno comunque una presenza cristiana importante. Nel caso del Myanmar, una delle minoranze più oppresse.

Parrocchie abbandonate

“Tra le regioni più colpite dal conflitto in Myanmar – spiegano da Acs – vi sono gli Stati di Chin, Kayah e Karen. Da metà dicembre, quando la fine della stagione delle piogge ha facilitato gli spostamenti, la repressione si è nuovamente intensificata, soprattutto nel sud-est. Questi Stati comprendono una consistente popolazione cristiana, e ACS ha appreso che almeno 14 parrocchie nello Stato di Kayah sono state abbandonate. Molti sacerdoti e membri di ordini religiosi hanno accompagnato la loro gente, rifugiandosi nella giungla o in villaggi remoti. Altri rimangono in centri quasi deserti.

Rifugiati nella cattedrale

Nelle ultime settimane, uno dei principali obiettivi degli attacchi dell’esercito è stato Loikaw, la capitale dello stato di Kayah. Tra le migliaia di profughi provenienti dalle aree circostanti vi sono anche 300 sfollati interni che si sono rifugiati nel complesso della cattedrale. La maggior parte di questi sono anziani, donne, disabili e bambini che non hanno un posto dove andare o mezzi per fuggire.

Il massacro di Natale

Il massacro di almeno 35 civili, uccisi, bruciati e mutilati a Natale nel villaggio di Mo So, nello Stato di Kayah, ha dimostrato ancora una volta il livello di atrocità raggiunto. Gli attacchi aerei nello Stato di Karen hanno inoltre costretto migliaia di persone a fuggire attraverso il confine con la Thailandia.


Secondo l’UNHCR, il 17 gennaio 2022 il numero ufficiale di sfollati all’interno del Myanmar ha raggiunto le 405.700 unità. L’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari stima che il numero di birmani a rischio povertà nel corso del 2022 salirà a 25 milioni. Ben 14,4 milioni potrebbero aver bisogno di aiuti umanitari.

Il sostegno della Chiesa

Con l’intensificarsi dei combattimenti, la Chiesa si trova di fronte a un compito che le è tristemente familiare, a causa dei conflitti che hanno afflitto il Myanmar in passato: occuparsi del numero sempre crescente di sfollati interni. Come sempre, tutte le vittime ricevono sostegno, indipendentemente dalla loro fede.

I vescovi del Myanmar, individualmente, collettivamente o con rappresentanti di altre fedi, hanno più volte invocato la fine delle violenze e il ritorno al dialogo. Alla loro voce si è unita quella del Papa il quale, nel messaggio natalizio Urbi et Orbi, ha pubblicamente pregato per il Myanmar. ACS fa eco alla voce dei Pastori coinvolgendo in una grande iniziativa di preghiera la propria comunità di benefattori. L’auspicio è che il Paese asiatico possa quanto prima godere di una pace duratura”.