Il rapporto di preghiera con la Trinità e in particolare con lo Spirito Santo è stato il tema centrale della meditazione di Papa Francesco nel corso dell’udienza generale trasmessa dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico Vaticano. Ecco le sue parole diffuse dalla Sala Stampa vaticana:
Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Oggi completiamo la catechesi sulla preghiera come relazione con la Santissima Trinità, in particolare con lo Spirito Santo. Il primo dono di ogni esistenza cristiana è lo Spirito Santo. Non è uno dei tanti doni, ma il Dono fondamentale. Senza lo Spirito non c’è relazione con Cristo e con il Padre. Perché lo Spirito apre il nostro cuore alla presenza di Dio e lo attira in quel “vortice” di amore che è il cuore stesso di Dio.
Pellegrini nel mistero della Trinità
Noi non siamo solo ospiti e pellegrini nel cammino su questa terra, siamo anche ospiti e pellegrini nel mistero della Trinità. Siamo come Abramo, che un giorno, accogliendo nella propria tenda tre viandanti, incontrò Dio. Se possiamo in verità invocare Dio chiamandolo “Abbà – Papà”, è perché in noi abita lo Spirito Santo; è Lui che ci trasforma nel profondo e ci fa sperimentare la gioia commovente di essere amati da Dio come veri figli.
Tutto il lavoro spirituale dentro di noi verso Dio lo fa lo Spirito Santo, questo dono che lavora in noi per portare avanti la nostra vita cristiana verso il Padre con Gesù.
Il Catechismo, al riguardo, dice: «Ogni volta che incominciamo a pregare Gesù, è lo Spirito Santo che, con la sua grazia preveniente, ci attira sul cammino della preghiera. Poiché Egli ci insegna a pregare ricordandoci Cristo, come non pregare Lui stesso? Ecco perché la Chiesa ci invita a implorare ogni giorno lo Spirito Santo, soprattutto all’inizio e al termine di qualsiasi azione importante». Ecco qual è l’opera dello Spirito in noi. Egli ci “ricorda” Gesù e lo rende presente a noi, possamo dire che è la nostra memoria trinitaria, è la memoria di Dio in noi, ci ricorda… e lo fa presente perché non si riduca a personaggio del passato. Cioè lo Spirito porta al presente Gesù nella nostra coscienza.
Esperienza di cristiani comuni
Se Cristo fosse solo lontano nel tempo, noi saremmo soli e smarriti nel mondo. Sì, ricorderemmo Gesù lì, lontano, ma è lo Spirito che lo porta oggi, adesso, in questo momento nel nostro cuore. Ma nello Spirito tutto è vivificato: ai cristiani di ogni tempo e luogo è aperta la possibilità di incontrare Cristo. Non ricordarlo soltanto come un personaggio storico, no. Lui attira Cristo nei nostri cuori, è lo Spirito che fa l’incontro nostro con Cristo.
Lui non è distante, lo Spirito è con noi: ancora educa i suoi discepoli trasformando il loro cuore, come fece con Pietro, con Paolo, con Maria di Magdala, con tutti gli apostoli. Ma perché è presente Gesù? Perché è lo Spiritoa portarlo in noi. È l’esperienza che hanno vissuto tanti oranti: uomini e donne che lo Spirito Santo ha formato secondo la “misura” di Cristo, nella misericordia, nel servizio, nella preghiera, nella catechesi… È una grazia poter incontrare persone così: ci si accorge che in loro pulsa una vita diversa, il loro sguardo vede “oltre”.
Non pensiamo solo ai monaci, agli eremiti; si trovano anche tra la gente comune, gente che ha intessuto una lunga storia di dialogo con Dio, a volte di lotta interiore, che purifica la fede. Questi testimoni umili hanno cercato Dio nel Vangelo, nell’Eucaristia ricevuta e adorata, nel volto del fratello in difficoltà, e custodiscono la sua presenza come un fuoco segreto. Il primo compito dei cristiani è proprio mantenere vivo questo fuoco, che Gesù ha portato sulla terra, cioè l’Amore di Dio, lo Spirito Santo.
Maestro interiore
Senza il fuoco dello Spirito le profezie si spengono, la tristezza soppianta la gioia, l’abitudine sostituisce l’amore, il servizio si trasforma in schiavitù. Viene in mente l’immagine della lampada accesa accanto al tabernacolo, dove si conserva l’Eucaristia. Anche quando la chiesa si svuota e scende la sera, anche quando la chiesa è chiusa, quella lampada rimane accesa, continua ad ardere: non la vede nessuno, eppure arde davanti al Signore. Così lo Spirito nel nostro cuore. Sempre presente come quella lampada. Troviamo ancora scritto nel Catechismo: «Lo Spirito Santo, la cui Unzione impregna tutto il nostro essere, è il Maestro interiore della preghiera cristiana. È l’artefice della tradizione vivente della preghiera. Indubbiamente, vi sono tanti cammini di preghiera quanti sono coloro che pregano, ma è lo stesso Spirito che agisce in tutti e con tutti. È nella comunione dello Spirito Santo che la preghiera cristiana è preghiera nella Chiesa».
Invocare lo Spirito
Tante volte succede che noi non preghiamo non abbiamo voglia di pregare o non sappiamo o tante volte preghiamo come pappagalli con la bocca ma il cuore è lontano. Questo è il momento di dire allo Spirito “Vieni, vieni Spirito Santo, scalda il mio cuore, vieni insegnami a pregare, insegnami a guardare il Padre, a guardare il Figlio, insegnami com’è la strada della fede, insegnami come amare e soprattutto insegnami ad avere un atteggiamento di speranza… Chiamare lo Spirito continunamente perché sia presente nelle nostre vite.
È dunque lo Spirito a scrivere la storia della Chiesa e del mondo. Noi siamo pagine aperte, disponibili a ricevere la sua calligrafia. E in ciascuno di noi lo Spirito compone opere originali, perché non c’è mai un cristiano del tutto identico a un altro. Nel campo sterminato della santità, l’unico Dio, Trinità d’Amore, fa fiorire la varietà dei testimoni: tutti uguali per dignità, ma anche unici nella bellezza che lo Spirito ha voluto si sprigionasse in ciascuno di coloro che la misericordia di Dio ha reso suoi figli.
Una bella preghiera
Non dimentichiamo: lo Spirito è presente in noi, ascoltiamo lo Spirito, chiamiamolo, è il dono, è il regalo che Dio ci ha fatto. E dirgli: “ma Spirito Santo, io non so com’è la tua faccia, non lo conosciamo, ma so che tu sei la forza, che tu sei la luce, che tu sei capace di farmi andare e di insegnarmi come pregare. Vieni, Spirito Santo. È una bella preghiera questa.
Al termine, come di consueto, il S. Padre ha rivolto i saluti ai fedeli nelle varie lingue. In particolare ha invitato gli italiani a rivolgersi a San Giuseppe:
Rivolgo un cordiale saluto ai fedeli di lingua italiana. Dopodomani celebreremo la Solennità di San Giuseppe. Mi è particolarmente gradito indicarvi l’esempio di questo grande Santo ed affidare a Lui la vostra esistenza. Siate saggi come Lui, pronti a comprendere e mettere in pratica il Vangelo. Il mio pensiero va infine, come di consueto, agli anziani, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Nella vita, nel lavoro, nella famiglia, nei momenti di gioia e di dolore San Giuseppe ha costantemente cercato e amato il Signore, meritando l’elogio della Scrittura come uomo giusto e saggio. Invocatelo sempre, specialmente nei momenti difficili che potrete incontrare. A tutti la mia benedizione!