25 Aprile, 2025

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Lo scrittore religioso dal cuore combattivo

Kierkegaard: il filosofo del cuore che ha sfidato il conformismo per vivere una fede autentica

Lo scrittore religioso dal cuore combattivo

Di nuovo di fronte a Kierkegaard (1813-1855). Questa volta parliamo del libro Il filosofo del cuore: la vita inquieta di Kierkegaard (Toro, 2021, edizione Kindle) di Claire Carlisle. Una biografia del filosofo danese basata sui suoi diari, sulle testimonianze di coloro che lo conobbero e sui suoi vari scritti che ci permettono di comprendere più da vicino il contenuto e il significato del suo pensiero. Carlisle ci mostra un Kierkegaard autentico nelle sue intuizioni e nelle sue ansie. Sentiva di dover tornare al cristianesimo del suo tempo, nel quale notava molta facciata, comodità e poca esperienza di fede. Il suo spirito fu plasmato dai versi e dal suono: da una parte la saggezza e la severità del padre e, dall’altra, la giovinezza e la benevolenza della sua amata Regine.

Regine è presente all’inizio e alla fine della sua opera scritta negli ultimi dieci anni della sua breve vita. Le chiese di sposarlo nel 1940 e un anno dopo ruppe il fidanzamento. Kierkegaard ammette di aver ferito Regine perché non la conosceva. Non capiva, in quella fase della sua vita, di essere già impegnato nel cristianesimo, essendo “incapace di vedere che la sua stessa natura gli impediva di diventare un marito, un padre, un borghese convenzionale e di sapere quale sarebbe stato il suo posto nel mondo” (p. 246). Lei – nota il nostro filosofo – era tutta gioia, lui invece era incatenato dalla sua malinconia; con la tendenza a immergersi nella “sofferenza cristiana autentica”. “Avrebbe perso presto il suo buon umore. E io, beh, non sarei mai diventato me stesso” (p. 247).”

Diventare se stessi è una delle categorie chiave del pensiero di Kierkegaard. Non esiste un uomo di massa, ciò che conta è il singolo individuo. Essere nel mondo, sì, ma senza essere mondani. Il cavaliere della fede vive il suo rapporto con Dio dentro di sé, invisibile alla folla. Vive nel mondo, non si rintana in un angolo, fa da lievito tra i suoi simili, senza conformarsi ai valori convenzionali borghesi (cfr. p. 79). La disperazione, una malattia mortale che dilaga nella società, perseguita tutti. «Alcune persone», nota Kierkegaard, «non riescono ad affrontare il loro compito esistenziale e soccombono alla malinconia; non vogliono diventare se stesse; mentre altre si disperano, affermandosi in modo ribelle, rifiutando di riconoscere il loro bisogno di Dio» (p. 281).

Diventare se stesso è per Kierkegaard una vera Via Crucis: straziante rinuncia all’amore di Regina, oggetto di scherno da parte del quotidiano Le Corsaire, incomprensione da parte dei suoi contemporanei, evidente fragilità della sua salute fisica e mentale. Con suo grande disappunto, accetta il compito che Dio gli affida: «attirare l’attenzione sul prezzo da pagare per diventare cristiani, a cominciare dalla Danimarca, dove tutto (la Chiesa di Stato, le cariche ufficiali, gli stipendi) è andato a rotoli» (p. 286). Questa missione lo trasforma nello scrittore religioso che, penna alla mano, sfida i valori e le idee della religione luterana del suo tempo, a suo avviso troppo compiacente.

Penso ora a Santa Teresa di Calcutta, che diceva che dobbiamo amare Cristo, il nostro prossimo indifeso, finché non ci fa male. Kierkegaard comprese questa natura radicale dell’amore. «Il cristianesimo», afferma, «non è una dottrina, ma un messaggio di esistenza. (Dall’ignoranza di questa nascono tutti i problemi dell’ortodossia, le sue controversie, mentre l’esistenza rimane esattamente com’era.) Il cristianesimo è un messaggio di esistenza e può manifestarsi solo attraverso di essa (p. 182)». Vita, esistenza, non solo messaggio. “Nessun sistema filosofico, nessun approccio meramente intellettuale aiuta l’essere umano a vivere nel mondo, a prendere decisioni, a diventare se stesso (p. 189).” Da qui la sua dura critica all’establishment religioso del suo tempo. Mynster gli sembrava un uomo senza carattere, un oratore, un retore. Martensen non è migliore. «Giocava a fare il cristiano come i bambini giocano a fare i soldati, completamente al sicuro da ogni pericolo» (p. 316).

Kierkegaard, d’altro canto, vi ha dedicato tutte le sue energie, consumando la sua vita nella lotta per l’autenticità. Dedicò la sua vita all’impresa donchisciottesca di risvegliare la consapevolezza di cosa significhi essere umani e cristiani. Verso la fine della sua vita, malato e povero, lasciò a Regine la beneficiaria dei pochi beni che gli erano rimasti. In punto di morte dice all’amico Emil: «Prega per me affinché finisca presto… La cosa più importante è essere il più vicino possibile a Dio» (p. 329). Così visse Kierkegaard, filosofo del cuore, cavaliere della fede, Socrate del cristianesimo, difensore del singolo individuo, amante paziente, testimone dell’autenticità fino a far male.

Francisco Bobadilla

Francisco Bobadilla es profesor principal de la Universidad de Piura, donde dicta clases para el pre-grado y posgrado. Interesado en las Humanidades y en la dimensión ética de la conducta humana. Lector habitual, de cuyas lecturas se nutre en gran parte este blog. Es autor, entre otros, de los libros “Pasión por la Excelencia”, “Empresas con alma”, «Progreso económico y desarrollo humano», «El Código da Vinci: de la ficción a la realidad»; «La disponibilidad de los derechos de la personalidad». Abogado y Master en Derecho Civil por la PUCP, doctor en Derecho por la Universidad de Zaragoza; Licenciado en Ciencias de la Información por la Universidad de Piura. Sus temas: pensamiento político y social, ética y cultura, derechos de la persona.