A partire da domenica 17 del Tempo Ordinario, in piena estate, la liturgia della Santa Messa è incentrata sul capitolo 6 del Vangelo di san Giovanni, noto come “Discorso eucaristico”. Questo approccio è particolarmente rilevante per questa stagione, dove la mobilità aumenta e, non importa dove siamo, abbiamo sempre un Tabernacolo vicino come punto di riferimento spirituale e materiale.
Questo discorso ci invita ad approfondire l’Eucaristia durante l’estate, ricordandoci che anche se siamo in vacanza o lontani da casa, la presenza di Cristo nell’Eucaristia rimane il nostro centro. In ogni Messa, in ogni Tabernacolo, troviamo la pace e la direzione di cui le nostre anime hanno bisogno.
Un aspetto interessante è la riflessione sulla Giornata Mondiale della Gioventù (GMG). Sebbene nelle sue prime edizioni i giovani fossero attratti dalla figura carismatica di Papa Giovanni Paolo II, nel tempo la GMG si è evoluta. Sotto il pontificato di Benedetto XVI è stato introdotto un momento chiave dell’adorazione del Santissimo Sacramento, indicando Cristo come il vero protagonista, al di là di ogni figura umana. Ciò sottolinea che la vera relazione e comunione non si esaurisce con l’evento, ma continua nell’incontro personale con Cristo nell’Eucaristia, presente nelle nostre parrocchie e comunità.
Questo tema è profondamente connesso al miracolo dei pani e dei pesci, narrato nel Vangelo di Giovanni. In questo miracolo, Gesù mette alla prova i suoi discepoli, sfidandoli a sfamare una folla, anche se sembra impossibile con le limitate risorse a disposizione. Questa storia, più che un semplice miracolo, funge da simbolo della Santa Messa: Gesù sale su una montagna, predica, e poi sfama la folla, trasformando pochi pani e pesci in cibo abbondante per tutti. Allo stesso modo, nella Messa, Gesù prende il pane e il vino, li benedice e li trasforma nel suo Corpo e nel suo Sangue, offrendo la sua vita come cibo spirituale per tutti i partecipanti.
In conclusione, l’estate, con la sua liturgia centrata sull’Eucaristia, ci invita a mettere le nostre risorse, anche se piccole, nelle mani di Dio. Proprio come i discepoli offrirono cinque pani e due pesci, anche noi dobbiamo essere creativi e fare ciò che possiamo, sapendo che il Signore farà l’impossibile. Infine, siamo chiamati a riposare in Lui, confidando che Egli abbia il controllo, mentre ci nutriamo del Suo Corpo e Sangue in ogni Eucaristia, il vero cibo delle nostre anime.
Pane di vita eterna in un mondo materialista
Nel vangelo di san Giovanni, il capitolo 6 rivela uno dei discorsi più profondi e trascendentali di Gesù: il discorso eucaristico. Attraverso una lettura attenta e progressiva di questo capitolo, scopriamo l’insegnamento di Gesù sul cibo spirituale, incomprensibile per coloro che furono testimoni della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Gesù, nutrendoli fisicamente, apre la porta a una realtà spirituale molto più profonda, che è il Suo stesso Corpo e Sangue, cibo di vita eterna.
Nella lettura di domenica 18 Gesù è presentato come il “pane della vita eterna”. Questo concetto, lungi dal riferirsi al mero cibo biologico che soddisfa la fame corporea, rimanda a una dimensione spirituale. Proprio come il pane quotidiano sostiene la nostra vita fisica, l’Eucaristia sostiene la nostra vita spirituale, una vita che trascende quella materiale.
Questo discorso mette a confronto due realtà: il mondo materiale e la vita spirituale. Viviamo in una cultura materialistica, dove molte volte il successo, il piacere e il conforto sono gli obiettivi finali. Gesù però ci invita ad alzare lo sguardo, a riconoscere che la nostra vera essenza non si trova solo nel biologico, ma in quello spirituale. Il materialismo, con la sua enfasi sul tangibile e sullo scientifico, ha relegato lo spirituale in secondo piano, come qualcosa di astratto o irreale.
L’Eucaristia, tuttavia, ci ricorda che esiste una dimensione più profonda nella nostra vita. Nella misura in cui sperimentiamo l’amore, la dedizione, l’amicizia e il servizio, cominciamo a intravedere questa realtà spirituale che l’Eucaristia ci offre. Non è una soddisfazione fugace, ma un appagamento duraturo che dona senso e pace, superando le ansie e le dipendenze generate dalla continua ricerca di piaceri effimeri.
Gesù, come pane di vita eterna, offre una soddisfazione che non viene meno. Ci invita a un rapporto più profondo con Lui, un rapporto che si coltiva attraverso l’Eucaristia e che ci trasforma in persone più simili a Lui: persone di amore, di servizio e di dedizione. Come ha spiegato Papa Benedetto XVI a un bambino: anche se non possiamo vedere fisicamente Gesù nell’Eucaristia, i suoi effetti sono visibili nella trasformazione che produce in coloro che la ricevono.
Questa chiamata a trascendere il meramente biologico per entrare in una vita di relazione e di realizzazione spirituale è una sfida in un mondo che valorizza maggiormente il materiale. Tuttavia, è nell’Eucaristia che troviamo il cibo per quella vita di amore e di dedizione che veramente riempie il cuore umano, una vita che è il riflesso dell’amore eterno di Dio.
Chiamato a trovare Cristo
La XIX Domenica del Tempo Ordinario ci presenta un frammento cruciale del capitolo 6 del Vangelo di san Giovanni, noto come Discorso eucaristico. Questo capitolo inizia con la moltiplicazione dei pani e dei pesci, dove Gesù sfama una folla, suscitando grande entusiasmo tra la gente. Il giorno dopo cercano Gesù, ma lui, invece di continuare con i miracoli, inizia un discorso difficile da accettare: parla di mangiare il suo corpo e bere il suo sangue come il vero cibo del cielo, cosa che provoca confusione tra gli ascoltatori. .
Gesù insiste nel dire che Lui è il pane disceso dal cielo, e chi mangia questo pane vivrà in eterno. Le sue parole si confrontano con un pubblico che lo conosce bene, soprattutto in Galilea, dove sanno che è di Nazareth, conoscono sua madre, e non riescono a capire come possa affermare di essere disceso dal cielo. Questo discorso ci invita a riflettere sulla natura di Cristo, che non è solo un maestro o un profeta, ma qualcuno che proclama una verità divina che sfida le aspettative umane.
In un contesto occidentale segnato dalla secolarizzazione, dove la fede nel cristianesimo è diminuita, soprattutto tra le generazioni più giovani, la figura di Cristo resta attuale. Sebbene molti non si identifichino con le religioni istituzionali, persiste una ricerca spirituale. Le esperienze “numinose” della vita quotidiana, come la contemplazione della natura, l’amore o la coscienza morale, sono esempi di come le persone siano ancora alla ricerca di un significato più profondo.
Tuttavia, l’esperienza di Cristo è qualcosa di radicalmente diverso. Non è semplicemente un’esperienza orizzontale, naturale, ma un’esperienza verticale, trascendente, che trasforma la vita di chi Lo incontra. Cristo non è un maestro saggio o un profeta; Le sue parole e azioni non sono conformi alle aspettative di un uomo comune, ma rivelano invece la sua natura divina.
L’incontro con Cristo, così come è presentato nel Vangelo di San Giovanni, è una decisione fondamentale nella vita di ogni persona. Non è una semplice esperienza religiosa, ma un incontro trasformativo che segna un prima e un dopo. Questo incontro può avvenire attraverso la lettura meditativa del Vangelo, la contemplazione dell’arte cristiana, la conoscenza della vita dei santi, oppure l’accostamento ai sacramenti, soprattutto all’Eucaristia.
La Nuova Evangelizzazione, promossa negli ultimi pontificati, punta proprio su questo: condurre le persone a un incontro personale e profondo con Cristo. Anche se la cultura moderna può sembrare lontana dalla fede, questo incontro resta possibile e auspicabile. La fede cristiana, quando trovata autentica, si inserisce nella vita di una persona come “la scarpa di Cenerentola”, qualcosa che sembra destinato e perfetto per lei.
In sintesi, la XIX Domenica del Tempo Ordinario ci invita a confrontarci con la figura di Cristo in tutta la sua radicalità. Il suo messaggio interpella non solo coloro che lo ascoltarono a suo tempo, ma anche noi oggi, in un mondo che continua a cercare risposte spirituali in mezzo alla secolarizzazione. La chiamata all’incontro con Cristo rimane urgente e trasformativa.