Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti al Capitolo Generale dei Cistercensi della Comune Osservanza.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti all’Udienza:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti tutti!
Ringrazio l’Abate Generale per le sue parole d’introduzione – con i migliori auguri per il suo rinnovato incarico – e saluto tutti voi, che partecipate al Capitolo Generale dell’Ordine Cistercense della Comune Osservanza.
Questo aggettivo “comune” fa pensare. Sappiamo che esso intende distinguere da un’osservanza “speciale”. Ma comune ha sempre un senso più ricco, che indica l’insieme, la comunione. E mi piace partire da qui, da questa realtà fondamentale che ci costituisce come Chiesa, grazie al dono di Dio Uno e Trino e al nostro essere in Cristo. Comunità, comune.
Comune osservanza, dunque, come un camminare insieme dietro al Signore Gesù, per stare con Lui, ascoltarlo, “osservarlo”… Osservare Gesù. Come un bambino che osserva il papà, oppure il migliore amico. Osservare il Signore: il suo modo di fare, il suo volto, pieno di amore e di pace, a volte sdegnato di fronte all’ipocrisia e alla chiusura, e anche turbato e angosciato nell’ora della passione. E questo osservare farlo insieme, non individualmente, farlo in comunità. Farlo ciascuno col proprio passo, certamente, ciascuno con la propria storia unica e irripetibile, però insieme. Come i Dodici, che stavano sempre con Gesù e camminavano con Lui. Non si erano scelti loro, Lui li aveva scelti. Non era sempre facile andare d’accordo: erano diversi tra loro, ciascuno con i suoi “spigoli”, e il suo orgoglio. Anche noi siamo così, e anche per noi non è semplice andare insieme in comunione. Eppure, non finisce di stupirci e di darci gioia questo regalo ricevuto: essere sua comunità, così come siamo, non perfetti, non uniformi, no, non così, ma con-vocati, coinvolti, chiamati a stare e camminare insieme dietro a Lui, il nostro Maestro e Signore.
Questa, fratelli e sorelle, è la base di tutto. Vi ringrazio di averlo sottolineato e vi incoraggio a ravvivare il desiderio e la disponibilità verso questa comune osservanza di Cristo.
Essa comporta un impegno costante di conversione da un io chiuso a un io aperto, da un cuore centrato su di sé a un cuore che esce da sé e va incontro all’altro. E questo, per analogia, vale anche per la comunità: da una comunità autoreferenziale a una comunità estroversa, nel senso buono della parola, accogliente e missionaria. È il movimento che sempre lo Spirito Santo cerca d’imprimere alla Chiesa, lavorando in ogni suo membro e in ogni sua comunità e istituzione. Un movimento che risale alla Pentecoste, il “battesimo” della Chiesa. Lo stesso Spirito poi ha suscitato e suscita una grande varietà di carismi e forme di vita, una grande “sinfonia”. Le forme sono tante, molto diverse tra loro, ma per essere parte della sinfonia ecclesiale devono obbedire a questo movimento di uscita. Non un andare caotico, in ordine sparso: un andare insieme, tutti sintonizzati sull’unico cuore della Chiesa che è l’amore, come afferma con tanto entusiasmo Santa Teresa di Gesù Bambino. Non c’è comunione senza conversione, e dunque questa è necessariamente frutto della Croce di Cristo e dell’azione dello Spirito, sia nelle singole persone, sia nella comunità.
Ritornando all’immagine – o meglio al suono – della sinfonia, voi vi proponete di abbracciare il grande respiro missionario della Chiesa valorizzando anche la complementarità tra maschile e femminile, come pure la diversità culturale tra membri asiatici, africani, latinoamericani, nordamericani ed europei. Vi incoraggio in questo cammino, che non è facile, ma che può essere senza dubbio una ricchezza per le comunità e per l’Ordine.
Vi ringrazio per l’impegno con cui cooperate allo sforzo che la Chiesa intera sta facendo in questo senso in ogni Comunità particolare: oggi l’esperienza dell’incontro con la diversità è un segno dei tempi. Il vostro è un contributo prezioso, particolarmente ricco, perché, a motivo della vostra vocazione contemplativa, voi non vi accontentate di mettere insieme le diversità a livello superficiale, le vivete anche sul piano dell’interiorità, della preghiera, del dialogo spirituale. E questo arricchisce la “sinfonia” di risonanze più profonde e più generative.
Un altro aspetto su cui voglio incoraggiarvi è il vostro proposito di una maggiore povertà, sia di spirito sia di beni, per essere più disponibili al Signore, con tutte le vostre forze, con le fragilità e con le fioriture che Lui vi dona. Perciò lodiamo Dio per tutto, per l’anzianità e per la giovinezza, per l’infermità e per la buona salute, per le comunità in “autunno” e quelle in “primavera”. L’essenziale è non lasciare che il maligno ci rubi la speranza! La prima cosa che cerca il maligno è rubare la speranza, così ci prende di mano, sempre. Perché la povertà evangelica è piena di speranza, fondata sulla beatitudine che il Signore annuncia ai suoi discepoli: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio» (Lc 6,20).
Cari fratelli e sorelle, grazie per questa visita! La Vergine Maria vi accompagni e sostenga sempre il vostro cammino. Di cuore benedico voi e tutte le vostre comunità. E voi Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie.