L’amore come condizione umana

Gli occhi sono lo specchio dell’anima

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‘Era strano, ma la verità è che fino a diciassette anni ho vissuto in mezzo a questi esseri ed ero più estraneo a loro che a persone che non avevo mai visto. Non mi era mai venuto in mente di pensare che amassero e avessero desideri e sentimenti come me. Il nostro giardino, i nostri boschi, i nostri campi, che conoscevamo da tanto tempo, diventano improvvisamente nuovi e meravigliosi. Non invano Sergei Mikhailovich ha affermato che esiste una sola indubbia felicità al mondo: vivere per gli altri. Allora quest’idea mi sembrava strana perché non la capivo. Tuttavia, si è infiltrato nel mio cuore senza ragionare. Sergei Mikhailovich ha scoperto per me un intero mondo di gioie nel presente, senza cambiare affatto la mia esistenza, senza aggiungere più della sua persona a ogni emozione. Tutto ciò aveva vissuto in silenzio intorno a me fin dalla mia infanzia ed era bastato che lui venisse perché risuonasse e si riversasse nella mia anima, riempiendola di felicità’. (Tolstoj, L).

È possibile cambiare l’ambiente senza che esso cambi realmente? Il vivere è influenzato, senza dubbio, dalla conoscenza, dai sentimenti, dall’ambiente e dalle emozioni che aggiungono sfumature, toni, colori, intensità e vigore speciale. L’esistenza modella la propria esistenza al ritmo del suo svolgersi nella vita quotidiana e nel trambusto quotidiano. Vivendo, infatti, la vita si dilata con aggiunte e rilievi, si fa più densa con le esperienze, con le relazioni, con i dolori e con le gioie che l’essere e il convivere portano nel tempo. L’intelligenza, dal canto suo, cerca di costruire un discorso che la ordini e garantisca unità, tuttavia, la piccola distanza tra il protagonista – che agisce – e la sua storia – fatta di ciò che ha vissuto – rende difficile assumersi la responsabilità profonda di il valore e il significato di quanto fatto fino a quel momento.

L’abitare è espansione, relazione, scambio e movimento che associati – non a caso ma nel modo adatto alla persona – danno luogo a connessioni e combinazioni molteplici e variegate che compongono esperienze, apprendimenti ed esperienze che lasciano un sigillo particolare la vita stessa, forse per questo raccontarla diventa interessante, attraente e suggestivo. A qualcun altro? Certamente no. La narrazione stessa si rivela, scoperta nel suo splendore a chi la riceve e sa decodificare ciò che è peculiare e inedito; anche a qualcuno che sia disposto a valorizzarlo e, perché no, a incrementarlo.

Quando chiedi a qualcuno: “Chi sei?”, la risposta delinea dati generali, quelli che aiutano l’interlocutore casuale a identificarti e a distinguerti dagli altri. Se insisti ancora sulla domanda, allora vengono narrati fatti considerati “pubblici” – il curriculum – che danno notizia dei tuoi principali traguardi e traguardi personali, sociali e professionali. Di fronte alla stessa domanda, quando esiste un rapporto di amicizia o sentimentale, la risposta contiene non solo fatti, ma pensieri, desideri, affetti, illusioni e anche riflessioni su ciò che si crede e ci si aspetta. È senza dubbio un passo in più. È superare l’intimità.

Aprire la porta dell’intimità all’altro non è un evento banale, anzi. Mostrare il nocciolo, l’essenza di ciò che esplicitamente mi caratterizza è una decisione volontaria e consentita – lo faccio perché voglio – a condizione che quel qualcuno abbia la migliore disposizione di rispetto e di apprezzamento nei miei confronti – essendo-così-e- non altrimenti, che allo stesso tempo mi differenzia e mi rende unico. Allo stesso tempo, abbia la certezza che dalla sua condizione di essere personale può accrescere la mia intimità offrendomi la sua con altrettanta intensità. In questa prospettiva, avvicinare due soggettività – e non metterle a confronto – significa uno scambio di opinioni su ciò che è radicalmente unico per ciascuna. In questo atto di contemplazione, la parola tace, il cuore si illumina e la vita non trova pace finché non si fonde con un’altra esistenza, poiché non trova altro modo per possedere incessantemente la persona nella sua condizione unica e irripetibile. Solo l’amore è la forza motrice che muove e indirizza l’amante verso il possesso vitale dell’intimità della persona amata.

Tra le tante virtualità dell’amore, “essere per l’altro” o “essere al centro dell’attenzione” è quella che ha il potere di confermare l’esistenza. Lo scintillio negli occhi quando la guarda, il sorriso che appare sul volto al cospetto della persona amata… sono gesti che non fanno altro che ratificare la sua centralità per l’amante. In un certo modo, sapersi amati è una fuga dall’anonimato, non che ci si privi dei rapporti interpersonali, ma che il proprio nome, il soprannome affettuoso, non diventi un concetto ‘formalmente sociale’, ma contenga genuinamente e incarna l’intimità, il mondo interno. Ancor di più, la persona amata non si vede nella posizione di sforzarsi di presentare meriti, si mostra semplicemente così com’è: l’amore non premia medaglie conseguite, gode della contemplazione e della cura della persona che ama.


La vita, permeata dall’amore, si completa e illumina e con quelle note si apre a un futuro con speranza. La propria vita non viene percepita come una sorta di viaggio nel buio, simile a un treno che circola attraverso lunghe gallerie, dove il passeggero non percepisce i raggi del sole, il picchiettio della pioggia o il divertimento dei bambini… il pallore, la monotonia sono compagni di quello spostamento.

D’altra parte, un cuore innamorato, confortato e confermato dal sapersi radicalmente accettato e posseduto dalla sua condizione di essere personale, vibra e si espande profusamente. Allora, quando vuole “fare un viaggio dall’interno” verso l’esterno, riconfigurato dall’amore, viene “deposto” nella pupilla degli occhi, sulla punta della lingua e nel palmo delle mani. Allora lo sguardo si affina per guardare le cose nella loro dimensione di bello, vero, buono e semplice. Se ci si “appropria” delle cose con lo sguardo, il linguaggio cercherà di tradurle con parole che incoraggiano, uniscono e rimandano alla realtà stessa. Infine, il cuore usa le mani per accogliere, abbracciare, sostenere e aiutare.

Quando gli occhi dell’amante e dell’amato si posano su qualcosa, non parlano solo di ciò che hanno visto; Si scambiano – a partire dalla loro singolarità – ‘originalità’ in relazione allo stesso bene: la realtà. Gli sguardi, cangianti d’amore, lo ‘ricreano’, non lo mutano, scoprendo in esso i lampi di mistero che imprigiona e le vette che compiacciono lo spirito.

Gli sguardi più belli sono quelli che proiettano la parte più alta dell’essere umano: la sua intelligenza e la sua volontà. Sono loro che trasmettono comprensione e amore rispetto alle altre persone e all’universo: sono gli sguardi intelligenti e amorevoli che dicono con i loro occhi: è bello che esisti! “Sei unico e irripetibile!” È lo sguardo di una madre, di un’amante, di Dio. (G. Castillo)

Gli occhi sono lo specchio dell’anima, dice la saggezza popolare; la fisica risponde dicendo: “solo se la finestra è pulita”. Anche la filosofia insiste: “la luminosità dell’anima toglie la nebbia dal vetro”…ma solo l’amore distingue lo splendore degli occhi.