Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti al Convegno di studio “Dimensione comunitaria della Santità” promosso dal Dicastero delle Cause dei Santi, in corso a Roma, presso l’Istituto Patristico Augustinianum, dal 13 al 16 novembre 2023.
Nel suo discorso, il Papa ha sottolineato l’importanza della santità comunitaria, cioè della santità vissuta in comunione con gli altri.
Il Papa ha iniziato il suo discorso ricordando che la santità è un dono di Dio che tutti i cristiani sono chiamati a vivere. Tuttavia, la santità non è un obiettivo individuale, ma comunitario.
Il Papa ha spiegato che la santità comunitaria si basa sulla comunione con Dio e con gli altri. La comunione con Dio è fondamentale per la santità, perché è la fonte della vita e dell’amore. Anche la comunione con gli altri è fondamentale, perché è nella comunità che i cristiani imparano ad amare Dio e gli altri.
Il Papa ha sottolineato che la santità comunitaria si esprime nella vita quotidiana, nelle relazioni familiari, nel lavoro, nella preghiera e nella missione. La santità comunitaria è un modo di vivere il Vangelo nel mondo di oggi.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’Udienza:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle, benvenuti!
Vi saluto con gioia al termine del convegno sul tema La dimensione comunitaria della santità, organizzato dal Dicastero delle Cause dei Santi. Ringrazio il Cardinale Marcello Semeraro, gli altri Superiori, gli Officiali, i Postulatori, mons. Paglia e tutti voi, partecipanti ai lavori di queste giornate.
Mi avete donato il commentario all’Esortazione apostolica Gaudete ex exsultate, pubblicato dal Dicastero nel 10° anniversario del mio pontificato. Grazie di cuore! Mi auguro che le riflessioni contenute nel volume aiutino molti a comprendere sempre meglio la chiamata universale alla santità.
Questo tema della vocazione universale alla santità, e in essa la sua dimensione comunitaria, è molto caro al Concilio Vaticano II, che ne ha parlato specialmente nella Lumen gentium (cfr cap. V). Non a caso, in questa prospettiva, è cresciuto in anni recenti il numero delle beatificazioni e canonizzazioni di uomini e donne appartenenti a diversi stati di vita: sposi, celibi, sacerdoti, consacrate, consacrati e laici di ogni età provenienza e cultura, anche famiglie, penso a quella polacca martire. In particolare, in Gaudete ex exsultate ho voluto richiamare l’attenzione sull’appartenenza di tutti questi fratelli e sorelle al «santo popolo fedele di Dio» (n. 6); come pure sulla loro vicinanza a noi, come santi «della porta accanto» (n. 7), membri delle nostre comunità, che hanno vissuto una grande carità nelle piccole cose della vita quotidiana, pur con i loro limiti e difetti, seguendo Gesù fino alla fine. Perciò ora vorrei riflettere con voi proprio su questo tema evidenziandone, tra i tanti possibili, tre aspetti: la santità che unisce, la santità familiare e la santità martiriale.
Primo: la santità che unisce. Sappiamo che la vocazione alla quale tutti siamo chiamati si compie prima di tutto nella carità (cfr Lumen gentium, 40), dono dello Spirito Santo (cfr Rm 5,5) che unisce in Cristo e ai fratelli: dunque essa è un evento non solo personale, ma anche comunitario. Quando Dio chiama il singolo, è sempre per il bene di tutti, come nei casi di Abramo e Mosè, di Pietro e Paolo. Chiama il singolo per una missione. E del resto come Gesù, Buon Pastore, chiama per nome ciascuna delle sue pecore (cfr Gv 10,3) e cerca la smarrita per riportarla all’ovile (cfr Lc 15,4-7), così la risposta al suo amore non può che realizzarsi in una dinamica di coinvolgimento e intercessione. Ce lo mostra il Vangelo, ad esempio per Matteo che, appena chiamato da Gesù, invita i suoi amici all’incontro con il Messia (cfr Mt 9,9-13) o per Paolo che, incontrato il Risorto, diviene l’Apostolo delle genti. L’incontro con Gesù ha questa dimensione comunitaria.
Questa realtà è espressa in modo particolarmente toccante da Santa Teresa di Gesù Bambino, alla quale, nel 150° anniversario della nascita, ho dedicato l’Esortazione apostolica C’est la confiance. Ella, nei suoi scritti, con un’immagine biblica suggestiva contempla l’umanità intera come il «giardino di Gesù», il cui amore abbraccia tutti i suoi fiori in modo al tempo stesso inclusivo ed esclusivo (cfr Manoscritto A, 2rv), e chiede di essere accesa fino all’incandescenza dal fuoco di tale amore, per condurvi a sua volta tutti i fratelli (cfr Manoscritto C, 34r-36v). È l’evangelizzazione «per attrazione» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 14), la testimonianza, frutto al tempo stesso della più alta esperienza mistica di amore personale e della «mistica del noi» (Cost. ap. Veritatis gaudium, 4a). In essa si compenetrano le due modalità di presenza del Signore, sia nell’intimo della singola persona (cfr Gv 14,23), sia in mezzo a quelli che sono riuniti nel suo Nome (cfr Mt 18,20); nel “castello dell’anima” e nel “castello della comunità”, per usare un’immagine cara a Teresa d’Avila (cfr Il castello interiore). La santità unisce e attraverso la carità dei santi noi possiamo conoscere il mistero di Dio che «unito […] ad ogni uomo» (Cost. past. Gaudium et spes, 22) abbraccia nella sua misericordia l’intera umanità, perché tutti siano una cosa sola (cfr Gv 17,22). Quanto il nostro mondo ha bisogno di ritrovare in tale abbraccio unità e pace!
Passiamo al secondo punto: la santità familiare. Essa risplende eminentemente nella Santa Famiglia di Nazaret (cfr Gaudete et exsultate, 143). E tuttavia la Chiesa oggi ce ne propone molti altri esempi: «coppie di sposi sante, in cui ognuno dei coniugi è strumento per la santificazione dell’altro» (ibid. 141). Pensiamo ai santi Luigi e Zelia Martin; ai beati Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi; ai venerabili Tancredi e Giulia di Barolo; ai venerabili Sergio e Domenica Bernardini. La santità degli sposi, oltre che santità particolare di due persone distinte, è anche santità comune nella coniugalità: dunque moltiplicazione – e non semplice addizione – del dono personale di ciascuno, che si comunica. E un esempio luminoso di tutto questo – come ho accennato all’inizio – ci è stato recentemente offerto nella beatificazione degli sposi Jozef e Wiktoria Ulma e dei loro sette figli: tutti martiri. Anch’essi ci ricordano che «la santificazione è un cammino comunitario, da fare a due a due» (ibid.), e non da soli. Sempre agire con la comunità.
E veniamo così al terzo punto: la santità martiriale. È un modello forte, di cui abbiamo tanti esempi lungo la storia della Chiesa, dalle comunità delle origini fino all’epoca moderna, nel corso dei secoli e in varie parti del mondo. Non c’è un periodo che non abbia avuto i suoi martiri, fino ai nostri giorni. E noi pensiamo che questi martiri sono cose che non esistono. Ma pensiamo a un caso di vita cristiana vissuta in un martirio continuo: il caso di Asia Bibi, che per tanti anni era in carcere, e la figlia le portava l’Eucaristia. Tanti anni fino al momento in cui i giudici hanno detto che era innocente. Quasi nove anni di testimonianza cristiana! È una donna che continua a vivere, e sono tanti, tanti così, che danno testimonianza della fede e della carità. E non dimentichiamo che anche il nostro tempo ha tanti martiri! Spesso si tratta di «intere comunità che hanno vissuto eroicamente il Vangelo o che hanno offerto a Dio la vita di tutti i loro membri» (ibid.). E il discorso si amplia ulteriormente se consideriamo la dimensione ecumenica del loro martirio, ricordando gli appartenenti a tutte le confessioni cristiane (cfr ivi, 9). Pensiamo ad esempio al gruppo dei ventuno martiri copti recentemente introdotti nel Martirologio romano. Morivano dicendo: “Gesù, Gesù”, sulla spiaggia.
Cari fratelli e sorelle, la santità dà vita alla comunità e voi, con il vostro lavoro, ci aiutate a capirne e a celebrarne sempre meglio la realtà e le dinamiche, nei numerosi e vari cammini che vagliate e proponete alla nostra venerazione; diversi, ma tutti rivolti alla stessa meta: la pienezza dell’amore. Questo è il cammino della santità.
Vi ringrazio tanto per questo e vi incoraggio a continuare con gioia la vostra bella missione, per il bene dei singoli e per la crescita delle comunità. Vi benedico di cuore e, vi raccomando, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!