La Giornata della Memoria: Per non dimenticare Witold Pilecki, l’eroe di Auschwitz

Lo storico Marco Patricelli ricorda “il volontario” nel campo di concentramento

Witold Pilecki, prigioniero nr. 4859, eroe di Auschwitz. Lo storico britannico Michael Foot considera Pilecki una delle sei figure più coraggiose del movimento di resistenza durante la seconda guerra mondiale

Il 27 gennaio del 1945 le truppe sovietiche liberarono il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Quando si è voluto commemorare lo stermino degli ebrei durante la seconda guerra mondiale è stata scelta proprio questa data per la Giornata della Memoria.

Dal 1933 al 1945 il governo tedesco fece costruire 20 mila di questi diversi campi (in tedesco lager) situati in molti Paesi europei. I campi furono di diverso genere: campi di concentramento, campi di sterminio, campi di lavori forzati, ecc. Le vittime dei lager ammontano a circa 11 milioni di persone, di cui 6 milioni furono ebrei. Il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau fu il più grande campo di sterminio perciò è stata data una grande importanza al giorno della sua liberazione.

Ma ricordando le vittime di Auschwitz sarebbe doveroso ricordare gli eroi che, rischiando la propria vita, sono riusciti a raccogliere informazioni su che cosa succedeva dento il campo e a trasmettere queste notizie alle cancellerie dell’Occidente. Tra questi eroi che ingiustamente rimangono sconosciti al grande pubblico mondiale ci sono Witold Pilecki e Jan Karski.

Per ricordare queste due figure ho parlato con lo storico Marco Patricelli, già autore di un prezioso libro “Il Volontario” (Edizioni Laterza).

Lei è l’autore di un libro che ha fatto conoscere al pubblico italiano Witold Pilecki, un eroe sconosciuto della seconda guerra mondiale. Come mai la vita di questo giovane tenente di cavalleria polacco, un fervente cattolico, padre di famiglia, si è intrecciata con il campo di concentramento di Auschwitz?

Marco Patricelli, storico, autore del libro “Il volontario” che racconta la straordinaria storia di Witold Pilecki, durante la presentazione del film sul “volontario ad Auschwitz”

L’esperienza di Witold Pilecki, uno dei fondatori della resistenza polacca e dell’esercito clandestino durante l’occupazione tedesca, è frutto di uno straordinario piano di intelligence da lui elaborato e per cui si offre volontario, che prevede l’arresto e la deportazione ad Auschwitz. Sul lager si rincorrevano voci terrificanti, ma si trattava appunto di voci. L’obiettivo di Pilecki era creare dall’interno un movimento di resistenza e testimoniare al mondo libero di cosa siano capaci i nazisti. Nella parte di Polonia occupata da Hitler era in atto un disegno sistematico e spietato di decapitazione della classe dirigente polacca attraverso il sistema concentrazionario, e di annientamento degli ebrei.

Che cosa scoprì Pilecki ad Auschwitz?

Che la realtà è molto peggiore di quanto era riuscito a filtrare al di là del filo spinato da settembre 1939 a settembre 1940, ovvero dall’arresto provocato di Pilecki. Non va taciuto che quando un prigioniero veniva liberato, era sottoposto preliminarmente a un trattamento tale che non potesse mostrare i segni delle privazioni, della fame, delle percosse. Era inoltre ammonito a non dire nulla altrimenti sarebbe stato riportato ad Auschwitz e la stessa sorte sarebbe toccata alla sua famiglia. Quel lager era infatti il regno dell’orrore, dello schiavismo, del sadismo criminale, della negazione della dignità umana e di ogni senso di dignità. Pilecki osservava e registrava, rischiando la vita ogni giorno. Il suo primo rapporto, attraverso la resistenza polacca, arrivò alla sede del governo polacco in esilio a Londra, a marzo 1941, via Stoccolma: è questo il primo documento ufficiale su Auschwitz, in cui si descrive nel dettaglio cosa accade quotidianamente nel campo. Sembra impossibile che sia tutto vero, e infatti non gli credono.

La fuga dal campo di concentramento sembra una cosa impossibile. In che modo Pilecki riuscì in questa impresa?

Mettendo insieme una serie di circostanze favorevoli, come le festività pasquali, l’allentamento della sorveglianza e la possibilità di un servizio alla panetteria esterna, ma pianificando ogni aspetto per la riuscita di una spettacolare evasione che mise a segno assieme a due compagni il 27 aprile 1943, dopo quasi mille giorni di prigionia. Ormai il Dipartimento politico delle SS era sulle sue tracce e la sua missione poteva dirsi conclusa.


Dove sono finiti i rapporti del “volontario di Auschwitz”?  

I rapporti di Pilecki elaborati nel lager, dopo la fuga durante la clandestinità e alla fine della guerra quando era in Italia, sono tutti a Londra, dove sono custoditi gli archivi del governo polacco in esilio.

Parlando di Pilecki bisogna ricordare un altro eroe polacco che trasmetteva all’Occidente le sue testimonianze riguardanti il genocidio degli ebrei polacchi: Jan Karski. Potrebbe ricordare anche questo personaggio?

La figura di Karski è una di quelle rarissime e straordinarie di chi è capace di mettere in gioco la propria vita pur di cercare di salvare l’umanità dall’abisso in cui era precipitata in quegli anni bui. Portò la sua esperienza di testimone e le prove della Shoah ai più alti livelli istituzionali di Gran Bretagna e Stati Uniti, e non fu creduto. Perché era talmente orribile quello che raccontava da andare al di là dell’immaginabile e quindi del comprensibile.

Le cancellerie del mondo Occidentale, prima di tutto gli americani e gli inglesi, sapevano del genocidio che avveniva ad Auschwitz. Perché non reagirono in nessun modo per impedirlo?

I motivi sono molteplici e investono la sfera politica e militare prima ancora che quella morale che a noi appare preponderante. Bombardare le linee ferroviarie che alimentavano la Shoah sul territorio del Reich era difficile e rischioso, provocava danni limitati e il genio militare tedesco li riparava in poche ore. Impegnarsi per una fuga di massa, come chiedeva incessantemente lo stesso Pilecki, era impossibile perché non si sapeva come assistere e proteggere i detenuti in un territorio occupato.  Si scelse di non distogliere forze, mezzi ed energie dall’impegno bellico perché con la sconfitta del Reich sarebbe cessato anche lo sterminio.

Perché ogni tanto i polacchi vengono accusati di non aver impedito il funzionamento dei campi di concentramento tedeschi sul territorio della Polonia occupata e si tace sull’inerzia (voluta?) del mondo occidentale?

E come avrebbero potuto oltre quello che pure fecero in una situazione inimmaginabile? Solo in Polonia tra tutti i Paesi occupati dai nazisti coloro che aiutavano gli ebrei venivano fucilati e le case bruciate, eppure i polacchi sono il 25% degli oltre 28.000 Giusti tra le nazioni, e numericamente il gruppo nazionale significativamente più alto. I sabotaggi e le informative dell’Esercito nazionale polacco ((Armia Krajowa), furono vitali per l’esito della guerra in favore degli Alleati, e il prezzo pagato fu mostruoso, come quello dell’intera Polonia. Questi sono i fatti, il resto sono speculazioni e strumentalizzazioni.

Qual era la sorte di Pilecki dopo la guerra?  

Si offrì nuovamente volontario al generale Anders che si trovava in Italia per una missione in patria, dove aveva lasciato la famiglia, per costituire un sistema di resistenza simile a quello di Auschwitz e impedire la completa sovietizzazione della Polonia. Sopravvissuto al totalitarismo nazista, fu vittima di quello stalinista. Arrestato, processato a Varsavia con false accuse, false prove e con procedure addomesticate e irregolari, torturato piagandolo nella carne ma non nello spirito di patriota e di cristiano, fu condannato a morte e giustiziato in cella il 25 maggio 1948. Il suo corpo fu interrato segretamente affinché non fosse mai ritrovato e su tutta la sua vicenda venne fatto calare l’oblio.