Occorre «una Chiesa più divina, che sia capace, attraverso i suoi membri, sempre rinnovati dalla grazia, di far risplendere la luce di Dio nell’aspetto umano di ogni giorno», per questo è necessario «ripartire dalla confessione, dalla misericordia, per essere pellegrini della speranza». Con una lectio magistrali, il cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere Maggiore, ha aperto questo pomeriggio il 34° Corso sul Foro Interno, sviluppando la sua riflessione con uno sguardo al Giubileo 2025, che, come ogni Anno Santo, “avrà al centro la doppia dimensione del il pellegrinaggio ad Petri Sedem e il sacramento della Riconciliazione”. Con i sacerdoti e i candidati agli ordini sacri – riuniti fino all’8 marzo a Roma, nel Palazzo della Cancelleria – il cardinale ha sottolineato quanto centrale e determinante sia, come “autentico motivo del Giubileo”, la riconciliazione sacramentale con Dio e con la Chiesa, che è anche “la precondizione di ogni altra riconciliazione possibile: con se stessi, con i fratelli, con la società e con la storia”.
Rinnovamento personale generato dalla Grazia
Siamo pellegrini perché “camminiamo verso una meta precisa”, che “si è rivelata, in modo unico e personale”, ha spiegato Gesù Cristo, Luce del mondo, ma “affinché questa Luce risplenda nelle tenebre della mondo e si fa portatore di speranza”, deve innanzitutto risplendere in ciascuno di noi. “Un rinnovamento della Chiesa e del mondo” richiede, infatti, innanzitutto, un “rinnovamento personale, generato dalla Grazia, che renda ciascuno portatore, pellegrino di speranza”, ha affermato il Penitenziere Maggiore, ma poiché l’uomo solo non è “capace di ‘risolvere se stesso’”, di “conoscersi profondamente”, di poter “intraprendere un pellegrinaggio di vera comunione con se stesso, di vero rinnovamento e di realizzazione umana”, è necessario “che qualcuno, al di fuori di lui, gli offra misericordia e perdono”. Dunque «il perdono è autentico solo se viene ‘da fuori’, dall’Altro».
Il valore ecclesiale della confessione
Anche la confessione è «una vera e propria ‘nuova creazione’», ha poi detto il cardinale, perché Dio – come uno scultore che toglie alla materia ciò che copre l’immagine, secondo il pensiero di Michelangelo – “libera il penitente da tutte le ‘scorie inutili’. ‘, che è stato depositato in lui a causa del peccato, facendo emergere sempre di nuovo l’uomo nuovo, fatto a sua immagine e somiglianza.” Inoltre, “ci rende pellegrini della speranza, perché ci dà la certezza di essere continuamente rinnovati dalla Grazia” e “di essere sempre ‘scolpiti’, liberati da Dio”. Si tratta di una dinamica che “ha anche un profondo valore ecclesiale” perché, per una “vera riforma” nella Chiesa, dobbiamo lasciarci “spazzare via, sempre di nuovo, dalle nostre costruzioni e incrostazioni umane dalla misericordia che viene dall’alto”. .”
I santi, la maggioranza che guida la Chiesa
Nella sua relazione, il cardinale Piacenza ha sottolineato anche che la Chiesa è composta dai laici, dalle gerarchie, “da tutti i testimoni della speranza nel Messia dell’Antico Testamento, fino alla Beata Vergine Maria e agli Apostoli”, dai santi e” tutti gli uomini e le donne sconosciuti, di cui solo Dio poteva vedere la fede, e che ora lo vedono faccia a faccia” e che “i santi sono la vera, decisiva maggioranza, secondo la quale si orienta la Chiesa”, coloro che “misteriosamente portano qualcosa del ‘divino’ all’umano”, “nostri maestri di umanità, che non ci abbandonano nemmeno nel dolore e nella solitudine”. Per questo, sottolinea la Penitenzieria Maggiore, «la santità battesimale, che ci inserisce nella comunione della Chiesa, e il sacramento della Confessione, che ricrea in noi l’immagine sfigurata dal peccato, sono la vera sorgente del nostro essere ‘pellegrini’ di speranza’, del nostro cammino verso la speranza escatologica”, che “ci permette di non confidare nelle costruzioni meramente umane, nei sistemi sociali o politici” e “ancor meno in una presunta ‘nuova Chiesa’ fatta solo da mani umane”.
Il significato della penitenza
Dobbiamo, infine, tenere presente che la «speranza che dà la Confessione» non è esente da fatica; la riconciliazione apre, infatti, «alla penitenza, che non è altro che la realizzazione in me del perdono», conclude del rinnovamento di ogni persona, che va visto all’interno della Chiesa, perché, «con la Confessione, l’uomo è strappato dal suo peccato e dal conseguente triste isolamento e viene accolto gratuitamente, inserito» direttamente nella Chiesa, «comunità che unisce e sostiene nella vita e nella morte.”