La bufala dell’emancipazione femminile che insabbia la prostituzione
"Anora"

Il potere educativo del cinema svanisce quando etica ed estetica non vanno di pari passo, la realtà viene alterata e la persona viene distorta o diluita nella storia. Ciò accade spesso nei film sulle donne prostituite. Il film “Anora” trionfa agli Oscar con una retorica confusa che insabbia la prostituzione e alimenta la bufala dell’emancipazione femminile, legata al lavoro sessuale e alla sovranità sul proprio corpo. Narrazioni come “Pretty Woman” e “Anora” non mettono in discussione una realtà drammatica; al contrario, naturalizzano una forma di schiavitù che viola i diritti umani, la dignità e il valore morale del corpo, alimentando al contempo la disuguaglianza di genere e la disumanizzazione della sessualità.
Il film Anora, scritto e diretto da Sean Baker, racconta la storia di Ani (Mikey Madison), una ragazza di 23 anni che viene sfruttata sessualmente in uno striptease club di Manhattan. Tuttavia, non è consapevole della sua schiavitù e delle sofferenze a cui partecipa. Spinta da un falso senso di potere, crede che il suo lavoro sia come qualsiasi altro, che le garantisca i soldi per sopravvivere e che sia libera di disporre del suo corpo come preferisce. Una sera, il proprietario del club la presenta a Vanya (Mark Eydelshteyn), figlio dell’oligarca russo Nicolai Zakharov (Aleksei Serebryakov), e le chiede di essere “affettuosa” con lui perché è il miglior cliente del club. Accecata dalla sua posizione sociale ed economica, Ani vede in Vanya, capriccioso, immaturo, superficiale e tossicodipendente, una via di fuga sicura verso una vita migliore. D’impulso, il ragazzo le offre diecimila dollari per una settimana di sesso e lei accetta. Più tardi, Vania le chiede di sposarlo e anche lei accetta, emozionata dalla grandezza dei diamanti sull’anello di fidanzamento.
La coppia identifica la felicità con la vita superficiale, le feste, la droga e il sesso compulsivo. Ma i conflitti non tardano ad arrivare. Quando i genitori di Vania vengono a sapere del matrimonio del figlio con una prostituta, si affrettano ad annullare la validità legale del matrimonio.
La famiglia di Vania chiede quindi a Toros (Karren Karagulian), un prete ortodosso e padrino del ragazzo, di offrire ad Ani una grossa somma di denaro per invalidare il vincolo. Due sicari, Garnick (Vache Tovmasyan) e Igor (Yura Borisov), collaborano al piano per intimidire la giovane donna. La protagonista, sorpresa e ferita dal rifiuto della sua famiglia, difende il suo matrimonio come “autentico”, riferendosi solo alla cerimonia legale a Las Vegas che attesta la validità del matrimonio, non ai sentimenti tra i due, che sono inesistenti. Da parte sua, Vania rispetta la decisione dei suoi genitori ed è pronta a sciogliere rapidamente il matrimonio per paura di perdere il loro sostegno finanziario o di essere costretta a tornare in Russia. La freddezza del suo giovane marito, che non mostra alcun pentimento per la fine della relazione, rivela ad Ani che si è trattato solo di un diversivo e di un capriccio nella vita di Vania, e lei accetta di annullare il matrimonio in cambio di altri diecimila dollari.
Un esercizio superficiale non porta mai a nulla di significativo. Pertanto, la scena finale del film è difficilmente credibile come metafora di amore e redenzione. In questo contesto, il film Anora, nonostante la vittoria di numerosi premi Oscar, è ancora la “sorella cattiva” di Pretty Woman. Si tratta di un’altra storia in cui la donna prostituita viene “salvata”, questa volta non da un principe azzurro milionario, ma da Igor, uno dei sicari russi.
Etica sessuale e amore
Se la prima parte del film è piena di scene di sesso esplicite e ingiustificate perché la realtà del contesto prostitutivo è nell’immaginario collettivo, nella seconda parte il personaggio di Ani è il fulcro comico di sequenze in cui si susseguono gag poco divertenti e parolacce.
Nel suo approccio al mondo della prostituzione, il regista americano Sean Baker perde l’occasione di mettere in discussione le strutture che sostengono una forma di schiavitù e di oggettivazione, indissolubilmente legata alla tratta e alla violenza contro le donne. Il film è estremamente contraddittorio perché incarna nella sua protagonista gli stereotipi della prostituzione come lavoro e come esercizio di autodeterminazione sul proprio corpo, senza affrontarli né offrire allo spettatore alcuna riflessione su di essi. Inoltre, diluendo la persona nel dramma, il regista non riesce ad approfondire chi è Ani, la sua fragilità, il tradimento di coloro che abusano del potere del denaro per soddisfare i propri istinti, né pone domande pertinenti sul significato più profondo della disuguaglianza nell’ambito delle relazioni interpersonali.
A questo punto, dobbiamo distinguere due tipi di film sulla prostituzione, a seconda che contribuiscano a mantenere o a promuovere nuove prospettive su una realtà crudele. Ad esempio, i film dei neorealisti italiani Vittorio De Sica e Federico Fellini costituiscono opere fenomenologiche che decifrano il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione, senza alterare o distorcere la sofferente realtà che circonda le donne prostituite. Questo approccio favorisce il cambiamento di ciò che esiste, aggiornando lo sguardo critico sulla realtà della prostituzione, sul suo significato e sul danno alle relazioni umane[1]. Al contrario, il film Anora partecipa al mantenimento di ciò che esiste, banalizzando il sesso e rappresentando socioculturalmente la donna come un corpo-oggetto disponibile per soddisfare i desideri maschili.
Affinché l’etica sessuale acquisisca senso e rilevanza antropologica, essa deve essere legata a una riflessione sull’amore umano che vada oltre i valori utilitaristici prevalenti, basata sull’idea che qualsiasi azione serve allo scopo del massimo piacere, indipendentemente dal fatto che la persona possa essere utilizzata come mezzo per raggiungere tale scopo. Al contrario, la norma personalista concepisce la persona come un bene superiore che può essere oggetto solo di relazioni oneste, eque e giuste. «La persona è un bene verso il quale solo l’amore costituisce l’atteggiamento adeguato e valido»[2]. Così, in contrasto con l’utilitarismo delle relazioni sessuali come mezzo per raggiungere un piacere egoistico, la piena donazione spirituale e corporea trova il suo senso in una unione reciproca tra uomo e donna, coerente con il valore insostituibile e incommensurabile della persona e con la sua dignità[3].
Il business del sesso
Non tutte le attività attraverso cui si ottiene profitto sono lavoro, né è opportuno proporre misure per migliorare o umanizzare le condizioni di sfruttamento umano. Come può il lavoro essere considerato un’attività che costituisce una flagrante violazione dei diritti fondamentali, che implica pratiche violente o che normalizza le donne come oggetti di consumo?
La prostituzione rende leggibile una potente struttura sociale che mercifica le relazioni umane in cui gli uomini detengono una posizione di potere e le donne sono subordinate ai desideri maschili come merci e oggetti di consumo. Gli stereotipi sessisti e il business che circonda l’industria del sesso inducono l’accettazione sociale di questa pratica, dalla sua naturalizzazione come la professione più antica del mondo, al suo collegamento con la libertà sessuale che sancisce la schiavitù umana e la disuguaglianza tra uomini e donne, così come una grande corporazione del capitalismo globale con grandi benefici[4].
Oggigiorno la prostituzione virtuale è uno dei più grandi business del sesso. La piattaforma OnlyFans camuffa lo sfruttamento sessuale delle donne chiamandole “creatrici di contenuti” e le prostitute “fan”. Si tratta di pornografia online che lascia un segno indelebile di dolore e disumanizzazione attraverso la vendita di immagini e video con contenuti sessuali che costituiscono la porta di accesso a successive relazioni digitali o di persona in cui il sesso viene scambiato in cambio di denaro. Questo social network costituisce l’impero della nuova pornografia e della prostituzione con più di 240 milioni di utenti e un business del valore di miliardi di euro[5].
Il discorso sull’emancipazione femminile confonde i giovani che creano profili e vendono immagini sessualmente esplicite su questa piattaforma, attirati dai vantaggi economici, inconsapevoli della loro oggettificazione e del mondo oscuro in cui stanno entrando. Inoltre, un recente rapporto pubblicato dalla prestigiosa agenzia di stampa Reuters documenta che questa piattaforma, che promette misure severe per controllare i contenuti e prevenire gli abusi sessuali sui minori, è inefficace nel prevenirli.
Valutazione bioetica
La bioetica personalista costituisce un valido quadro di riflessione sui dilemmi etici della prostituzione e costituisce un’antropologia di riferimento, promuovendo il valore morale del corpo, l’amore coniugale, il rapporto tra libertà e responsabilità, nonché il debito dell’individuo nei confronti della società a cui appartiene. Infatti, non si può celebrare la libertà senza responsabilità. Siamo esseri sia spirituali che corporei, e il danno che infliggiamo al corpo danneggia l’anima e viceversa. Dalla nostra visione della fisicità in cui è inserita la vita conseguono atti di rispetto o di mancanza di rispetto verso se stessi e verso gli altri. «Il corpo, in quanto dotato di valore intrinseco, non ha prezzo né può essere utilizzato come oggetto di negoziazione (…) L’attribuzione alla corporeità di un significato ontologico e qualitativo esclude la possibilità di applicare un criterio economico e monetario (…) Sorge allora un principio fondamentale: il rispetto della dignità del corpo, da cui consegue la sua non mercificazione»[6]
Le relazioni sociali sono legate alla solidarietà con gli altri, all’aiuto a chi non ha i mezzi per aiutarsi. Papa Francesco ci invita ad «aprire gli occhi e le orecchie, per riconoscere la dignità di ogni persona e contrastare con azioni concrete ogni forma di sfruttamento umano»[7]. La mera esistenza della prostituzione implica un’oggettiva oggettivazione della persona, che contraddice la sua intrinseca dignità, provoca effetti devastanti sulle vittime e comporta gravi danni sociali perché mina le relazioni umane e l’uguaglianza tra uomini e donne. In breve, si tratta di un modo sbagliato di concepire la realtà personale e la società come ambiti in cui le persone dovrebbero poter sviluppare il proprio potenziale e non essere sfruttate come una merce.
I cinque Oscar assegnati ad Anora dimostrano che i festival cinematografici possono premiare anche film difficilmente memorabili, come nel caso in questione.
Amparo Aygües – Laurea Magistrale in Bioetica presso l’Università Cattolica di Valencia – Membro dell’Osservatorio di Bioetica – Università Cattolica di Valencia
***
[1] Oliver, E & Ibáñez, M. (2023). Relazionalità tradita: le donne prostituite nel cinema neorealista. Presentazione al V Congresso di Filosofia e Cinema dell’Università Cattolica di Valencia San Vicente Mártir. Manoscritto fornito dagli autori, in attesa di pubblicazione in Dykinson.
[2] Giovanni Paolo II, Letizia Orsini (2013).Amore e responsabilità. Parola, p.28.
[3] Ivi, pp.27-29.
[4] Cobo, R. (2017), La prostituzione al cuore del capitalismo. I libri di Catarata. P. 213.
[5] Verde, N. (2024). Onlyfans, l’impero della nuova pornografia e prostituzione con 240 milioni di utenti. Notizie della Radiotelevisione Spagnola (RTVE), pubblicate il 7 maggio. Ottenuto da https://www.rtve.es/noticias/20240507/feminista-onlyfans-imperio-pornografia-prostitucion-igualdad/16092375.shtml. Anche su El País, 10 marzo 2025, https://elpais.com/noticias/onlyfans/ e su La Vanguardia, 7 luglio 2024, https://www.lavanguardia.com/vida/20240707/9787851/millones-muros-pago-impiden-revisar-explotacion-infantil-onlyfans.html
[6] Sgreccia, E. (2007). Manuale di bioetica. Fondamenti ed etica biomedica.BAC, p.162.
[7] https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2025-02/papa-messaje-xi-jornada-oracion-reflexion-trata-personas.html
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