Il Papa riceve le credenziali di cinque nuovi ambasciatori

Ambasciatori Straordinari e Plenipotenziari presso la Santa Sede

Vatican Media

Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza gli Ambasciatori di Islanda, Bangladesh, Siria, Gambia e Kazakhstan presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai nuovi Ambasciatori nonché i cenni biografici essenziali di ciascuno:

Discorso del Santo Padre

Eccellenze,

Vi porgo un caloroso benvenuto e sono lieto di ricevere le Lettere che vi accreditano come Ambasciatori Straordinari e Plenipotenziari dei vostri Paesi presso la Santa Sede: Islanda, Bangladesh, Siria, Gambia e Kazakistan. Nel trasmettere i miei saluti ai vostri rispettivi Capi di Stato, vi chiedo gentilmente di assicurare loro il mio ricordo nella preghiera per l’adempimento del loro servizio. Il mio pensiero va in particolare all’amato popolo siriano, che si sta ancora riprendendo dal recente violento terremoto, tra le continue sofferenze causate dal conflitto armato.

Se guardiamo attentamente alla situazione attuale del mondo, anche uno sguardo superficiale potrebbe lasciarci turbati e scoraggiati. Pensiamo a molti luoghi come il Sudan, la Repubblica Democratica del Congo, il Myanmar, il Libano e Gerusalemme, che stanno affrontando scontri e disordini. Haiti continua a vivere una grave crisi sociale, economica e umanitaria. C’è poi, naturalmente, la guerra in corso in Ucraina, che ha portato sofferenza e morte indicibili. Inoltre, vediamo aumentare il flusso di migrazioni forzate, gli effetti del cambiamento climatico e un gran numero di nostri fratelli e sorelle in tutto il mondo che vivono ancora in povertà a causa della mancanza di accesso all’acqua potabile, al cibo, all’assistenza sanitaria di base, all’istruzione e a un lavoro dignitoso. C’è, senza dubbio, un crescente squilibrio nel sistema economico globale.


Quando impareremo dalla storia che le vie della violenza, dell’oppressione e dell’ambizione sfrenata di conquistare terre non giovano al bene comune? Quando impareremo che investire nel benessere delle persone è sempre meglio che spendere risorse nella costruzione di armi letali? Quando impareremo che le questioni sociali, economiche e di sicurezza sono tutte collegate una con l’altra? Quando impareremo che siamo un’unica famiglia umana, che può veramente prosperare solo quando tutti i suoi membri sono rispettati, curati e capaci di offrire il proprio contribuito in maniera originale? Finché non arriveremo a questa consapevolezza, continueremo a vivere quella che ho definito una terza guerra mondiale combattuta a pezzi. Forse questa descrizione sembra disturbare la nostra sensibilità, soprattutto la soddisfazione per gli straordinari progressi tecnologici e scientifici raggiunti o per i passi già compiuti per affrontare le questioni sociali e sviluppare ulteriormente il diritto internazionale. Sebbene tutti questi risultati siano certamente lodevoli, non dobbiamo mai sentirci appagati o peggio indifferenti riguardo all’attuale situazione del mondo, né mancare di garantire che tutti i nostri fratelli e tutte le nostre sorelle possano beneficiare di queste conquiste e questi sviluppi.

Allo stesso tempo, dobbiamo anche rimanere ottimisti e determinati nel credere che la famiglia umana sia in grado di affrontare con successo le sfide del nostro tempo. A questo proposito, guardiamo al servizio che voi, cari Ambasciatori, siete chiamati a svolgere. Come ben sapete, la funzione di Ambasciatore è antica e nobile. È stata persino inserita nelle Scritture cristiane dall’Apostolo Paolo, quando ha usato questo termine per descrivere gli annunciatori di Gesù Cristo (cfr 2 Cor 5,20). In effetti, il ruolo positivo dell’Ambasciatore è attestato in ogni epoca e in diversi tipi di situazioni. Se me lo permettete, vorrei condividere alcune brevi riflessioni su questo. Come uomo o donna di dialogo, costruttore di ponti, l’Ambasciatore può essere una figura di speranza. Speranza nella bontà ultima dell’umanità. Speranza che un terreno comune sia possibile perché siamo tutti parte della famiglia umana. Speranza che non sia mai detta l’ultima parola per evitare un conflitto o risolverlo pacificamente. Speranza che la pace non sia un sogno irrealizzabile. Pur continuando a servire fedelmente il proprio Paese d’origine, l’Ambasciatore cerca di mettere da parte le emozioni superflue e di superare le posizioni radicate per trovare soluzioni accettabili. E certo non è un compito facile. La voce della ragione e gli appelli alla pace spesso cadono nel vuoto. L’attuale situazione mondiale, tuttavia, non fa che sottolineare ulteriormente la necessità che gli Ambasciatori e i loro colleghi siano fautori del dialogo, paladini della speranza. La Santa Sede apprezza l’importante ruolo che svolgete, come dimostra con il suo impegno diplomatico a livello bilaterale e multilaterale.

Da parte sua, la Santa Sede, in conformità alla propria natura e alla sua particolare missione, si impegna a proteggere l’inviolabile dignità di ogni persona, a promuovere il bene comune e a favorire la fraternità umana tra tutti i popoli. Questi sforzi, che non comportano il perseguimento di scopi politici, commerciali o militari, sono realizzati attraverso l’esercizio di una neutralità positiva. Lungi dall’essere una “neutralità etica”, soprattutto di fronte alle sofferenze umane, ciò conferisce alla Santa Sede una posizione ben definita nella comunità internazionale che le permette di meglio contribuire alla risoluzione dei conflitti e di altre questioni.

Alla luce di queste osservazioni, sono fiducioso che vi saranno molte opportunità per voi di collaborare con la Santa Sede su temi di interesse comune. A questo proposito, posso assicurarvi che la Segreteria di Stato, insieme ai Dicasteri e agli Uffici della Santa Sede, sono più che disposti a impegnarsi con voi in un dialogo aperto e onesto, collaborando per il miglioramento della famiglia umana. Mentre iniziate questo nuovo servizio, cari Ambasciatori, invoco volentieri su di voi, sulle vostre famiglie, sui vostri collaboratori diplomatici e sul vostro personale abbondanti benedizioni divine.

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Care ambasciatrici, cari ambasciatori, vi chiedo scusa perché io ho letto il discorso pensando che voi avevate la traduzione inglese, purtroppo la segreteria non lo ha preparato, mi assumo io la responsabilità e vi chiedo scusa. Poi vi arriverà. Grazie.