Si avvicina la visita del Papa in Iraq, in programma dal 5 all’8 marzo. In vista di questo atteso evento che segna la ripresa dei viaggi del S. Padre, Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) ha lanciato un’altra iniziativa molto concreta a favore della popolazione irachena. Si tratta di una raccolta fondi per ricostruire un asilo distrutto a Batnaya dall’Isis, che aveva occupato la cittadina da agosto 2014 a novembre 2016.
In un comunicato, ACS spiega che “secondo gli ultimi dati, aggiornati al 12 gennaio 2021, oltre il 45% delle famiglie originariamente residenti nella Piana di Ninive, e scacciate dalla violenza degli estremisti islamici, è tornato a casa, grazie anche al grande sforzo di solidarietà profuso dalla comunità cattolica internazionale, a cominciare dai benefattori della stessa ACS. Il restante 55% dei cristiani della Piana di Ninive non è ancora rientrato”. La situazione, infatti, non è semplice per i cristiani, sia per le difficoltà economiche che per il clima di scarsa fiducia.
L’aveva spiegato molto bene alcuni giorni fa, durante un incontro con vaticanisti collegati via internet, padre Karam N. Shamasha, parroco della chiesa cattolica caldea di San Giorgio a Telskuf, nella Piana di Ninive: “Nel mio paese siamo tutti cristiani ma siamo circondati da musulmani e i primi a venire a impossessarsi delle nostre case sono stati i nostri vicini – aveva detto padre Karam – era un’invidia che risaliva a prima della devastazione dell’Isis. Perdonare non è semplice ma è la nostra vocazione cristiana. Altrimenti è una lotta infinita. Serve un cambio di mentalità”.
Ora, parlando con ACS, padre Karam ha ricordato che parte dei cristiani cacciati dagli islamisti “è all’estero e non tornerà”. Il resto è composto da sfollati interni dislocati nei villaggi vicini. Questi ultimi “torneranno quando saranno disponibili le opportunità di lavoro necessarie per avere una vita degna. Nella nostra zona non c’è elettricità, le scuole non sono ben preparate per accogliere gli studenti. I negozi sono chiusi a causa della pandemia e della crisi economica. La situazione non è tranquillizzante” sottolinea il sacerdote iracheno.
Per quanto riguarda il rapporto fra la comunità cristiana della Piana di Ninive e le autorità civili, padre Karam evidenzia anzitutto che si tratta di una piccola minoranza che deve fronteggiare istituzioni caratterizzate da “una corruzione enorme. A tali autorità non importa della presenza dei cristiani in queste terre, anzi ci sono partiti che vogliono cacciare via i cristiani per entrare in possesso delle loro terre. Non è quindi facile parlare oggi di crescita della comunità cristiana”. Che, tra l’altro, si ritrova in una condizione fortemente minoritaria in un contesto tutt’altro che pacificato: “C’è una lotta infinita tra sciiti, sunniti e curdi – spiega il sacerdote – Noi viviamo in mezzo a queste lotte e per questo troviamo molte difficoltà a rivendicare i nostri diritti di cittadini iracheni”.
ACS si sta rivolgendo alla comunità dei propri donatori e a tutti i cattolici italiani con un progetto relativo a Batnaya. Nella cittadina sono rientrate circa 150 famiglie, cioè quasi il 16% di quelle residenti prima degli attacchi islamisti. In particolare sono rientrati circa 600 cristiani, cioè quasi il 13%. Delle 1.005 case danneggiate ne sono state ricostruite 370. Quindi resta ancora molto da fare. “La Chiesa intende accompagnare queste famiglie appena tornate – spiega padre Shamasha – stiamo cercando di fare attività per attirare l’attenzione dei giovani delle famiglie già tornate e per richiamare quelle non ancora rientrate nelle loro case. La Chiesa lavora per ripristinare le condizioni pre-Isis in un villaggio in cui manca ancora l’87% dei cristiani originariamente presenti”.
Come se non bastasse, il quadro è aggravato da una situazione logistica complicata dalle lotte interne: “Ci sono infatti i conflitti fra il Governo e i partiti curdi. Batnaya si trova ora sotto il controllo degli sciiti mentre altre parti della diocesi si trovano sotto il controllo dell’autorità del Kurdistan”. Il problema non è solo politico ma pratico: “Ci sono tanta difficoltà per muoversi e anche se una casa è ricostruita non la si può raggiungere facilmente perché non ci si muove agevolmente tra le aree sottoposte alle diverse autorità”.
C’è bisogno davvero di tutto per ricostruire i villaggi dopo la devastazione del’Isis e favorire il rientro delle famiglie. Compresi gli asili. ACS ha perciò lanciato una campagna di raccolta fondi per ricostruire quello di Batnaya, affidato alle religiose di S. Caterina da Siena. L’asilo era stato costruito nel 2010 e prima dell’aggressione degli estremisti islamici contava 124 iscritti.
Il piano terra ospitava un’aula, la cucina, l’ufficio, la sala da pranzo e un salone. Il primo piano, composto da tre aule e un salone, veniva utilizzato in inverno come area giochi. La struttura è stata bombardata e completamente distrutta. L’obiettivo è ricostruire una struttura di 450 mq su due piani destinata ad accogliere bambini in età prescolare, ai quali sarà assicurata anche la prima formazione cristiana. Lavori edili e funzioni amministrative verranno svolti da quanti stanno rientrando a Batnaya dopo l’esodo. Sarà così assicurata la piena partecipazione di tutta la comunità.
“Se vogliamo ricostruire una comunità dobbiamo partire dalle cose fondamentali come l’educazione – dice padre Karam – Per questo il progetto di Aiuto alla Chiesa che Soffre sarà il punto di partenza per i nostri bambini, dopo tutto quello che hanno vissuto. La struttura educativa, fra tanta distruzione, sarà un ‘asilo’ anche nel senso di ‘rifugio’ per questi bambini. Ai benefattori italiani va tutta la nostra gratitudine. Tutta la comunità cristiana e in particolare quella di Batnaya guarda al progetto di ACS come un dono per il futuro, un dono che anticipa quello della visita del Papa”. Tutto ciò, conclude padre Karam, “ci incoraggia a sopravvivere nonostante tutte le difficoltà che abbiamo incontrato e che incontreremo ancora in questa terra che ha conosciuto il cristianesimo sin dal primo secolo”.
Qui il progetto di Aiuto alla Chiesa che Soffre per l’asilo di Batnaya