Il Papa e i giovani: anche se sbagliate, Dio è pazzo d’amore per voi
Il Papa ascolta, consola, incoraggia. Poi accoglie la proposta del piccolo Alessandro di una Giornata mondiale dei bambini: “Possiamo farla organizzare ai nonni. Ci penso!"

“Esta es la juventud del Papa…”
Chi è la gioventù del Papa? Chi sono i giovani oggi? Dal macrocosmo della Gmg – la prossima a Lisbona – difficile forse entrare nelle sfumature di una generazione caratterizzata dall’avanzare delle tecnologie, segnata da tante fragilità, ma che si contraddistingue anche per la voglia di fare, di scoprire, reinventarsi. A farsi colori di generazioni policromatiche come la Gen Z, la Gen X, i millennials, sono Giona, disabile e transessuale, Edward e Valerij, in carcere per furti e rapine, Arianna, affetta da disturbo bipolare che si rifugia nel sonno per sfuggire alle angosce della vita, Giuseppe, che trascorre gran parte delle giornate ai videogames, e tanti altri di cui non conosciamo il volto, ma solo le ferite, le paure, i desideri, i progetti. Li hanno condivisi loro in un podcast.
“Il podcast? Me lo ricordo!”
“Il podcast? Sì, me lo ricordo”, risponde Francesco. Il primo era stato a marzo per i dieci anni di pontificato. La proposta è stata di una seconda puntata in vista della Gmg, dove i protagonisti sono ragazzi e ragazze dal diverso background, i quali, quando hanno parlato, non sapevano ancora che la loro voce sarebbe risuonata dalle casse di un computer a Casa Santa Marta. C’è quindi tutta la genuinità di persone che si sfogano, si raccontano, si confidano. Davanti a quel computer è seduto il Successore di Pietro che ogni tanto fa una smorfia di dolore quando sente parole come suicidio, condanna, emarginazione. Sorride davanti alla diversità degli accenti. La preoccupazione è di dare a tutti una parola. E quella parola è sempre “Dio”, orizzonte della vita. L’altra è “avanti”.
Storia di Giona, disabile e transgender
Lo dice a tutti. Lo dice a Giona, disabile, omosessuale, transgender, credente, che non rivendica alcunché ma vuole solo condividere la sua storia: “Coltivare una fede che sentissi davvero mia, mi ha aiutato ad accettarmi nel mio corpo disabile, atipico, a non sentirmi mai davvero solo neanche nelle difficoltà perché consapevole che chi mi conosce da prima che io sia, mai mi affiderebbe una croce troppo pesante per le mie spalle”, racconta. “Quando ho preso consapevolezza di essere una persona trans avrei tanto preferito non credere… E quel corpo meraviglioso e perfetto in quanto opera Sua? Mi sentivo strattonato dalla dicotomia tra fede e identità transgender, entrambe braccia di uno stesso corpo, il mio!”. Giona spiega che le prime persone con le quali si è confidato hanno cercato di dissuaderlo, prefigurando “un cammino buio”, quello dei “disertori di Cristo”. “Mi sono sentito colpevole”.
“Dio ci ama così come siamo”
“Il Signore sempre cammina con noi, sempre”, dice il Papa, “anche nel caso in cui noi fossimo peccatori, lui si avvicina per aiutarci”.
“Il Signore sempre cammina con noi, sempre. Il Signore non ha schifo di nessuno di noi. Anche nel caso in cui noi fossimo peccatori, lui si avvicina per aiutarci. Il Signore non ha schifo delle nostre realtà, ci ama come siamo. E questo è l’amore pazzo di Dio… Dio ci ama come siamo, Dio ci accarezza sempre. Dio è padre, madre, fratello, tutto per noi. E capire questo è difficile, ma Lui ci ama come siamo. Non arrenderti… Avanti…”
Edward e Valerij, l’emarginazione, la baby gang, l’orfanotrofio, la rabbia
In Sudamerica Edward, rumeno, sarebbe membro di una pandillas. Quelle che in Italia conosciamo come baby gang. Ha rubato, spacciato, rapinato, come risposta a una condizione di povertà ed emarginazione, di prese in giro per i vestiti vecchi e l’italiano sbagliato. Si definisce “un bravo ragazzo però tanto fragile”. Valerij è russo, ha usato violenza contro cose e persone. Sfogo di una rabbia interiore montata dentro dopo l’abbandono dei genitori in orfanotrofio e la pandemia, “scintilla” che l’ha fatto esplodere. Non ha sogni nel cassetto, confida, ma aspetta solo la fine della pena. Entrambi sono nella comunità Kayros per il recupero di minori.
“Gli sbagli non devono affossare la vita”
La loro storia è una storia “umana”, afferma il Papa, una storia che “va avanti con successi e con sbagli”.
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