Con la prolusione del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, è iniziato a Firenze l’incontro “Mediterraneo frontiera di pace”. Un secondo atto dopo quello di Bari di due anni fa che quest’anno è affiancato da un analogo summit di sindaci dell’area. Ai lavori partecipano decine di vescovi di tutto il Mediterraneo. All’apertura dei lavori, oltre ai vertici della Cei, c’erano il presidente del Consiglio Mario Draghi e il sindaco di Firenze Dario Nardella. Domenica la conclusione con la Messa presieduta dal Papa.
L’inizio di un processo
Bassetti nel suo discorso ha tracciato le linee guida di questo nuovo incontro dei vescovi, facendo costante riferimento al “sindaco santo”, Giorgio La Pira.
“Sono trascorsi solo due anni dal nostro primo incontro di Bari. Anni caratterizzati dalla pandemia e dalle conseguenti crisi economiche e sociali, sofferte soprattutto dai poveri. La pandemia ha accresciuto le divisioni sociali e ha funzionato come evidenziatore e moltiplicatore dei problemi. Naturalmente, non si sono moltiplicate solo le divisioni e le crisi, ma sono aumentate anche le espressioni di solidarietà e di amicizia. Esse fanno meno rumore, spesso sono invisibili. Ma non per questo sono meno importanti”.
A Bari “abbiamo solo avviato un processo” ha proseguito Bassetti. E’ iniziata “un’autentica missione di contemplazione e azione, come avrebbe detto Giorgio La Pira, che non deve essere blindata con progetti preconfezionati, perché il discernimento collegiale necessita di libertà e di fraternità”. Il cardinale ha riassunto la sfida che i vescovi hanno davanti come “restituire alle nostre Chiese e alle nostre società il respiro mediterraneo; riscoprire l’anima autentica che ci accomuna da secoli; promuovere la ricostruzione di un luogo di dialogo e di pace”.
L’interdipendenza è un’opportunità
Bassetti considera “l’accresciuta interdipendenza dei popoli” una “grande opportunità di crescita dell’umanità. Come comunità cristiane abbiamo il dovere morale e il compito missionario di favorire e promuovere, con fede e coraggio, nuovi equilibri internazionali basati, prima di tutto, sulla difesa e la valorizzazione della persona umana, oltre che su una solidarietà fattiva e concreta”.
Il conflitto non è il metodo da seguire
Citando Quasimodo (“Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo”), Bassetti ha posto “altri interrogativi che investono sia la nostra azione pastorale, che quella dei capi di Stato: è realistico pensare che la «pietra e la fionda» possano essere ancora il metodo utilizzato per regolare la vita sul nostro pianeta, dopo che da circa 70 anni l’umanità intera è posta sotto la spada di Damocle di una potenziale ecatombe nucleare?
E ancora: è razionale pensare che le grandi sfide della pace e dell’integrazione siano gestite soltanto dagli Stati e non si sente il bisogno, invece, di ascoltare il grido di amore e carità espresso dalle diverse comunità religiose? E infine: al di là degli egoismi e degli individualismi presenti nelle nostre società, non c’è un desiderio di carità, pace e giustizia nel respiro profondo dei nostri popoli?”.
“Dobbiamo dirlo con chiarezza: la prossima pandemia ci troverà ancora impreparati se non garantiremo una sanità equa e giusta per tutte le persone della terra. Non è utopia, questa, ma una stridente necessità; come non pensare che per una sanità universale basterebbe una cifra molto inferiore a quanto costa la sciagurata corsa al riarmo?”.
Il quadro internazionale
La bussola da seguire nel nostro agire sociale, ha detto, “ieri come oggi è la difesa e la promozione della dignità umana”. E ha ricordato come quanto accade nel Mediterraneo si ripercuote a livello globale: “Se tutti i popoli europei non trovano garanzia di sicurezza nella loro cooperazione, fatalmente trasferiranno nel resto del Mediterraneo le loro tensioni; dall’altra parte, finché i popoli mediterranei non troveranno nella loro cooperazione garanzia di sicurezza, i nodi irrisolti della loro convivenza peseranno sugli equilibri mondiali”.
Inevitabile il riferimento all’Ucraina dove “soffiano inquietanti venti di guerra”. Per Bassetti, “gli Stati non sembrano avere la forza, a fronte dell’eventuale buona volontà dei loro leader, di superare il meccanismo strutturato dai rapporti di forza. I nostri popoli, le nostre città e le nostre comunità religiose, invece, possono svolgere un ruolo straordinario: possono spingerli verso un orizzonte di pace e di fraternità (…) Le nostre Chiese mediterranee possono offrire energia spirituale e saggezza millenaria al contesto odierno del Mediterraneo. Questa la persuasione che deve animare i lavori di questi giorni”.
Testimoni della Resurrezione
Nell’ultima parte del suo discorso il cardinale ha sottolineato alcune dinamiche che riguardano più da vicino questioni ecclesiali. “La prima dinamica è ciò che fa nascere la Chiesa: la testimonianza della Resurrezione di Cristo. La nostra fede in Gesù Risorto, alimentata dalle nostre diverse tradizioni liturgiche, dall’ascolto della Parola, dalla vita fraterna, dall’amicizia, non deve rimanere al nostro interno. Essere testimoni della resurrezione di Cristo, cosa ben diversa dal proselitismo, significa risplendere della speranza che la nostra vita e quella del nostro prossimo sono pensate e custodite fin dall’eternità e per l’eternità da un Dio che è Amore”.
Comunione e dialogo
La seconda “nasce dalla ricezione sempre più profonda del Concilio Vaticano II. La nostra comunione è il germe fecondo dell’unità del genere umano: ne deriva che l’ecumenismo, il dialogo interreligioso, il dialogo con chi non professa alcuna religione, la collaborazione per la costruzione della pace, della giustizia, per la lotta alle nefaste conseguenze del cambiamento climatico non sono solo relazioni con gli altri, ma alimentano la nostra comprensione del mistero della Salvezza e lo rendono dicibile agli uomini del nostro tempo”.
Contemplazione
La terza “è il primato della contemplazione”. Bassetti ha fatto riferimento alla “rete che le monache del Mediterraneo, proprio per accompagnarci e sostenerci, hanno avviato”. Il cardinale ha chiesto che “il secondo opuscolo che raccoglie le loro riflessioni sia inserito fra i documenti ufficiali del nostro incontro”. In questo ambito, Bassetti ha fatto riferimento esplicito ai giovani. “Non solo in Europa, vivono questo paradosso: respirano molteplici tradizioni religiose e al tempo stesso sono immersi nella cultura materialista del consumo e dell’individualismo.
Il coordinamento dei giovani
Il primato della contemplazione e la cura dell’interiorità sono ciò che permette loro di accedere alla ricerca del senso della vita, in maniera libera e non bulimica e superando i due rischi opposti, ma ugualmente devastanti, del «consumo non impegnativo dell’offerta religiosa» e dell’identitarismo, che riguarda – non facciamoci illusioni – anche i giovani cattolici, che divengono così, anche loro, facilmente strumentalizzabili. Io vedo il coordinamento dei giovani del Mediterraneo, che vorrei nascesse come coordinamento ecumenico e interreligioso, organicamente connesso anche alla vita monastica mediterranea”.
Bassetti ha poi parlato dell’intelligenza della fede. “Raccogliamo l’invito fatto da papa Francesco a Napoli e adoperiamoci perché le nostre Chiese, insieme, producano una teologia del Mediterraneo, una teologia non astratta ma contestuale (…) Noi cristiani siamo ancora divisi, ma possiamo e dobbiamo offrire al mondo una visione condivisa dell’uomo nella sua integralità e nella sua integrazione in un creato che ha bisogno della sua cura e della sua custodia”.
Infine, il riferimento allo “specifico apporto mediterraneo al processo sinodale della Chiesa universale. Esso ancora manca al percorso sinodale della Chiesa, ma darebbe tanta concretezza e anche tanto coraggio di accettare – all’interno della comunione cattolica – la diversità delle prospettive teologiche e degli approcci pastorali”.