28 Aprile, 2025

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Il cardinale Parolin alla messa di Novendales: “La misericordia ci conduce al cuore della fede”

Da San Pietro, una toccante celebrazione ricorda la fede, la speranza e il servizio del Santo Padre in questo tempo speciale per la Chiesa

Il cardinale Parolin alla messa di Novendales: “La misericordia ci conduce al cuore della fede”

Nella solenne cornice della Sede Vacante 2025, il 27 aprile si è celebrato il secondo giorno dei novendiali, il ciclo di Messe in suffragio dell’anima del Papa defunto. La Basilica di San Pietro è tornata a essere il centro spirituale del mondo cattolico, dove il Collegio cardinalizio, insieme ai fedeli provenienti da ogni dove, si è unito in un’intensa preghiera di ringraziamento e di speranza.

La celebrazione è stata presieduta dal cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, che nell’omelia ha ricordato la testimonianza di fede, umiltà e dedizione del defunto Papa. Nel suo discorso, il cardinale ha sottolineato come il pontificato di Francesco sia stato un costante invito alla carità, alla pace e alla fedeltà al Vangelo. «La sua vita», ha detto, «ci spinge a guardare in alto, verso Dio, e avanti, al servizio degli altri».

I Novendiali sono una tradizione significativa: nove giorni consecutivi di Messe per onorare il Papa, pregare per la sua anima e preparare spiritualmente la Chiesa all’elezione del suo successore. Ogni giorno è un’opportunità per i fedeli, in comunione con i loro pastori, di avvicinarsi a Dio in un clima di preghiera, unità e speranza.

Nel frattempo, il mondo osserva con rispetto questo momento unico nella vita della Chiesa. Si avvicina il Conclave e il tempo dei novendiali si presenta come uno spazio di contemplazione, dove protagonisti sono il silenzio e la supplica. Lo Spirito Santo guida i cuori dei cardinali chiamati a discernere chi debba reggere il timone di Pietro in questi tempi difficili.

La Chiesa, nella sua antica saggezza, rivela così il suo volto più autentico: quello di una comunità che, nei momenti più decisivi, si abbandona con fiducia nelle mani di Dio.

Testo completo dell’Omelia:

CELEBRAZIONE EUCARISTICA
IL SECONDO GIORNO DEI NOVENDALI

OMELIA DEL CARDINALE PIETRO PAROLIN

Sagrato della Basilica Vaticana
Domenica della Divina Misericordia, 27 aprile 2025

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Cari fratelli e sorelle,

Gesù Risorto si presenta ai suoi discepoli, mentre si trovano nel cenacolo dove si sono rinchiusi per paura, con le porte sbarrate (Gv 20,19). Il loro stato d’animo è turbato e il loro cuore è nella tristezza, perché il Maestro e Pastore che avevano seguito lasciando tutto è stato inchiodato sulla croce. Hanno vissuto cose terribili e si sentono orfani, soli, smarriti, minacciati e indifesi.

L’immagine iniziale che il Vangelo ci offre in questa domenica può rappresentare bene anche lo stato d’animo di tutti noi, della Chiesa e del mondo intero. Il Pastore che il Signore ha donato al suo popolo, Papa Francesco, ha terminato la sua vita terrena e ci ha lasciati. Il dolore per la sua dipartita, il senso di tristezza che ci assale, il turbamento che avvertiamo nel cuore, la sensazione di smarrimento: stiamo vivendo tutto questo, come gli apostoli addolorati per la morte di Gesù.

Eppure, il Vangelo ci dice che proprio in questi momenti di oscurità il Signore viene a noi con la luce della risurrezione, per rischiarare i nostri cuori. Papa Francesco ce lo ha ricordato fin dalla sua elezione e ce lo ha ripetuto spesso, mettendo al centro del pontificato quella gioia del Vangelo che – come scriveva in Evangelii gaudium – «riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (n. 1).

La gioia pasquale, che ci sostiene nell’ora della prova e della tristezza, oggi è qualcosa che si può quasi toccare in questa piazza; la si vede impressa soprattutto nei vostri volti, cari ragazzi e adolescenti che siete venuti da tutto il mondo a celebrare il Giubileo.  Venite da tante parti: da tutte le Diocesi d’Italia, dall’Europa, dagli Stati Uniti all’America Latina, dall’Africa all’Asia, dagli Emirati Arabi … con voi è realmente presente il mondo intero!

A voi rivolgo un saluto speciale, col desiderio di farvi sentire l’abbraccio della Chiesa e l’affetto di Papa Francesco, che avrebbe desiderato incontrarvi, guardarvi negli occhi, passare in mezzo a voi per salutarvi.

Di fronte alle tante sfide che siete chiamati ad affrontare – ricordo, ad esempio, quella della tecnologia e dell’intelligenza artificiale che caratterizza in modo particolare la nostra epoca –  non dimenticate mai di alimentare la vostra vita con la vera speranza che ha il volto di Gesù Cristo.  Nulla sarà troppo grande o troppo impegnativo con Lui! Con Lui non sarete mai soli né abbandonati a voi stessi, nemmeno nei momenti più brutti!  Egli viene ad incontrarvi là dove siete, per darvi il coraggio di vivere, di condividere le vostre esperienze, i vostri pensieri, i vostri doni, i vostri sogni, di vedere nel volto di chi è vicino o lontano un fratello e una sorella da amare, ai quali avete tanto da dare e tanto da ricevere, per aiutarvi ad essere generosi, fedeli e responsabili nella vita che vi attende, per farvi comprendere ciò che più vale nella vita: l’amore che tutto comprende e tutto spera (cfr. 1Cor 13,7).

Oggi, II domenica di Pasqua, domenica in Albis, celebriamo la festa della Misericordia.

Proprio la misericordia del Padre, più grande dei nostri limiti e dei nostri calcoli, è ciò che ha caratterizzato il Magistero di Papa Francesco e la sua intensa attività apostolica, insieme all’ansia di annunciarla e condividerla con tutti – l’annuncio della buona novella, l’evangelizzazione – che è stato il programma del suo pontificato. Egli ci ha ricordato che “misericordia” è il nome stesso di Dio, e, pertanto, nessuno può porre un limite al suo amore misericordioso con il quale Egli vuole rialzarci e renderci persone nuove.

È importante accogliere come un tesoro prezioso questa indicazione su cui Papa Francesco ha tanto insistito. E – permettetemi di dire – il nostro affetto per lui, che si sta manifestando in queste ore, non deve restare una semplice emozione del momento; la Sua eredità dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri.

La misericordia ci riporta al cuore della fede. Ci ricorda che non dobbiamo interpretare il nostro rapporto con Dio e il nostro essere Chiesa secondo categorie umane o mondane, perché la buona notizia del Vangelo è anzitutto la scoperta di essere amati da un Dio che ha viscere di compassione e di tenerezza per ciascuno di noi a prescindere dai nostri meriti; ci ricorda, inoltre, che la nostra vita è intessuta di misericordia: noi possiamo rialzarci dopo le nostre cadute e guardare al futuro solo se abbiamo qualcuno che ci ama senza limiti e ci perdona. E, perciò, siamo chiamati all’impegno di vivere le nostre relazioni non più secondo i criteri del calcolo o accecati dall’egoismo, ma aprendoci al dialogo con l’altro, accogliendo chi incontriamo lungo il cammino e perdonando le sue debolezze e i suoi errori. Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di Papa Francesco.

Gesù ci mostra questo volto misericordioso di Dio nella sua predicazione e nei gesti che compie; e, come abbiamo ascoltato, presentandosi nel Cenacolo dopo la risurrezione, offre il dono della pace e dice: «A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,23). Così, il Signore Risorto stabilisce che i suoi discepoli, la sua Chiesa, siano strumenti della misericordia per l’umanità per coloro che desiderano accogliere l’amore e il perdono di Dio. Papa Francesco è stato testimone luminoso di una Chiesa che si china con tenerezza verso chi è ferito e guarisce con il balsamo della misericordia; e ci ha ricordato che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole e, soprattutto, non può esserci mai la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente, usando tra di noi la stessa misericordia che Dio ha verso la nostra vita.

Fratelli e sorelle, proprio nella domenica della misericordia ricordiamo con affetto il nostro amato Papa Francesco. Questo ricordo è particolarmente vivo tra i dipendenti e i fedeli della Città del Vaticano, molti dei quali sono qui presenti, e che vorrei ringraziare per il servizio che svolgono quotidianamente.  A voi, a noi tutti, al mondo intero, Papa Francesco rivolge il suo abbraccio dal Cielo.

Ci affidiamo alla Beata Vergine Maria, a cui Lui era così devotamente legato tanto da scegliere di riposare nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Lei ci protegga, interceda per noi, vegli sulla Chiesa, sostenga il cammino dell’umanità nella pace e nella fraternità. Amen.

Exaudi Redazione