Dall’atteggiamento dei Pontefici di fronte alla guerra alla posizione di Pio XII alla luce dei documenti di archivio, con le polemiche che ne sono seguite (e che probabilmente continueranno), fino alle parole di Papa Francesco. Sono stati alcuni dei temi dell’interessante convegno “Papi per la pace in tempi di guerra”. L’incontro si è svolto presso l’Istituto Maria Santissima Bambina mercoledì 22 giugno. A presiedere i lavori, introdotti dal presidente del Comitato Papa Pacelli – Associazione Pio XII, l’avvocato Emilio Artiglieri, il cardinale Dominique Mamberti, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.
Mamberti: La Chiesa non parla come le potenze
Il porporato francese ha sottolineato come questo sia un tema di estrema attualità, “data la situazione inedita di una guerra in Europa. Si potrebbe dire che c’è stata la guerra in Jugoslavia ma eravamo ancora in una logica di blocchi e comunque era piuttosto circoscritta e non appariva così pericolosa per tutti come quella attuale”. Mamberti ha sottolineato “la lunghezza d’onda diversa dei Papi che si sono dovuti confrontare con il flagello della guerra” rispetto agli Stati: “La Chiesa non può avere la stessa voce delle potenze temporali”.
De Leonardis: la “strumentalizzazione” dei Papi
Il professor Massimo De Leonardis, già ordinario di Storia delle relazioni internazionali dell’Università Cattolica di Milano, ha affrontato la questione di Papa Pacelli di fronte ai due conflitti mondiali e alla guerra fredda. Lo storico ha evidenziato, tra l’altro, la “necessità di considerare l’operato del Papa e della Santa Sede in un’ottica di lungo periodo” e le ripetute mosse per “mettere ai margini il Pontefice senza rinunciare ai tentativi di tirarlo dalla propria parte”.
Una strumentalizzazione, non riuscita, operata per esempio con Benedetto XV, la cui linea di imparzialità fu sicuramente influenzata da Pacelli. Come ebbe a dire un diplomatico britannico presso la S. Sede, il Papa doveva essere usato senza però riconoscergli alcun ruolo. Le critiche a Benedetto XV per la mancata condanna dell’invasione del Belgio sono di fatto un precedente rispetto alle accuse sui famosi silenzi di Pio XII. Va invece ricordato che le proteste nei confronti dei turchi per il genocidio armeno non ebbero alcun effetto. Così come più tardi sarebbe accaduto con la protesta dei vescovi olandesi di fronte allo sterminio degli ebrei, che anzi innescò una reazione ancora più feroce dei nazisti.
Pio XII e la guerra fredda
De Leonardis ha anche evidenziato i tentativi di Pio XII di tener fuori l’Italia dalla Seconda Guerra Mondiale. Per esempio con la visita a Vittorio Emanuele III che causò l’irritazione di Mussolini. Come pure l’appoggio a Roosvelt. Tuttavia, Pacelli rifiutò ogni benedizione alle crociate antibolsceviche e, durante la guerra fredda, non risparmiò critiche alla società occidentale e alla leadership angloamericana.
Archivi Vaticani: Ickx replica ai sensazionalismi
Non è mancato uno spunto polemico nell’intervento di Johan Ickx, direttore dell’Archivio storico della Segreteria di Stato, che ha tracciato un primo bilancio a seguito dell’apertura degli archivi vaticani. Una polemica certamente non innescata da lui ma in risposta a quanti, soprattutto in Germania, hanno dato spazio a presunte rivelazioni sensazionali. Come quella di Hubert Wolf “che in una settimana, visto che poi sono stati richiusi per il Covid, avrebbe trovato il documento decisivo negli archivi”. Ovvero, una nota di mons. Dell’Acqua che “proverebbe” il suo antisemitismo. “Un antisemita poi incaricato di aiutare gli ebrei. Poco credibile, no?” ha affermato Ickx.
Ma tant’è: certa stampa (anche in Italia) continua ad alimentare in maniera subdola i sentimenti contro Pio XII. E chi sciorina le prove dell’infondatezza delle tesi filonaziste di Pacelli (un dato su tutti: finora sono emerse 17.800 richieste di aiuto da parte degli ebrei a Pio XII) viene bollato con disprezzo come “difensore” per partito preso e pertanto non credibile.
Tornielli e gli interventi di Francesco sulla guerra
Infine, il direttore editoriale dei media vaticani, Andrea Tornielli, ha ricordato “il fil rouge che unisce Benedetto XV, Pacelli e Montini”. Con l’evoluzione della Dottrina sociale della Chiesa, “parlare oggi di guerra giusta con le categorie di S. Tommaso non ha senso” ha affermato. Tornielli ha raccontato come anche alcuni diplomatici gli abbiano chiesto perché Francesco non condanna esplicitamente Putin. “Ma i Papi nelle loro dichiarazioni pubbliche non chiamano mai un ‘nemico’ per nome. Questo però non significa mettere sullo stesso piano aggressore e aggredito. Per questo c’è un pensiero unico che bolla Francesco come filo-Putin”.
Il Papa dall’inizio della guerra al giorno del convegno ha “fatto 59 interventi, 50 in occasioni pubbliche, come udienze o Angelus, e 9 in interviste o scritti. Ha definito la guerra un sacrilegio ma non ha mai smesso di chiedere la pace e di parlare contro la guerra. Una voce unica nel panorama mondiale” ha concluso Tornielli.