Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco riceve in Udienza i partecipanti alla seconda Assemblea Plenaria del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita.
Riportiamo di seguito il discorso che rivolge loro nel corso dell’incontro:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle!
Do il benvenuto a tutti voi, che partecipate a questa seconda Assemblea Plenaria del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e ringrazio il Cardinale Farrell per le sue cortesi parole.
Vi ringrazio per il lavoro svolto in questi anni e per l’impegno con cui operate in tutte le aree di vostra competenza. Esse riguardano la vita quotidiana di tante persone: le famiglie, i giovani, gli anziani, i gruppi associati di fedeli e, più in generale, i laici che vivono nel mondo con le loro gioie e fatiche. Siete un Dicastero “popolare”, direi, e questo è bello! Vi raccomando: non perdete mai questo carattere di vicinanza alle donne e agli uomini del nostro tempo. Vicinanza, sottolineo questo.
In questi giorni vi siete riuniti per riflettere insieme sul tema: I laici e la ministerialità nella Chiesa sinodale.
Quando si parla di ministeri, in genere, si pensa subito ai ministeri “istituiti” – lettore, accolito, catechista –, che sono ben conosciuti e sui quali si è riflettuto tanto. Questi ministeri si caratterizzano per un intervento pubblico della Chiesa – uno specifico atto di istituzione – e per una certa visibilità. Essi sono connessi con il ministero ordinato, perché comportano vari modi di partecipazione al compito che gli è proprio, anche se non esigono il sacramento dell’Ordine.
I ministeri istituiti, però, non esauriscono la ministerialità della Chiesa, che è più ampia e che fin dalle prime comunità cristiane riguarda tutti i fedeli (cfr Lett. ap. m.p. Antiquum ministerium, 2). Su di essa purtroppo ci si ferma poco, e invece voi opportunamente le avete voluto dedicare la vostra Plenaria.
Anzitutto possiamo domandarci: qual è l’origine della ministerialità nella Chiesa? Potremmo individuare due risposte fondamentali.
La prima è: il Battesimo. In esso infatti ha la sua radice il sacerdozio comune di tutti i fedeli che, a sua volta, si esprime nei ministeri. La ministerialità laicale non si fonda sul sacramento dell’Ordine, ma sul Battesimo, per il fatto che tutti i battezzati – laici, celibi, coniugati, sacerdoti, religiosi – sono christifideles, credenti in Cristo, suoi discepoli, e dunque chiamati a prendere parte alla missione che Egli affida alla Chiesa, anche mediante l’assunzione di determinati ministeri.
La seconda risposta è: i doni dello Spirito Santo. La ministerialità dei fedeli, e dei laici in particolare, nasce dai carismi che lo Spirito Santo distribuisce all’interno del Popolo di Dio per la sua edificazione (cfr ibid.): prima compare un carisma suscitato dallo Spirito; poi la Chiesa riconosce questo carisma come un servizio utile per la comunità; infine, in un terzo momento, si introduce e si diffonde uno specifico ministero.
E allora è ancora più chiaro perché la ministerialità della Chiesa non si può ridurre ai soli ministeri istituiti, ma abbraccia un campo molto più vasto. Anche oggi, del resto, come nelle comunità delle origini, di fronte a particolari necessità pastorali, senza ricorrere all’istituzione dei ministeri, i pastori possono affidare ai laici determinate funzioni di supplenza, cioè dei servizi temporanei, come avviene ad esempio nel caso della proclamazione della Parola o della distribuzione dell’Eucaristia.
In più, oltre ai ministeri istituiti, ai servizi di supplenza, e ad altri uffici stabilmente affidati, i laici possono svolgere una molteplicità di compiti, che esprimono la loro partecipazione alla funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo, non solo dentro la Chiesa, ma anche negli ambienti in cui sono inseriti. Ce ne sono alcuni che sono di supplenza, ma ce ne sono altri che vengono dall’originalità battesimale dei laici.
Penso soprattutto alle esigenze legate a forme antiche e nuove di povertà, come pure ai migranti, che richiedono urgentemente azioni di accoglienza e di solidarietà. In questi ambiti di carità possono nascere molti servizi che si configurano come veri e propri ministeri. Si tratta di un grande spazio di impegno per chi desidera vivere in concreto, nei confronti degli altri, la vicinanza di Gesù che spesso ha sperimentato in prima persona. Il ministero diventa così, oltre che un semplice impegno sociale, una bella esperienza personale e una grande testimonianza, una vera testimonianza cristiana.
Penso poi alla famiglia, sulla quale so che pure avete riflettuto insieme durante questa Plenaria, esaminando alcune sfide della pastorale familiare, tra cui le situazioni di crisi matrimoniale, le problematiche di separati e divorziati e di chi vive in una nuova unione o ha contratto nuove nozze. Nella Christifideles laici si afferma che vi sono dei ministeri che hanno il loro fondamento sacramentale nel Matrimonio e non solo nel Battesimo e nella Confermazione (n. 23). Nella Familiaris consortio si parla della missione educativa della famiglia come di un ministero di evangelizzazione, che ne fa un luogo di vera e propria iniziazione cristiana (cfr n. 39). E già in Evangelii nuntiandi si ricorda che la missionarietà intrinseca alla vocazione coniugale si esprime anche al di fuori della famiglia stessa, quando questa diventa «evangelizzatrice di molte altre famiglie e dell’ambiente nel quale è inserita» (cfr n. 71). Mi fermo un minuto qui, perché ho citato l’Evangelii nuntiandi. Questa esortazione di San Paolo VI è vigente: è vigente oggi, è attuale. Per favore: riprenderla, rileggerla, è di una grande attualità! Vi sono tante cose che quando uno le ritrova dice: “Ah guarda il lungimirante Montini!”. Si vede lì quella lungimiranza del grande Santo che ha guidato la Chiesa.
Questi che ho citato sono alcuni esempi di ministeri laicali, ai quali se ne potrebbero aggiungere tanti altri, riconosciuti in vari modi dalle autorità ecclesiali come espressioni della ministerialità della Chiesa in senso ampio.
Una cosa però dobbiamo ricordare: essi – ministeri, servizi, incarichi, uffici – non devono mai diventare autoreferenziali. Io mi arrabbio quando vedo ministri laici che – scusatemi la parola – si “gonfiano” di fare questo ministero. Questo è ministeriale, ma non è cristiano; sono ministri pagani, pieni di sé stessi. Attenti a questo: non devono mai diventare autoreferenziali. Quando il servizio è unidirezionale, non è “andata e ritorno”, non va. Il loro scopo li trascende, ed è quello di portare i «valori cristiani nel mondo sociale, politico ed economico» del nostro tempo (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 102). È questa la missione affidata soprattutto ai laici, il cui agire non può limitarsi «a compiti intra-ecclesiali senza un reale impegno per l’applicazione del Vangelo alla trasformazione della società» (ibid.). A volte vedi laici che sembrano preti mancati. Per favore: fare pulizia su questo problema.
Guardando dunque ai vari tipi di ministerialità che abbiamo elencato, è utile farci un’ultima domanda: che cosa accomuna?
Due cose: la missione e il servizio. Tutti i ministeri infatti sono espressione dell’unica missione della Chiesa e tutti sono forme di servizio agli altri. In particolare, mi piace sottolineare che nella radice del termine ministero c’è la parola minus, che vuol dire “minore”. Gesù lo aveva detto: quello che comanda si faccia come il più piccolo, se no tu non sai comandare. È un piccolo dettaglio, ma di grande importanza. Chi segue Gesù non ha paura di farsi “inferiore”, “minore” e di mettersi al servizio degli altri. Gesù stesso, infatti, ci ha insegnato: «Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti» (Mc 10,43-44). Qui sta la vera motivazione che deve animare ogni fedele nell’assumere qualsiasi compito ecclesiale, qualsiasi impegno di testimonianza cristiana nella realtà in cui vive: la volontà di servire i fratelli e, in loro, servire Cristo. Solo così ciascun battezzato potrà scoprire il senso della propria vita, sperimentando con gioia di essere «una missione su questa terra» (ibid., 273), cioè chiamato, in modi e forme diverse, a «illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare» (ibid.) e lasciarsi accompagnare.
Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio ancora del lavoro che svolgete a servizio del santo Popolo fedele di Dio. La Madonna vi accompagni e vi ottenga i doni dello Spirito Santo. Di cuore vi benedico e per favore vi chiedo di pregare per me. Grazie!