Alle ore 11.30 di questa mattina, presso la Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la VI Giornata Mondiale dei Poveri, che sarà celebrata domenica 13 novembre 2022, sul tema “Gesù Cristo si è fatto povero per voi” (Cfr 2 Cor 8,9).
Intervengono: S.E. Mons. Rino Fisichella, Arcivescovo titolare di Voghenza, e Mons. Graham Bell.
Riportiamo di seguito l’intervento di S.E. Mons. Rino Fisichella:
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“Quanti poveri genera l’insensatezza della guerra!” (n. 2). È in questo grido, probabilmente, che si può racchiudere il Messaggio di Papa Francesco per la VI Giornata Mondiale dei Poveri, che quest’anno ricorrerà il 13 novembre. Lo sguardo di chi prende tra le mani questo testo si fissa necessariamente sulle tristi vicende che si stanno sperimentando in questi mesi e che terranno ancora intere popolazioni sotto il ricatto della paura e della guerra nelle prossime settimane. A nessuno sfugge l’appello che ogni giorno il Papa fa sentire al mondo perché si prenda coscienza delle conseguenze che la guerra produce. Ci sono quelle più immediate che creano milioni di profughi e “deportazione di migliaia di persone, soprattutto bambini e bambine” (n. 2) che vengono sradicate dalla loro terra, dalla cultura con le sue tradizioni, e dalla stessa lingua per imporre loro una identità estranea frutto del calcolo e del sopruso. In poche righe viene incontro una descrizione di violenza e dolore che non possono lasciare tranquilli: “Sono milioni le donne, i bambini, gli anziani costretti a sfidare il pericolo delle bombe pur di mettersi in salvo… ogni giorno convivono con la paura e la mancanza di cibo, acqua, cure mediche e soprattutto gli affetti” (n. 2).
Ci sono comunque le conseguenze che derivano dal prolungarsi delle guerre che creano forti disagi e sofferenze anche nelle popolazioni che vivono limitrofe e che per la dipendenza delle risorse a livello globale subiscono gli inevitabili disagi e sacrifici. Al Messaggio non sfugge questa condizione che viene descritta con precisione: “Più si protrae il conflitto, più si aggravano le sue conseguenze. I popoli che accolgono fanno sempre più fatica a dare continuità al soccorso; le famiglie e le comunità iniziano a sentire il peso di una situazione che va oltre l’emergenza. È questo il momento di non cedere e di rinnovare la motivazione iniziale. Ciò che abbiamo iniziato ha bisogno di essere portato a compimento con la stessa responsabilità” (n. 4).
Papa Francesco con il suo stile a cui non manca la parresia, cioè il parlare chiaro senza fare sconti a nessuno, entra direttamente nel cuore della problematica: “Davanti ai poveri non si fa retorica, ma ci si rimbocca le maniche e si mette in pratica la fede attraverso il coinvolgimento diretto, che non può essere delegato a nessuno” (n. 7). Il suo pensiero si sviluppa in tre passaggi che permettono di delineare un sentiero di impegno fattivo e di solidarietà responsabile. Il primo è quello di rifiutare ogni forma di “rilassatezza che porta ad assumere comportamenti non coerenti, qual è l’indifferenza nei confronti dei poveri” (n. 7). È un tema che ritorna spesso nel magistero del Papa perché è una condizione culturale frutto di un esasperato secolarismo che rinchiude le persone all’interno di una muraglia cinese senza più senso di responsabilità sociale, con l’illusione di vivere un’esistenza felice ma di fatto effimera e senza fondamento. Papa Francesco parla del “sonno dell’indifferenza” da cui è necessario svegliarsi proprio attraverso l’impegno nella carità: “Chi è indifferente vede tutto uguale, come di notte, e non s’interessa di chi gli sta vicino. Quando orbitiamo solo attorno a noi stessi e ai nostri bisogni, indifferenti a quelli degli altri, la notte scende nel cuore. Il cuore diventa oscuro. Presto si comincia a lamentarsi di tutto, poi ci si sente vittime di tutti e infine si fanno complotti su tutto. Lamentele, senso di vittima e complotti. È una catena. Oggi questa notte sembra calata su tanti, che reclamano per sé e si disinteressano degli altri. Come ridestarci da questo sonno dell’indifferenza? Con la vigilanza della carità… La carità è il cuore pulsante del cristiano: come non si può vivere senza battito, così non si può essere cristiani senza carità. A qualcuno sembra che provare compassione, aiutare, servire sia cosa da perdenti! In realtà è l’unica cosa vincente, perché è già proiettata al futuro, al giorno del Signore, quando tutto passerà e rimarrà solo l’amore” (Omelia 29 novembre 2020).
Il secondo passaggio è quello di assumere la solidarietà come forma di impegno sociale e cristiano: “La solidarietà, in effetti, è proprio questo: condividere il poco che abbiamo con quanti non hanno nulla, perché nessuno soffra. Più cresce il senso della comunità e della comunione come stile di vita e maggiormente si sviluppa la solidarietà… Come membri della società civile, manteniamo vivo il richiamo ai valori di libertà, responsabilità, fratellanza e solidarietà. E come cristiani, ritroviamo sempre nella carità, nella fede e nella speranza il fondamento del nostro essere e del nostro agire” (n. 5). L’analisi di Papa Francesco in questo orizzonte non è priva di riferimenti concreti. In questi decenni infatti molti Paesi, attraverso leggi che hanno incentivato politiche familiari e sostenuto progetti sociali, hanno realizzato delle vere conquiste economiche che hanno portato a una “crescita significativa per tante famiglie che hanno raggiunto uno stato di vita sicuro” (n. 5). È giunto il momento, quindi, della condivisione di questo “patrimonio di sicurezza e stabilità” (n. 5), perché nessuno abbia a trovarsi nell’indigenza e nella miseria. Una partecipazione responsabile che abbandona le varie forme di assistenzialismo troppo facile da perseguire e senza vera efficacia per la dignità delle persone (cfr. n. 7), per assumere un comportamento che si fa forte della “attenzione sincera e generosa che permette di avvicinarsi a un povero come a un fratello che tende la mano perché io mi riscuota dal torpore in cui sono caduto” (n. 7). Ciò richiede una vigilanza capace di considerare il giusto valore del denaro. Un accenno importante questo perché Papa Francesco si dimostra profondo conoscitore del cuore umano quando annota: “il problema non è il denaro in sé, perché esso fa parte della vita quotidiana delle persone e dei rapporti sociali. Ciò su cui dobbiamo riflettere è, piuttosto, il valore che il denaro possiede per noi: non può diventare un assoluto, come se fosse lo scopo principale. Un simile attaccamento impedisce di guardare con realismo alla vita di tutti i giorni e offusca lo sguardo, impedendo di vedere le esigenze degli altri. Nulla di più nocivo potrebbe accadere a un cristiano e a una comunità dell’essere abbagliati dall’idolo della ricchezza, che finisce per incatenare a una visione della vita effimera e fallimentare” (n. 7).
Il terzo passaggio diventa propositivo con l’immagine che guiderà i credenti nella VI Giornata Mondiale dei Poveri. È la citazione dalla seconda Lettera di Paolo ai cristiani di Corinto: “Gesù Cristo si è fatto povero per voi” (2Cor 8,9). Il contesto della Lettera dell’apostolo è quello della raccolta di fondi per sostenere i poveri della comunità di Gerusalemme. I Corinti che avevano aderito immediatamente con entusiasmo a questa iniziativa con il protrarsi del tempo si stancano e diventano meno generosi. Una condizione che si ripete nel corso del tempo e che manifesta più l’emotività con cui si reagisce davanti alla povertà che non la responsabilità di una scelta che si rende tangibile in un impegno che non conosce sosta né fatica. La testimonianza dei cristiani, quindi, ha bisogno di essere sostenuta dall’esempio che Gesù stesso ha donato: “la vera ricchezza non consiste nell’accumulare «tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano» (Mt 6,19), ma piuttosto nell’amore vicendevole che ci fa portare i pesi gli uni degli altri così che nessuno sia abbandonato o escluso” (n. 8).
È necessario farsi forti dell’esperienza vissuta in questi ultimi due anni che ha permesso a tutti, nessuno escluso, di sperimentare una forma di povertà come la debolezza, il senso del limite, la paura, la mancanza di affetti e tanto altro, per acquisire qualcosa di realmente essenziale per la vita: “non siamo al mondo per sopravvivere, ma perché a tutti sia consentita una vita degna e felice. Il
messaggio di Gesù ci mostra la via e ci fa scoprire che c’è una povertà che umilia e uccide, e c’è un’altra povertà, la sua, che libera e rende sereni” (n. 8). La prima si riconosce immediatamente perché è dinanzi ai nostri occhi nelle forme più disparate; è la “miseria, figlia dell’ingiustizia, dello sfruttamento, della violenza e della distribuzione ingiusta delle risorse. È la povertà disperata, priva di futuro, perché imposta dalla cultura dello scarto che non concede prospettive né vie d’uscita. È la miseria che, mentre costringe nella condizione di indigenza estrema, intacca anche la dimensione spirituale, che, anche se spesso è trascurata, non per questo non esiste o non conta. Quando l’unica legge diventa il calcolo del guadagno a fine giornata, allora non si hanno più freni ad adottare la logica dello sfruttamento delle persone: gli altri sono solo dei mezzi. Non esistono più giusto salario, giusto orario lavorativo, e si creano nuove forme di schiavitù, subite da persone che non hanno alternativa e devono accettare questa velenosa ingiustizia pur di racimolare il minimo per il sostentamento” (n. 8). La seconda, al contrario, è quella che appare paradossale e spesso impensabile da perseguire per il nostro contemporaneo e, tuttavia, è quella che libera perché “si pone dinanzi a noi come una scelta responsabile per alleggerirsi della zavorra e puntare sull’essenziale. In effetti, si può facilmente riscontrare quel senso di insoddisfazione che molti sperimentano, perché sentono che manca loro qualcosa di importante e ne vanno alla ricerca come erranti senza meta. Desiderosi di trovare ciò che possa appagarli, hanno bisogno di essere indirizzati verso i piccoli, i deboli, i poveri per comprendere finalmente quello di cui avevano veramente necessità. Incontrare i poveri permette di mettere fine a tante ansie e paure inconsistenti, per approdare a ciò che veramente conta nella vita e che nessuno può rubarci: l’amore vero e gratuito. I poveri, in realtà, prima di essere oggetto della nostra elemosina, sono soggetti che aiutano a liberarci dai lacci dell’inquietudine e della superficialità” (n. 8).
Che questa scelta sia possibile e reale, Papa Francesco lo mostra con l’esempio di san Charles de Foucauld “un uomo che, nato ricco, rinunciò a tutto per seguire Gesù e diventare con Lui povero e fratello di tutti” (n. 10). Un uomo dei nostri giorni che umanamente non ha visto i frutti che la sua santità ha portato e, tuttavia, è passato alla storia per la sua scelta di essere povero. È da queste pagine, pertanto, che si snoderà l’impegno delle Chiese locali per la celebrazione della VI Giornata Mondiale dei Poveri che ogni anno diventa sempre più radicata nel cuore dei cristiani di tutto il mondo con iniziative tra le più svariate, frutto della carità creativa che anima e suscita l’impegno della fede.
Papa Francesco attraverso l’impegno del Dicastero per l’evangelizzazione nella sezione che per competenza ha la responsabilità di questa Giornata Mondiale, vivrà questo momento con la tradizionale Celebrazione Eucaristica di Domenica 13 novembre e le diverse iniziative che nel corso della settimana precedente raggiungeranno le varie forme di povertà della sua Diocesi di Roma. Lo scorso anno, sono state raggiunte 5000 famiglie a cui è giunto un kit di medicinali da banco per far fronte alla pandemia e alle varie patologie di stagione, offerto da Angelini Pharma S.p.A., Procter & Gamble e Regia Congressi. Inoltre sono stati distribuiti tonnellate di viveri (generi alimentari di prima necessità come olio, sale, zucchero, passata di pomodoro, caffè, latte, riso,… ) ottenuti per la generosità della Famiglia Fedeli dei Supermercati Elite e della famiglia Ferro della pasta La Molisana. Altrettanta solidarietà è stata espressa da Unipol Sai che ha permesso di pagare le bollette di acqua, luce, gas, assicurazioni e affitti a 500 famiglie che la disoccupazione e varie contingenze hanno reso impedite di corrispondere con il rischio di condizioni di vita disumane. Insomma, questo e tanto altro è stato reso possibile, come ci auguriamo continuerà ad esserlo, perché tante persone hanno raccolto l’invito alla generosità così come agli inizi della nostra storia l’apostolo aveva rivolto ai primi cristiani non per farne un comando piuttosto per rendere tutti maggiormente sensibili alle esigenze di fratelli e sorelle che vivono nel disagio e nella povertà.