L’intento dietro questa decisione è quello di tutelare il presunto diritto delle donne all’aborto contro le possibili limitazioni che potrebbero essere stabilite dai futuri governi, più sensibili al rispetto della vita umana.
La riforma ora approvata è stata presentata dai politici francesi di quasi tutto lo schieramento politico come una conquista di libertà per le donne, che potranno finalmente “disporre del proprio corpo” senza restrizioni.
Ma il riconoscimento del diritto all’aborto e il suo inserimento nella Magna Carta di una nazione, che deve salvaguardare i diritti e il rispetto della dignità di tutti i suoi cittadini, è davvero un progresso di civiltà?
L’esclusione degli esseri umani non nati, immaturi, deboli e indifesi dal dovere di custodia e di difesa dei loro diritti non può in ogni caso essere presentato come una conquista di progresso, ma piuttosto come un regresso.
I politici che oggi in Francia festeggiano l’esclusione dalla Magna Carta che difende i diritti di tutti, quelli più bisognosi di custodia e protezione, hanno contribuito a forgiare un passo indietro colossale: quello di normalizzare lo sterminio dei deboli, di coloro che non possono difendersi stessi, da coloro che dipendono assolutamente dagli altri.
Gli antecedenti storici delle civiltà che hanno calpestato i diritti umani oggi riconosciuti, primo dei quali è il diritto alla vita, ci mostrano che il loro destino è la decadenza, l’indebolimento delle strutture sociali e, infine, la loro estinzione.
L’orrore che si verifica in noi quando contempliamo i campi di sterminio, i genocidi di ogni tipo, la schiavitù o qualsiasi altra forma di violenza dei forti sui deboli, sembra oggi anestetizzato di fronte all’enorme tragedia che è la normalizzazione del fatto che un la madre finisce deliberatamente con la vita del suo bambino indifeso prima della nascita.
Appellarsi al diritto della donna sul proprio corpo per legittimare la pratica dell’aborto significa ignorare la realtà, falsificarla o manipolarla. Quando una donna attenta direttamente e intenzionalmente alla vita del figlio che porta in grembo, non agisce sul suo corpo, ma sul corpo e sulla vita di un altro essere umano, individuale e diverso da lei, con una propria biografia, che accoglie e nutre nel suo grembo.
Ignorare questo fatto è il passo necessario per ammettere che uccidere non è uccidere. Quelli che riducevano in schiavitù lo facevano anche con i loro schiavi, che consideravano cose, che potevano comprare, vendere o uccidere, senza che ciò costituisse alcun crimine. O gli Hutu contro i Tutsi, quando nel genocidio ruandese chiamarono scarafaggi i loro nemici prima di togliersi la vita senza alcun rimorso.
Anche la storia recente ci mostra tristi esempi di come l’uomo aggredisce impunemente l’uomo quando questi rinuncia preventivamente al suo status personale: non è dei miei, non ha diritti, la sua vita non vale nulla.
Nascere in Francia ora sarà un po’ più complicato. Lo è già in molti Paesi, come il nostro, dove porre fine alla vita di un embrione o di un feto umano non richiede alcuna giustificazione, al di là della volontà della donna che abortisce.
Ma ora i francesi hanno tutelato il diritto di uccidere i più deboli. Non vogliono tornare indietro. Tuttavia, camminano all’indietro.
Jérôme Lejeune, di cui celebriamo il trentesimo anniversario della morte, illustre scienziato e genetista, difensore della vita umana fin dal concepimento, già metteva in guardia su questo: “La qualità di una civiltà si misura dal rispetto che professa verso il più debole dei suoi membri”.
La Francia sta regredendo, con il consenso pratico dei suoi politici e della maggioranza dei suoi cittadini, nella qualità della sua civiltà, ripetendo violazioni storiche della dignità umana che pensavamo superate.
Le mie condoglianze per questo attacco regressivo contro l’uomo, che spegne la sua libertà in nome della libertà.
Julio Tudela – Osservatorio di Bioetica – Istituto di Scienze della Vita – Università Cattolica di Valencia