In occasione della festa di S. Enrico, Papa Francesco ha ricevuto questa mattina la Delegazione ecumenica della Finlandia, con il vescovo luterano Åstrand, che ha rivolto il suo saluto al S. Padre, e quello cattolico di Helsinki, mons. Raimo Goyarrola, nominato nello scorso mese di settembre. A lui il Papa si è rivolto con particolare affetto. Exaudi lo ha incontrato prima dell’udienza che, spiega il vescovo, “è un evento che si ripete da circa 40 anni, dopo il viaggio che San Giovanni Paolo II fece in Finlandia, di cui rimase innamorato”. Il Pontefice polacco si rese conto all’epoca che si poteva lavorare congiuntamente. “In effetti, in Finlandia c’è una situazione speciale, liturgia e dottrina non sono molto distanti tra luterani e cattolici. Questa tradizione della visita a Roma, interrotta solo per la pandemia, è iniziata con una delegazione composta dal vescovo cattolico, da uno luterano e poche altre persone. Poi, da una decina d’anni, si è aggiunto anche il vescovo ortodosso. Loro si alternano, perché ci sono otto vescovi luterani e quattro ortodossi, mentre la diocesi cattolica è una per tutta la Finlandia. Per me era la prima volta ed è un dono di Dio” spiega mons. Goyarrola. Ecumenismo nei fatti, insomma: un evento che si inserisce perfettamente nella settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
Un luteranesimo “soft”
Da cosa derivano rapporti così buoni tra confessioni diverse? “Sant’Enrico ha iniziato l’evangelizzazione della Finlandia nel 1150, quando faceva parte della Svezia. Lui stesso veniva da Uppsala” spiega il vescovo. “In un secolo, c’erano un centinaio di chiese lungo la costa, la parte abitata del Paese. Il re di Svezia Gustav Vasa aderì alla Riforma soprattutto per motivi politici ma di fatto fu un luteranesimo ‘soft’. Basti pensare che dopo cent’anni, contrariamente alla Germania, c’erano ancora tabernacoli e immagini della Madonna”.
Una svolta storica importante avvenne con la conquista della Finlandia da parte della Russia. Nell’Ottocento furono costruite cattedrali e il finlandese divenne lingua ufficiale. Poi, con la rivoluzione bolscevica del 1917, la Finlandia si rese indipendente. “Il Vaticano fu tra i primi a riconoscerla” dice mons. Raimo. “Da lì ci fu libertà religiosa e una ripresa dell’azione pastorale”.
Ecumenismo reale
L’ecumenismo in Finlandia non è una teoria ma una realtà, anche se bisogna fare i conti con la secolarizzazione. “Il 70% dei finlandesi sono cristiani. I cattolici sono lo 0.2%. I luterani erano il 95% venti anni fa, ora sono il 60, ma i rapporti sono ottimi. Ad esempio il rinnovo del parlamento e l’anno politico iniziano con una liturgia ecumenica. Tante feste cristiane sono anche civili, come l’Ascensione di giovedì o l’Epifania. Soprattutto c’è grande rispetto per la religione. Non c’è l’odio che ho riscontrato, ad esempio, nel sud d’Europa. In Finlandia ci sono opinioni diverse ma non odio. Posso dire che la Finlandia è un esempio mondiale di ecumenismo”.
Attualmente, i cattolici sono tra 18.000 e 20.000: “Difficile una stima esatta, molti sono immigrati. Abbiamo 8 parrocchie e 25 sacerdoti, è una Chiesa in crescita, con molti bambini”. Strano, per essere un Paese nordico… “È che il Nord Europa in generale ha toccato il fondo da questo punto di vista. Si stanno rendendo conto che una società senza bambini non ha futuro. È morta. Piano piano si stanno riprendendo e questa è una benedizione per il presente e per il futuro, della società e della Chiesa”.
Religione a scuola
Mons. Goyarrola, 54 anni, basco che vive in Finlandia dal 2006, numerario dell’Opus Dei, sottolinea altri due aspetti importanti legati all’educazione. “C’è un diritto reale all’insegnamento della religione. Se in una classe ci sono tre alunni che lo scelgono, il dirigente deve trovare un docente per loro. Vale anche per i musulmani, che stanno arrivando. L’ultimo gruppo è giunto dall’Iraq. Di fronte al rischio di formare ghetti, la religione a scuola genera libertà”.
Altro punto di forza, la libertà di iniziativa per istituire nuove scuole: “Si fa una verifica dopo due anni e se funziona, la città paga i docenti. Tutto questo dimostra che il bene comune è importante. Dopo anni lo vedo chiaramente. La politica finlandese può apparire noiosa, non è litigiosa come in altri Paesi, ma si vede che ognuno cerca il bene comune”.
Il dramma della solitudine
Tutto rose e fiori? Non proprio. C’è un grande problema legato alla “solitudine che porta all’alcolismo e viceversa. È un tabù perché è un problema enorme per la Finlandia. È il paese più felice del mondo ma la prima causa di morte sono alcolismo e suicidi. La pandemia si è trasformata in un virus sociale di solitudine, con conseguenze psicologiche gravissime tra giovani. La chiave è l’assenza della famiglia, che ti dà speranza. La povertà spirituale è difficile da eliminare: puoi avere soldi, una casa ma se manca lo spirito, sei solo”.