L’intensa domenica di Papa Francesco, iniziata con il volo di questa mattina che l’ha portato in Ungheria, è proseguita in Slovacchia con i primi incontri a Bratislava, anche qui all’insegna dell’ecumenismo. All’arrivo è stato accolto dalla Presidente della Repubblica di Slovacchia, Zuzana Čaputová. Due bambini vestiti in abito tradizionale hanno offerto al Papa in segno di accoglienza il pane, il sale e i fiori.
Il Santo Padre e la Presidente hanno avuto un breve colloquio nella sala VIP dell’Aeroporto di Bratislava. Poi il Papa si è trasferito in auto alla Nunziatura Apostolica per l’incontro ecumenico, durante il quale ha sottolineato la necessità di ritrovare l’ardore dell’annuncio e dell’unità per essere esempio fecondo per l’Europa. Ecco le parole del S. Padre dopo il saluto del Presidente del Consiglio Ecumenico delle Chiese, Ivan:
Cari Membri del Consiglio Ecumenico delle Chiese nella Repubblica Slovacca, vi saluto cordialmente e vi ringrazio per aver accolto l’invito ed essermi venuti incontro: io pellegrino in Slovacchia, voi graditi ospiti in Nunziatura! Sono contento che il primo incontro sia con voi: è un segno che la fede cristiana è – e vuole essere – in questo Paese germe di unità e lievito di fraternità. Grazie Beatitudine, Fratello Rastislav, per la sua presenza; grazie, caro Vescovo Ivan, Presidente del Consiglio Ecumenico, per le parole che mi ha rivolto e che testimoniano l’impegno di voler continuare a camminare insieme per passare dal conflitto alla comunione.
Attenzione a una nuova schiavitù
Il cammino delle vostre comunità è ripartito dopo gli anni della persecuzione ateista, quando la libertà religiosa era impedita o messa a dura prova. Poi, finalmente, è arrivata. E ora vi accomuna un tratto di percorso nel quale sperimentate quanto sia bello, ma al tempo stesso difficile, vivere la fede da liberi. C’è infatti la tentazione di ritornare schiavi, non certo di un regime, ma di una schiavitù ancora peggiore, quella interiore. È ciò da cui metteva in guardia Dostoevskij in un racconto celebre, la Leggenda del Grande Inquisitore.
Gesù è ritornato sulla Terra e viene imprigionato. L’inquisitore rivolge parole sferzanti: l’accusa che gli muove è proprio quella di aver dato troppa importanza alla libertà degli uomini. Gli dice: «Tu vuoi andare nel mondo e ci vai a mani vuote, con la promessa di una libertà che essi, nella loro semplicità e nel loro disordine innato, non possono neppure concepire, della quale hanno paura e terrore, perché nulla è mai stato più intollerabile della libertà per l’uomo!».
E rincara la dose, aggiungendo che gli uomini sono disposti a barattare volentieri la loro libertà con una schiavitù più comoda, quella di assoggettarsi a qualcuno che decida per loro, pur di avere pane e sicurezze. E così arriva a rimproverare Gesù di non aver voluto diventare Cesare per piegare la coscienza degli uomini e stabilire la pace con la forza. Invece, ha continuato a preferire per l’uomo libertà, mentre l’umanità reclama “pane e poco altro”.
Abbiamo smarrito l’ardore dell’annuncio?
Cari Fratelli, non ci accada questo; aiutiamoci a non cadere nella trappola di accontentarci di pane e di poco altro. Perché questo rischio sopraggiunge quando la situazione si normalizza, quando ci siamo stabilizzati e ci adagiamo ambendo a mantenere il quieto vivere. Allora, ciò a cui si punta non è più «la libertà che abbiamo in Cristo Gesù», la sua verità che ci fa liberi , ma l’ottenere spazi e privilegi. Che, secondo il Vangelo, è “pane e poco altro”. Qui, dal cuore dell’Europa, viene da chiedersi: noi cristiani abbiamo un po’ smarrito l’ardore dell’annuncio e la profezia della testimonianza? È la verità del Vangelo a farci liberi oppure ci sentiamo liberi quando ricaviamo comfort zone che ci permettono di gestirci e di andare avanti tranquilli senza particolari contraccolpi?
E ancora, accontentandoci di pane e sicurezze, abbiamo forse perso lo slancio nella ricerca dell’unità implorata da Gesù, unità che certamente richiede la libertà matura di scelte forti, rinunce e sacrifici, ma è la premessa perché il mondo creda? Non interessiamoci solo di quanto può giovare alle nostre singole comunità. La libertà del fratello e della sorella è anche la nostra libertà, perché la nostra libertà non è piena senza di lui e di lei.
Lo scandalo della mancanza di unità
Qui l’evangelizzazione è sorta in modo fraterno, portando impresso il sigillo dei santi fratelli di Tessalonica Cirillo e Metodio. Essi, testimoni di una cristianità ancora unita e infuocata dall’ardore dell’annuncio, ci aiutino a proseguire nel cammino coltivando la comunione fraterna tra di noi nel nome di Gesù. D’altronde, come possiamo auspicare un’Europa che ritrovi le proprie radici cristiane se siamo noi per primi sradicati dalla piena comunione? Come possiamo sognare un’Europa libera da ideologie, se non abbiamo il coraggio di anteporre la libertà di Gesù alle necessità dei singoli gruppi dei credenti? È difficile esigere un’Europa più fecondata dal Vangelo senza preoccuparsi del fatto che non siamo ancora pienamente uniti tra noi nel continente e senza avere cura gli uni degli altri.
Calcoli di convenienza, ragioni storiche e legami politici non possono essere ostacoli irremovibili sul nostro cammino. Ci aiutino i Santi Cirillo e Metodio, «precursori dell’ecumenismo» (S. GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Slavorum Apostoli, 14), a prodigarci per una riconciliazione delle diversità nello Spirito Santo; per un’unità che, senza essere uniformità, sia segno e testimonianza della libertà di Cristo, il Signore che scioglie i lacci del passato e ci guarisce da paure e timidezze.
Contemplazione
Ai loro tempi, Cirillo e Metodio hanno permesso che la Parola divina si incarnasse in queste terre (cfr Gv 1,14). Vorrei condividere con voi due suggerimenti in questa prospettiva, consigli fraterni per diffondere il Vangelo della libertà e dell’unità oggi. Il primo riguarda la contemplazione. Un carattere distintivo dei popoli slavi, che sta a voi custodire insieme, è il tratto contemplativo, che va oltre le concettualizzazioni filosofiche e anche teologiche, a partire da una fede esperienziale, che sa accogliere il mistero. Aiutatevi a coltivare questa tradizione spirituale, di cui l’Europa ha tanto bisogno: in particolare ne ha sete l’Occidente ecclesiale, per ritrovare la bellezza dell’adorazione di Dio e l’importanza di non concepire la comunità di fede anzitutto sulla base di un’efficienza programmatica e funzionale.
Azione
Il secondo consiglio riguarda invece l’azione. L’unità non si ottiene tanto con i buoni propositi e con l’adesione a qualche valore comune, ma facendo qualcosa insieme per quanti ci avvicinano maggiormente al Signore. Chi sono? Sono i poveri, perché in loro Gesù è presente (cfr Mt 25,40). Condividere la carità apre orizzonti più ampi e aiuta a camminare più spediti, superando pregiudizi e fraintendimenti. Ed è anch’esso un tratto che trova genuina accoglienza in questo Paese, dove a scuola s’impara a memoria una poesia, che contiene, tra gli altri, un passaggio molto bello: «Quando alla nostra porta bussa la mano straniera con sincera fiducia: chiunque sia, se viene da vicino oppure da lontano, di giorno o di notte, sul nostro tavolo ci sarà il dono di Dio ad attenderlo» (SAMO CHALUPKA, Mor ho!, 1864).
Servire Gesù nei poveri
Il dono di Dio sia presente sulle tavole di ciascuno perché, mentre ancora non siamo in grado di condividere la stessa mensa eucaristica, possiamo ospitare insieme Gesù servendolo nei poveri. Sarà un segno più evocativo di molte parole, che aiuterà la società civile a comprendere, specialmente in questo periodo sofferto, che solo stando dalla parte dei più deboli usciremo davvero tutti insieme dalla pandemia.
Cari fratelli, vi ringrazio per la vostra presenza e per il vostro cammino: il carattere mite e accogliente, tipico del popolo slovacco, la tradizionale convivenza pacifica tra di voi e la vostra collaborazione per il bene del Paese sono preziosi per il fermento del Vangelo. Vi incoraggio ad andare avanti nel cammino ecumenico, tesoro prezioso e irrinunciabile. Vi assicuro il mio ricordo nella preghiera e vi chiedo, per favore, di pregare per me. Grazie.
Al termine dell’Incontro Ecumenico, il Santo Padre Francesco ha incontrato in forma privata i Membri della Compagnia di Gesù presenti in Slovacchia.