Massimiliano Berti, André Rubbia, Antoine Suarez
“Dio, la scienza, le prove” di Michel-Yves Bolloré e Olivier Bonnassies è un libro che mira a presentare prove scientifiche moderne a favore dell’esistenza di Dio. È stato un bestseller in Francia ed ha riscosso un ampio successo anche nei paesi di lingua spagnola e italiana, suscitando un notevole interesse. Gli autori, dopo anni di ricerca e di collaborazioni con numerosi scienziati, sostengono che recenti scoperte scientifiche mettono in discussione la concezione materialista secondo cui l’universo può essere completamente spiegato senza invocare un Creatore.
Il libro non solo ha suscitato un notevole interesse nel pubblico, ma, come ci si poteva aspettare, è stato anche oggetto di numerose critiche. In questo breve saggio vogliamo evidenziarne alcune e mostrare che esse, più che invalidare l’argomentazione del libro, aiutano a chiarire che le “prove” da esso fornite -e in definitiva qualsiasi prova a favore dell’esistenza di Dio- poggiano su un postulato implicito: la dignità e il valore speciale dell’umanità.
Tra le “critiche” al libro, una che ci sembra particolarmente interessante proviene congiuntamente da un fisico esperto di gravità quantistica, Carlo Rovelli, e da un professore di teologia fondamentale, Giuseppe Tanzella-Nitti. Essa è stata pubblicata sul quotidiano italiano il Corriere della Sera, Cultura, 21.03.2024 in un articolo intitolato “Universo, un disegno non intelligente: la scienza non può provare l’esistenza di Dio”. La argomentazione è sviluppata mediante esempi semplici e facilmente comprensibili.
Rovelli e Tanzella-Nitti criticano soprattutto l’argomento del “fine-tuning” (ossia la “regolazione fina” delle costanti fisiche) come prova di un disegno intelligente (ricordiamo che senza questa “regolazione” incredibilmente precisa, le galassie non si sarebbero formate, né tantomeno sarebbe potuta comparire la vita umana). Rovelli e Tanzella-Nitti sostengono che sia gli scienziati che i teologi concordano sul fatto che cercare prove scientifiche delle verità di fede è una sciocchezza, sottolineano che la scienza empirico-deduttiva e le religioni devono operare su livelli diversi e separati, e che la loro mescolanza può minare sia il valore del metodo scientifico che la profondità dell’esperienza religiosa.
Prima di entrare nell’analisi degli esempi-argomenti addotti da Rovelli e Tanzella-Nitti, vorremmo sottolineare che, a nostro avviso, questa “forzata” separazione tra scienza e religione, così come la visione del materialismo puro, sono troppo semplicistiche ed eludono la possibilità di un arricchente dibattito. La tesi secondo cui scienza e religione riguardano “non-overlapping magisteria” (“magisteri non sovrapposti”) e che “la lettura del mondo come espressione di un Dio creatore” possa esistere solo a un livello “estetico, esistenziale, teologico” ci pare anacronistica. Il grande interesse suscitato dal libro di Bolloré e Bonnassies dimostra, al contrario, che le persone desiderano veramente capire cosa accade all’intersezione tra scienza, filosofia e religione.
L’articolo di Rovelli e Tanzella-Nitti, pur apparendo come una forte critica al libro di Bolloré e Bonnassies, ci sembra contenere osservazioni molto interessanti che ne chiariscono alcune premesse implicite. Vediamo i suoi esempi-argomenti. Il primo è il seguente.
I nonni di Carlo si sono incontrati per caso a una festa popolare e lì si sono innamorati. Un ritardo accidentale quel giorno avrebbe vanificato tale incontro e, di conseguenza, adesso Carlo non esisterebbe. Rovelli e Tanzella-Nitti sostengono che l’universo potrebbe non essere significativamente diverso senza un singolo individuo —in questo caso Carlo— e, sebbene Carlo consideri molto preziosa la sua esistenza, ciò non significa necessariamente che l’universo sia stato progettato con questa intenzione. La sorprendente “regolazione” delle costanti dell’universo ci stupisce perché noi crediamo di essere particolarmente preziosi in questo mondo. Ma siamo tali “solo per noi stessi”: con altri valori delle costanti fisiche non esisteremmo, ma questo “sarebbe indifferente per l’universo”.
Ci sembra che questo esempio-argomento di Rovelli e Tanzella-Nitti abbia una qualche forza persuasiva solo se si accetta una visione molto “materialista” dell’esistenza di Carlo e si ritiene che questo “Carlo materiale” abbia significato solo per se stesso, ma non per altre persone, per il resto dell’umanità, o per l’universo. Certo, nell’innamoramento dei nonni di Carlo ci sono elementi di “coincidenza” fortuita che hanno determinato la sua nascita. Tuttavia, il concepimento, la nascita e l’educazione del bambino Carlo sono sicuramente il risultato di un progetto intenzionale, intelligente, libero e generoso, prima da parte dei nonni di Carlo, seguito poi dal progetto dei suoi genitori: Carlo ha un valore enorme, non solo per Carlo, ma anche per i suoi genitori e i suoi nonni!
D’altra parte, se le relazioni tra i nonni di Carlo fossero andate diversamente, e alla festa sua nonna avesse incontrato un altro giovanotto, forse sarebbe nato un essere umano con un DNA diverso, ma con lo stesso valore di Carlo: una minuscola differenza negli eventi di allora avrebbe determinato un corso degli eventi profondamente diverso per Carlo, ma non per l’umanità.
A nostro avviso, qualsiasi argomentazione a favore dell’esistenza di Dio deve partire dal riconoscimento del valore speciale dell’umanità, e che considero la mia esistenza significativa non solo per me stesso, ma anche per gli altri, di cui riconosco la assoluta dignità e garantisco l’assoluto rispetto. La critica di Rovelli e Tanzella-Nitti ha proprio il merito di mostrare l’importanza essenziale di questo prerequisito.
Il significato degli argomenti di tipo “fine-tuning” (“regolazione fina”) ci sembra dunque il seguente. Se riteniamo che esista un legislatore morale universale che desidera creare l’umanità, libera e a sua volta creativa, perché gli esseri umani sono speciali e hanno un valore assoluto, allora il fatto che le leggi dell’universo e le loro costanti sono così “sorprendentemente regolate” da permettere la esistenza di questa umanità risulta un segno che rivela e conferma l’intenzione creativa di questo legislatore eterno che scrive nei nostri cuori la legge del rispetto reciproco.
E crediamo che esistano argomenti oggettivi a favore del significato intrinseco dell’umanità, anche sulla scala dell’intero universo. L’umanità è cosmologicamente significativa per la sua unicità e complessità. La vita intelligente richiede un insieme di condizioni incredibilmente specifiche, che la rendono un fenomeno estremamente raro nell’universo. Nonostante l’intensa ricerca di intelligenza extraterrestre, non ne è stata trovata alcuna prova definitiva, evidenziando lo status unico della vita intelligente sulla Terra. Le uniche capacità cognitive dell’umanità, che ci permettono di studiare e comprendere alcuni straordinari misteri dell’universo, hanno portato a notevoli successi scientifici come la teoria del Big Bang o la scoperta degli esopianeti. Queste sorprendenti capacità esaltano il ruolo della vita intelligente nello svelare i misteri del cosmo andando ben oltre la visione puramente darwiniana dell’evoluzione del cervello mediante il meccanismo della “sopravvivenza del più adatto”. La nostra capacità di influenzare il futuro del cosmo attraverso il progresso tecnologico e l’esplorazione spaziale sottolinea il potenziale che ha l’umanità di svolgere un ruolo centrale nella continuazione dell’intelligenza e della coscienza oltre la Terra, in una più ampia narrazione cosmica.
In sintesi, l’assioma che l’umanità ha un valore assoluto ed intrinseco (indipendentemente da interessi di parte o di un gruppo che abbia il potere) ci pare sia un “terreno comune” tra i critici (Rovelli e Tanzella-Nitti) e i criticati (Bolloré e Bonnassies) per ritenere che argomenti tipo “fine tuning” abbiano una loro forza convincente. Tale assioma ci pare un prerequisito imprescindibile per qualsiasi argomento a favore dell’esistenza di Dio.
Un altro importante punto di contatto tra loro è offerto dal secondo esempio-argomento presentato da Rovelli e Tanzella-Nitti:
“Se la struttura e l’evoluzione dell’universo rispondono all’intenzione di un Dio Creatore, ciò non può essere dedotto dalle osservazioni e dalle misure proprie del metodo scientifico, ma può essere solo ipotizzato in base ad altre fonti di conoscenza, non strettamente empirica. Non si può accedere alle intenzioni di una persona solo misurando le tracce lasciate dalle sue scarpe. Per individuare l’esistenza di un assassino, non bastano degli indizi misurabili, ma Sherlock Holmes ha bisogno di ipotizzare un movente, una finalità personale e intenzionale, non accessibile dal piano empirico.”
Siamo perfettamente d’accordo! È esattamente quello che facciamo, ad esempio, quando leggiamo un libro: riconosciamo l’autore e la sua identità ipotizzando “un movente, una finalità personale e intenzionale” dietro la scrittura del manoscritto. Accettiamo come assioma che l’autore sia un essere personale e, basandoci su una simile premessa, “leggendo” le leggi dell’universo, possiamo analogicamente risalire a un ente superiore che sia alla sua origine. Percepiamo nell’universo un ordine che non proviene da noi, simile all’ordine che introduciamo intenzionalmente nel mondo intorno a noi, e concludiamo che quest’ordine proviene da un’entità superiore personale che agisce intenzionalmente. Anche qui il presupposto dell’argomentazione è che gli esseri umani sono esseri personali che agiscono intenzionalmente!
Per concludere, ci pare che il libro di Michel-Yves Bolloré e Olivier Bonnassies ci presenti una straordinaria ricerca scientifica che, più che convincerci a credere in Dio, ci porta, attoniti, a “godere della fede”. Non crediamo in Dio “perché la scienza dimostra la Sua esistenza”, ma la constatazione che le leggi e le costanti fisiche siano «stranamente» regolate -e quanto precisamente!- generando l’umanità cui noi riconosciamo un valore assoluto, ci porta a gioire stupefatti di Dio, e forse questa gioia è il miglior argomento per convincerci che esistiamo perché Dio ci ama!
Massimiliano Berti, André Rubbia, Antoine Suarez
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Massimiliano Berti è professore di Analisi Matematica presso la SISSA di Trieste.
André Rubbia è professore di Fisica delle particelle presso il Politecnico di Zurigo (ETH Zurich) in Svizzera.
Antoine Suarez è un ricercatore specializzato in Fisica Quantistica, fondatore del Center for Quantum Philosophy a Zurigo e a Ginevra.